Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3186 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3186 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
MONTAGNA MARCELLO nato il 25/08/1957, avverso la sentenza
del 19/04/2012 del giudice dell’udienza preliminare del tribunale di
Lecce;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
letta la requisitoria del Procuratore Generale Dott. Tindari Baglione
che ha concluso per l’inammissibilità;
FATTO
1. Con sentenza del 19/04/2012, il giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Lecce applicava a MONTAGNA Marcello
la pena concordata con il P.m. e lo condannava al pagamento delle
spese processuali a favore della costituita parte civile Carmine Anna
Maria Forte.

Data Udienza: 11/12/2012

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha
proposto ricorso per cassazione deducendo
444/2

COD. PROC. PEN,

VIOLAZIONE DELL’ART.

per avere il giudice condannato esso

ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore della
Sostiene il ricorrente che i reati commessi ai danni della Forte
erano già prescritti alla data della richiesta di rinvio a giudizio, sicchè
il giudice, innanzitutto, non avrebbe dovuto ammettere, come pure
era stato eccepito nel corso dell’udienza, la Forte a costituirsi parte
civile e, poi, comunque, essendo i reati prescritti, sussistevano giusti
motivi per compensare le spese.
Con memoria pervenuta il 6/12/2012, il ricorrente ha insistito
nel ricorso confutando la requisitoria del P.G.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
2. Il giudice dell’udienza preliminare ha applicato al ricorrente la
pena di anni uno e mesi due di reclusione ed € 900,00 di multa per
numerosi episodi di appropriazione indebita di diverse somme di
denaro.
Il giudice, nell’applicare la pena ha scritto che si era: «tenuto
conto del fatto che alcuni degli episodi in contestazione sono già
prescritti per decorso del termine massimo».
Il ricorrente sostiene che fra questi episodi rientravano proprio
quelli ai danni della costituita parte civile Forte, sicchè costei non
solo non avrebbe dovuto essere ammessa a costituirsi parte civile
ma neppure le spese processuali avrebbero potuto essere liquidate
a suo favore.

2

costituita parte civile.

z

Scrive, in proposito in ricorrente: «la sign.ra Forte chiedeva
ammettersi la propria costituzione non solo con riferimento a reati
certamente già prescritti, ma, altresì, nonostante da accordo siglato
innanzi agli organi sindacali in data 23/09/2011 risultasse che le
con riferimento alle somme sottratte da Montagna Marcello di cui al
capo d’imputazione presuntivamente consegnate dalla sign.ra Forte
al sign. Montagna per essere riversate nelle casse delle
Confratemite»: pag. 5 ss ricorso.
3. La censura circa la pretesa violazione dell’art. 74 cod. proc.
pen., è manifestamente infondata.
Correttamente, infatti, il giudice dell’udienza preliminare
ammise la Forte a costituirsi parte civile perché ne aveva tutti i titoli,
essendo del tutto irrilevante che i reati a suo danno si erano —
secondo l’assunto del ricorrente – prescritti perché la relativa
declaratoria non poteva che avvenire all’esito del processo e nel
contraddittorio delle parti (e, quindi, anche della parte civile) e non
certo prima. Ciò a tacere del fatto che, secondo quanto scrive lo
stesso ricorrente, la Forte si era costituita «non solo con riferimento
a reati certamente già prescritti, ma, altresì [….] con riferimento alle
somme sottratte da Montagna Marcello[…]».
4. Quanto alla condanna alle spese processuali, va rilevato
quanto segue.
L’art. 444/2 cod. proc. pen. prevede come regola generale che
il giudice condanni l’imputato al pagamento delle spese sostenute
dalla parte civile pur non dovendo decidere sulla domanda da essa
proposta. L’eccezione a questa regola è costituita dalla ricorrenza di

confratemite non avevano nulla a che pretendere dalla sign.ra Forte

«giusti motivi» che legittimano il giudice a compensare parzialmente
o totalmente le spese.
E’ chiaro, quindi, che, mentre il giudice non ha alcun obbligo di
motivare in ordine alla condanna al pagamento delle spese
generale — al contrario, ha l’obbligo di motivare solo quando decida
di compensare le suddette spese proprio perché ha l’obbligo di
indicare quali siano i “giusti motivi”.
Nel caso di specie, il ricorrente sostiene che il giudice avrebbe
dovuto compensare le spese perché i reati ai danni della Forte si
erano già prescritti.
La doglianza è tuttavia infondata.
Innanzitutto, come scrive lo stesso ricorrente, la Forte si era
costituita parte civile per due titoli:

a) «reati certamente già

prescritti», b) «con riferimento alle somme sottratte da Montagna
Marcello di cui al capo d’imputazione presuntivamente consegnate
dalla sign.ra Forte al sign. Montagna per essere riversate nelle casse
delle Confraternita».
Il ricorrente – per le somme sub b) – sostiene che aveva
raggiunto un accordo con le Confraternite e che, quindi, la Forte non
sarebbe stata legittimata a costituirsi parte civile.
Tuttavia, se è vero che la Forte affermava che era stata lei a
consegnare i soldi al Montagna, che poi avrebbe dovuto trasmetterli
alla Confraternita, non si comprende perché la Forte, al di là della
transazione che l’imputato ha stipulato con la Confraternita, non
dovrebbe essere ritenuta ancora parte lesa stante il generale
principio civilistico secondo il quale la transazione non ha effetto né
può essere opposta nei confronti delle parti rimaste ad essa
estranea, come appunto, nella specie, la parte civile Forte.

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processuali a favore della costituita parte civile – stante la regola

Inoltre, va considerato che le spese processuali vengono
liquidate per il solo fatto che la Forte era stata ammessa a costituirsi
parte civile e, quindi, a partecipare al processo: rimane, pertanto,
irrilevante la circostanza che i reati per i quali la Forte si era costituita
perché tale circostanza non esclude, di per sé, che l’imputato possa
ugualmente essere condannato al pagamento delle spese
processuali, atteso che l’unico limite che il giudice incontra è
costituito dalla soccombenza della parte civile. Infatti, solo nel caso
in cui la domanda della parte civile sia ritenuta nel merito infondata, il
giudice non può condannare l’imputato al pagamento delle spese
processuali a favore della costituita parte civile: arg. ex combinato
disposto degli artt. 541/2 — 442/2 cod. proc. pen. e 91 cod, proc. civ.
Sul punto, deve ritenersi applicabile quella pacifica
giurisprudenza secondo la quale «soltanto la parte interamente
vittoriosa non può essere condannata, neanche in minima quota, al
pagamento delle spese processuali»:

ex plurimis Cass. civ.

4201/2002; Cass. civ. 406/2008; Cass. pen. 31744/2003 riv 225928.
Ma, la prescrizione dei reati per i quali la parte offesa sia stata
ammessa a costituirsi parte civile non è indice di soccombenza,
sicché l’imputato ben può essere ugualmente condannato al
pagari-iento delle spese processuali sostenute dalla parte civile: di
conseguenza, anche sotto questo profilo, non è ipotizzabile alcuna
violazione di legge.
In altri conclusivi termini, nel caso di specie, la decisione
discrezionale del giudice si deve ritenere il risultato di una
valutazione globale della domanda della parte civile: pertanto, il capo
relativo alla condanna dell’imputato al pagamento delle spese
processuali sostenute dalla parte civile — liquidate peraltro in misura
davvero quasi simbolica (€ 350,00) – si sottrae alla censura di

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parte civile si erano — secondo l’assunto del ricorrente — già prescritti

legittimità perché, proprio alla stregua di quanto illustrato dal
ricorrente nel proprio ricorso, non è rawisabile alcuna violazione di
legge o alcun uso distorto o illegittimo della suddetta discrezionalità.
Il ricorso va, quindi, rigettato con conseguente condanna del

P.Q.M.
RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

ricorrente al pagamento delle spese processuali

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