Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31894 del 05/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31894 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIORDANO MARCO N. IL 15/02/1970
avverso la sentenza n. 4226/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 05/02/2014

OSSERVA
1. Con la sentenza in epigrafe, veniva confermava la condanna di GIORDANO Marco
per il delitto «73, comma 5 0 , T.U. 309 del 1990, per la detenzione per fini di cessione
di gr. 14,7 di cocaina (acc. in Rho -MI- 2\11\2005); veniva anche confermata la pena
irrogata in primo grado di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed 5.000= di multa.

3. Il ricorso è inammissibile.
Invero le censure formulate non sono consentite nel giudizio di legittimità, in quanto
concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del
materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice
di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure
logiche, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento
fondato su condivisibili massime di esperienza.
Come è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) c.p.p., è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile ictu ocull, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della
decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di
un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a
sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997).

Più specificamente “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali” (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone).
Il riferimento dell’art. 606 lett. e) c.p.p. alla “mancanza o manifesta illogicità della
motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato” significa
in modo assolutamente inequivocabile che in Cassazione non si svolge un terzo grado
di merito, e che il sindacato di legittimità è limitato alla valutazione del testo
impugnato.
D’altronde, la Corte di merito indica una serie di elementi che corroborano la accusa
della detenzione per fini di spaccio e cioè la quantità di droga rinvenuta, utile al
confezionamento di numerose dosi; la presenza di sostanza da taglio e di un bilancino
di precisione, strumenti questi incompatibili con la detenzione della sostanza per uso
esclusivamente personale.
Quanto all’entità della pena, non rileva la novella introdotta dall’art. 2 del d.l. 23
dicembre 2013 n. 146 (convertito nella legge 21 febbraio 2014, n. 10) che ha modificato
il 5° comma dell’art. 73, rendendolo fattispecie autonoma di reato e fissando i limiti
edittale da uno a cinque anni di reclusione. Nel caso di specie, infatti, la pena è stata
determinato in misura congrua rispetto all’entità del fatto e non illegale secondo lo ius
superveniens.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
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1

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo la violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine alla pronuncia di condanna, essendo la droga detenuta per
uso personale.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro 1000,00.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2014
Il P – I. -nte

Il Consigliere estensore

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