Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31864 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31864 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMANI GIAMPAOLO N. IL 12/05/1954
avverso l’ordinanza n. 89/2014 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
25/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
le sentite le conclusioni del PG Dott. C, . 0c212e-ele y
ex. r–2J12′

Uditi difensor Avv.; P( e-2..’–

f—L-cy\e_.:.0cL t—t-.32..

Data Udienza: 17/06/2014

16636/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25 marzo 2000 e 14 il Tribunale di Ancona, a seguito di appello
presentato da Romani Giampaolo avverso ordinanza di rigetto di istanza di revoca degli arresti
domiciliari emessa dal gip del Tribunale di Pesaro il 28 febbraio 2014 – in relazione a
procedimento nel quale il Romani è indagato per associazione a delinquere finalizzata a delitti
di frode in commercio nelle importazioni comunitarie da paesi terzi o extracomunitarie di

prodotto biologico senza i necessari requisiti sia violando la normativa riguardante i prodotti
“convenzionali” creando imprese produttrici in paesi terzi e affiancando organismi di controllo
fittizi o compiacenti, con l’aggravante della transnazionalità delle condotte e del concorso di più
di dieci persone, nonché per singoli reati-scopo tra cui il reato ex articoli 515 e 517 bis c.p.
riguardante prodotti biologici privi dei necessari requisiti – , rilevato che la misura cautelare è
applicabile solo al reato di cui all’articolo 416 c.p., ha revocato gli arresti domiciliari per tutti gli
altri reati, rigettando invece l’appello quanto al reato di associazione a delinquere.
2. Ha presentato ricorso il difensore, con un unico motivo di contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione. Il tema devoluto con l’appello non riguardava la sussistenza del
reato di cui all’articolo 416 c.p. (capo A delle imputazioni), bensì solo la partecipazione ad esso
del Romani come organizzatore. L’appello quindi si fondava su tre rilievi: in primo luogo, che i
reati di frode nell’esercizio del commercio ipotizzati a carico del Romani (capi da M a R)
sarebbero stati commessi in autonomia operativa, e non nell’ambito di un sodalizio; in secondo
luogo, tale estraneità dell’indagato rispetto all’associazione risultava anche dall’esame delle
conversazioni skype e della posta elettronica tra i vari indagati, elementi posti dall’accusa a
principale sostegno dell’esistenza del sodalizio criminoso; in terzo luogo, dalle operazioni
commerciali della Romani S.p.A. non sarebbero emersi rapporti di filiera con le società
menzionate nel capo A. Pertanto, la difesa aveva contestato la gravità indiziaria ex articolo 273
c.p.p. quanto al ruolo di organizzatore dell’associazione a delinquere del Romani, ma su questi
aspetti il Tribunale avrebbe risposto in modo inconferente e illogico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Come risulta dalla sintesi del motivo sopra tracciata, il nucleo della doglianza è rappresentato
dalla contraddittorietà e inadeguatezza della motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine
all’esistenza di un grave quadro indiziario a favore di un ruolo di organizzatore del Roman.

prodotti agroalimentari e nella loro commercializzazione, sia immettendoli nel mercato del

nell’associazione a delinquere, alla quale, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe del
tutto estraneo.
In realtà, il vizio motivazionale – che il ricorrente tenta di dimostrare pure mediante
estrapolazioni artificiose di alcuni passi della motivazione – non emerge da una lettura
complessiva dell’effettivo contenuto dell’ordinanza del Tribunale. La sussistenza dei gravi indizi
è stata ribadita attraverso una confutazione specifica delle doglianze dell’appellante e
osservando che, nonostante l’alternativa ricostruzione prospettata per scardinare quella del gip
dalla difesa del Romani, emergono elementi saldi, in termini di precisione ed univocità, per

conversazioni (indicate e analizzate nel loro contenuto nelle pagine 3-5 della motivazione) e
come la documentazione rinvenuta nel possesso dell’indagato, che a tali conversazioni fornisce
forte riscontro nel senso di un ruolo di assoluta preminenza nell’associazione criminosa
(motivazione, pagina 5). Il Tribunale affronta anche le questioni riguardanti l’eventualità di un
contrasto in seno al sodalizio e il fatto che la società dell’indagato non intratteneva
formalmente rapporti con determinate società appartenenti alle individuate filiere, per
concludere nel senso della inidoneità di tali circostanze a inficiare il quadro indiziario. Il
percorso motivazionale, peraltro, oltre ad essere conformato in modo specifico, non incorre in
alcuna illogicità, essendo il vizio logico rappresentato dal ricorrente il frutto di una
decontestualizzazione artificiosa, come già sopra si è rilevato, di alcuni elementi da
complessivo tessuto accertatorio. Al riguardo, poi, il ricorrente esprime in realtà una non
condivisione fattuale sul significato degli elementi indiziari, come laddove afferma che
l’ipotetica responsabilità dell’indagato per i reati-fine non comprova la sua partecipazione al
sodalizio criminoso ma anzi la contrasta, dichiara irrilevanti o comunque offre una diversa
lettura delle conversazioni sulla base delle quali il Tribunale ha argomentato, propone di
intendere in modo diverso da come è stato percepito dal Tribunale il dissidio con alcuni sodali,
il superamento di alcuni prodotti ai controlli e, infine, la mancanza di rapporti con alcune
società. Si tratta dell’isolamento di varie sfaccettature di un ragionamento complessivo che tenuto conto anche del fatto che il giudice di merito non è tenuto a menzionare specificamente
ogni elemento probatorio e difensivo nella sua motivazione, purché questa sia completa e

supportare la partecipazione dell’indagato all’associazione a delinquere, come determinate

autosufficiente, implicitamente assorbendo quanto non è stato espressamente menzionato,
vale a dire quanto con essa è incompatibile ma, per carenza di decisività, non è idoneo a
infrangerne la struttura logico-giuridica: cfr. Cass. sez. II, 8 febbraio 2013 n.9242; Cass. sez.
VI, 19 ottobre 2012 n.49970; Cass. sez. IV, 13 maggio 2011 n. 26660; Cass. sez. VI, 4
maggio 2011 n. 20092) – come plasmato dal Tribunale nell’ordinanza impugnata appare,
appunto, logicamente corretto e autosufficiente, avendo il Tribunale ben governato la
valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
regolano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (cfr. Cass. sez. IV, 29 maggio 2013 n.
26992) e operato un corretto coordinamento contestualizzante della costellazione indiziaria,

ci)

come necessario per raggiungere la valenza richiesta dall’articolo 273 c.p.p. (Cass. sez. II, 5

dicembre 2012-27 febbraio 2013 n. 9269; Cass. sez. IV, 17 maggio 2001 n. 29620 e Cass.
sez. VI, 26 gennaio 1999 n. 249).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del rìcorrente al
pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 17 giugno 2014

Il Consiglier stensor

Il Presidente

P.Q.M.

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