Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3189 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3189 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GENTILE DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DAIDONE LUCIANO N. IL 23/09/1957
avverso la sentenza n. 4907/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
05/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. DOMENICO GENTILE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte ci e, l’Avv
Uditi difenso vv.

Data Udienza: 28/11/2013

Udito il Sostituto Procuratore Generale dott. Volpe Giuseppe che ha concluso per
l’annullamento senza rinvio per prescrizione del reato;
Udito il Difensore, Avv. Ciro Pellegrino che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;
Letti il ricorso ed i motivi proposti.
RITENUTO IN FATTO

1.1)-ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma in
data 05.11.2012 che , in parziale riforma della decisione del Tribunale della stessa
città del 02.12.2011, aveva dichiarato estinti per prescrizione i reati contestati ex art.
646 CP “antecedenti la data del 12.05.2005” , mentre aveva confermato la sentenza di
condanna limitatamente all’unica imputazione residua, ex artt. 646 — 61 n. 11 CP,
relativa al “mutuo chirografario N.07\100\00200719 del 12 maggio 2005” dell’importo
di € 50.000 (poi utilizzato fino alla somma di € 73.000 a seguito di sconfinamenti) in
ordine al quale l’imputato , nella qualità di Direttore della filiale di Roma della Banca
Popolare di Roma spa, aveva compiuto atti di appropriazione ed utilizzazione a fini
propri mediante una serie di disposizioni bancarie a lui riconducibili;
2.0)-MOTIVI ex art. 606 ,1° co , lett. b) c) e) c.p.p
2.1)-Nullità della sentenza per violazione di legge , relativamente al reato ex art. 646
CP, ritenuto erroneamente : sia perché perché mancava il requisito dell’interversione
del possesso , avendo l’imputato l’intenzione di restituire le somme, e: sia perché
mancava il requisito della perdita irreparabile da parte dell’avente diritto, avendo
l’imputato iniziato a restituire le somme;
-in sostanza, in assenza di un rifiuto espresso di restituire le somme, mancava la prova
che il ricorrente avesse compiuto atti di disposizione definitivi e non poteva
ritenersi perfezionato il reato contestato;
-al riguardo non sarebbero stati sufficienti le irregolarità riscontrate poiché le stesse
potevano integrare atti qualificabili in termini di illecito civile;
2.2)-Violazione di legge in relazione alla mancata motivazione sull’elemento soggettivo
del reato , mancando la definitività dell’appropriazione e risultando invece la
restituzione dei finanziamenti , sicché il fatto poteva al più qualificarsi come
appropriazione indebita d’uso, come tale non punibile.
CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN_DIRITTQ,
41102.-to

‘- ‘0,

Il ricorso è dotalmentdinfondato .
3.0)41 ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove , richiamando una
diversa valutazione dei fatti che risultano vagliati dalla Corte di appello con una
sequenza motivazionale congrua e coerente con i principi della logica, sicché non
risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori
senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

1

DAIDONE LUCIANO

3.2)-Si tratta di una motivazione esente da illogicità ed aderente ai principi espressi in
sede di legittimità, sicché risultano infondate le censure proposte in sede di ricorso in
quanto prescindono dalla conformità della motivazione al consolidato orientamento
per il quale, qualora il direttore di un istituto bancario, in collusione con un cliente
– nella specie si è precisato trattarsi di persone in vario modo riconducibili allo stesso
imputato – ed omettendo i doverosi controlli interni, metta a disposizione dello stesso
somme di denaro – nella specie si è precisato essersi proceduto attraverso lo strumento
di erogazioni irregolari di finanziamenti o mutui – accreditando sul di lui conto, si deve
ritenere consumato il delitto di appropriazione indebita, in quanto la qualità di direttore
consente all’agente un’ampia e materiale disponibilità delle somme depositate in banca,
rispetto alle quali, con l’attribuzione diretta o l’accreditamento al terzo egli si comporta
“uti dominus”. Cassazione penale, sez. VI, 28/06/1988
3.3)-Risulta, pertanto, del tutto sfornita di fondamento l’affermazione difensiva per la
quale mancherebbero atti definitivi di disposizione da parte dell’imputato, posto che la
condotta del funzionario o dirigente bancario , integra l’ipotesi appropriativa nel
momento stesso in cui quest’ultimo abbandona l’interesse della banca ( Cassazione
penale, sez. II, 13/06/2007, n. 26501 ) e risulta configurabile il reato di appropriazione
indebita di cui all’art. 646 c.p. nell’ipotesi in cui il dipendente dell’istituto bancario si
appropri di beni appartenenti alla banca, violando le norme sugli affidamenti stabilite
dagli istituti di credito. Cassazione penale, sez. II, 19/11/2004, n. 49301
3.4)-Anche riguardo a questo ultimo aspetto la motivazione risulta corretta avendo
incisivamente sottolineato come il Daidone, dopo avere autonomamente compiuto gli
atti di irregolare concessione di fidi e mutui in violazione delle disposizioni interne
dell’istituto bancario, si appropriava materialmente delle stesse somme per finalità sue
proprie, riconducibili per lo più all’attività di sanare debiti di gioco.
3.5)-1 principi sino ad ora richiamati evidenziano l’infondatezza dei motivi riguardo
alla volontà dell’imputato di restituzione delle somme ed alla avvenuta materiale
restituzione delle stesse somme , nonché alla possibilità di ravvisare un mero illecito

2

3.1)-Contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di ricorso, la Corte territoriale ha
congruamente motivato sulle ragioni per le quali ha ritenuto provata la penale
responsabilità di Daidone Luciano, in ordine all’imputazione di appropriazione
indebita, richiamando le argomentazioni del Tribunale e sottolineando :
a)-che i fatti erano stati accertati tramite le deposizioni dell’ispettore dell’istituto
bancario , Reggimenti Antonio, nonché del maresciallo Cina Giancarlo e tramite
l’informativa di P.G. acquisita agli atti , dalle quali prove era emerso che il Daidone,
avvalendosi del potere conseguente alla sua funzione di direttore di agenzia,
deliberava in autonomia l’erogazione di finanziamenti fino alla concorrenza della
somma di € 50.000 in favore di persone a lui collegate, in assenza di una vera e
propria istruttoria , e quindi in modo del tutto immotivato , al solo fine di potere
disporre delle somme fatte confluire sui conti correnti contestualmente accesi,
creando così delle disponibilità di cui in vario modo si era poi impadronito al fine di
soddisfare i propri particolari scopi , per lo più riconducibili alla copertura di debiti di
gioco.
b)-che tale condotta, qualificata dall’irrituale concessione dei prestiti , integrava di per
sé l’interversione del possesso di tali somme, poi a posteriori dimostrata dalle
“singolari modalità di prelievo delle somme accreditate” (pag.2 sent. app.)

3.6)-1 motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 lett.e) c.p.p. in
quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della
motivazione del provvedimento impugnato , proponendo soluzioni e valutazioni
alternative, sicché sono da ritenersi inammissibili.
a)L’inammissibilità dei motivi proposti in diritto ed in fatto riverbera i suoi effetti
anche riguardo al motivo relativo alla dedotta prescrizione del reato, atteso che
l’inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.
ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione intervenuto durante il
giudizio di legittimità, atteso che al momento della sentenza di appello il reato per il
quale è stata pronunciata condanna non era ancora prescritto. (Cassazione penale, sez.
Il, 21 aprile 2006, n. 19578)
b)-Al riguardo deve rilevarsi che la sentenza di appello è intervenuta prima del
termine del 12.11.2012 di prescrizione del reato, prescrizione che, in realtà, per effetto
della richiesta di rinvio formulata dalla parte in data 29.10.2010, risultava sospesa per
ben 136 giorni , spostando il termine ultimo per la prescrizione alla data del 27.03.213,
come verificato da questo ufficio “spoglio”.
c)-Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. , con il provvedimento che dichiara inammissibile il
ricorso , l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle
spese del procedimento , nonché —ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità— al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
della somma di €.1000,00 , così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 28 novembre 2013
Il Consigliere Estensore
Dott. Domenico Gentile

Il Presidente
Ciro Pe4L)
P

d

civile, ovvero l’ipotesi di appropriazione indebita d’uso, atteso che nel formulare tali
motivi il ricorrente trascura la correttezza della motivazione impugnata laddove
sottolinea, per un verso, che le restituzioni sono state parziali e, per altro verso, che al
momento in cui era avvenuta l’illegittima erogazione del finanziamento o mutuo
l’interversione del possesso si era già consumata. (vedi decisioni in tal senso , sopra
citate: Cassazione penale, sez. II, 13/06/2007, n. 26501 ; Cassazione penale, sez. II,
19/11/2004, n. 49301 )

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