Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31895 del 07/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31895 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
PROCURATOE GENERALE presso la Corte di Appello di Palermo, avverso
la sentenza del 20/09/2013 del giudice udienza preliminare di Marsala
pronunciata nei confronti di LEONE GIUSEPPE nato il 22/08/1965;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Sante Spinaci che ha
concluso per l’annullamento con rinvio;
udito il difensore avv.to Elisabetta Esposito che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 20/09/2013, il giudice dell’udienza preliminare
del tribunale di Palermo, ex art. 459/3 cod. proc. pen., dichiarava non
luogo a procedere nei confronti di LEONE Giuseppe in ordine al delitto di
truffa ai danni dell’INPS perché il fatto non costituisce reato.
Infatti, il giudice, pur ritenendo che la condotta materiale tenuta
dall’imputato integrasse il contestato reato (il Leone, in data

Data Udienza: 07/07/2015

01/02/2008, munito di regolare delega, aveva riscosso il rateo di
pensione spettante a Leone Giovanni, previa compilazione di un modulo
prestampato nel quale dava atto che l’avente diritto, a quella data era
ancora invita, laddove, invece, era deceduto il 31/01/2008), tuttavia
non riteneva provato l’elemento psicologico: «Invero, il fatto che il rateo

può aver fatto legittimamente supporre all’agente che tale importo si
riferisse al mese di gennaio antecedente, epoca in cui Leone Giovanni
era ancora in vita. E del resto tale ricostruzione sembra essere
confermata dal fatto che l’odierno imputato abbia incassato tale unico
rateo di pensione ed non abbia invece nulla preteso per quelli successivi.
Egli inoltre, su richiesta dell’INPS, ha provveduto alla restituzione della
somma indebitamente ottenuta (cfr. sommarie informazioni rese da
Viola Aldo Giacomo in data 6/11/2011 e attestazione di pagamento
allegata)».
Il giudice ad analoga conclusione giungeva anche in ordine al
contestato delitto di cui all’art. 483 cod. pen. «è pur vero, infatti, che

l’imputato ha sottoscritto una dichiarazione falsa, ovvero che alla data
del prelievo (1 febbraio 2008 Leone Giovanni era ancora in vita.
Tuttavia, può ritenersi che il fatto che la attestazione fosse apposta in
un modulo prestampato che l’imputato aveva diverse volte sottoscritto
verosimilmente senza preventiva lettura, unitamente alle emergenze
sopra descritte in ordine al probabile erroneo convincimento del prelievo
del rateo di pensione del mese precedente (in cui, come detto, l’avente
diritto era ancora in vita), evidenzi un difetto di consapevolezza e quindi
di volontà di dichiarare il fatto in capo all’agente».

2. Avverso la suddetta sentenza, il Procuratore Generale presso la
Corte di Appello di Palermo ha proposto appello, convertito in ricorso per
cassazione, sostenendo che l’assunto del giudice non poteva essere
condiviso «non essendo emerso dagli atti alcun elemento indiziario da

cui potesse desumersi che la pensione riscossa il mese di febbraio si
riferisse in realtà al trascorso mese di gennaio; ma, soprattutto, non
può assolutamente ritenersi che l’imputato, dopo il decesso del titolare

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di pensione sia stato riscosso il primo giorno del mese di febbraio 2008

della pensione, fosse in buona fede nell’attestarne l’esistenza in vita,
essendo invece evidente che la falsa dichiarazione su una circostanza
così rilevante era diretta ad indurre Il errore il funzionario competente,
affinché gli consegnasse l’anzidetto rateo di pensione».

Il ricorrente, infatti, si limita ad offrire una diversa ed alternativa
valutazione dei fatti rispetto a quella datane dal primo giudice, senza
indicare alcun elemento fattuale sulla base del quale si possa ritenere
che la motivazione addotta dal giudice sia affetta da uno dei vizi
motivazionali di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso
Roma 07/07/2015

IL CONSIGLIERE EST.
(Dott. G. Ra )

3. Il ricorso è inammissibile.

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