Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31899 del 07/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31899 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
VECCHIONE ROBERTO nato il 11/08/1980, avverso la sentenza del
05/12/2014 della Corte di appello di Firenze;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Sante Spinaci che ha
concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Massimo Nitto che ha concluso per
l’accoglimento
FATTO
1. Con sentenza del 05/12/2014, la Corte di Appello di Firenze, in
parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Livorno in
data 07/12/2010, esclusa l’attenuante di cui all’art. 648/2 cod. pen.,
rideterminava la pena nei confronti di VECCHIONE Roberto, per il delitto
di ricettazione di un assegno bancario provento di furto, in anni due,
mesi uno di reclusione ed € 600,00 di multa.

Data Udienza: 07/07/2015

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 648 COD. PEN.: la difesa sostiene che la
motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente, illogica ed

dell’elemento psicologico, non avendo la Corte accertato le modalità con
le quali l’imputato era venuto in possesso dell’assegno bancario, dalle
quali si poteva desumere, appunto, la sua buona fede;
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 648/2 COD. PEN. per avere la Corte ritenuto
erroneamente di escludere l’attenuante di cui al secondo comma, non
avendo considerato che, secondo la giurisprudenza consolidata, la
valutazione, ai fini della concessione del danno patrimoniale di speciale
tenuità, dev’essere operata in base al diritto di credito incorporato nel
titolo;
2.3. VIOLAZIONE DEGLI ARTr. 133 – 62 BIS COD. PEN. per avere la Corte
inflitto una pena eccessiva e per non avere concesso le attenuanti
generiche con motivazione incongrua e senza aver tenuto conto del
limitato impatto sociale del comportamento delittuoso, della personalità
e dell’età del ricorrente.
DIRITTO

1. VIOLAZIONE DELL’ART. 648 cop. PEN.: la censura è manifestamente

infondata. La Corte, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, ha
ampiamente illustrato le ragioni per cui, in fatto, non fosse ipotizzabile
la buona fede (pag. 8): la suddetta conclusione giuridica è del tutto
conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la
quale la mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente
da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza.
Sul punto il ricorrente, nulla, in pratica, ha obiettato se non ribadendo,
tralaticiamente, la propria tesi difensiva e cioè che non vi era alcuna
prova del fatto che egli fosse a conoscenza dell’illecita provenienza del

2

apodittica in ordine alle argomentazioni addotte sulla sussistenza

titolo: la doglianza, pertanto, essendo generica ed aspecifica, va
ritenuta inammissibile.

2. VIOLAZIONE DELL’ART. 648/2 COD. PEN.: anche la suddetta censura

è manifestamente infondata.

in aderenza alla consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità
(SSUU 35535/2007).
E’ appena il caso di rilevare che, contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente, l’attenuante di cui all’art. 648/2 cod. pen. non
attiene al tenuità del danno patrimoniale (comunque ingente nella
fattispecie in esame) ma alla particolare tenuità del fatto che è un
concetto ben diverso e più ampio, come ha correttamente ritenuto la
Corte territoriale.

3.

TRATTAMENTO SANZIONATORIO:

anche la suddetta censura

Va

ritenuta manifestamente infondata in quanto la motivazione addotta
dalla Corte territoriale [pag. 10] deve ritenersi, congrua e logica e,
quindi, non censurabile in questa sede di legittimità, essendo stato
correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di
merito in ordine al trattamento sanzionatorio.

4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA

3

Sul punto, la Corte ha ampiamente motivato in punto di fatto ed

il ricorrente al pagamento delle spese processuali e der somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 07/07/2015

io Esposito)

(Dott. G. Rago (

IL CONSIGLIERE ST.

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