Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31858 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31858 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Genova
nei procedimento nei confronti di:
1. Chiaramonti Nicholas, nato a Sarzana il 03/03/1990;
2. Mengoni Mattia, nato a La Spezia il 27/10/1986

avverso la sentenza del 06/06/2013 del Giudice per le indagini preliminari di La
Spezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale
che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza
con trasmissione degli atti al Tribunale di Genova;
letta la memoria difensiva dell’avv. Alessandro Rappelli, difensore di fiducia del
Chiaramonti, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 13/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 giugno 2013, il Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di La Spezia applicava, ai sensi degli artt. 444 e segg. cod.
proc. pen., a Nicholas Chiaramonti e Mattia Mengoni la pena, rispettivamente, di
mesi 10 di reclusione ed C 4.000,00 di multa, nei confronti del primo, e di mesi
10 di reclusione ed C 6.000,00 di multa, nei confronti del secondo, in ordine ai
delitti di cui: A) agli artt. 81 cpv., 110, cod. pen., 73 e 80, d.P.R. 9 ottobre 1990,
n. 309; B) agli artt. 110, cod. pen., 73 e 80, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,

Chiaramonti; C) agli artt. 81 cpv., cod. pen., 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
commesso nel settembre 2010 ed ascritto al Mengoni.
Agli imputati è contestata la reiterata cessione a terzi di sostanza
stupefacente cd. pesante (MDMA), da sola (il Chiaramonti), o in aggiunta ad
hashish (il Mengoni).
Al solo Chiaramonti è contestata l’aggravante di cui all’art. 80, comma 1,
lett. a), d.P.R, 380/2001, per aver ceduto le sostanze a persona minorenne.
Il giudice ha ritenuto il fatto «lieve» ai sensi dell’art. 73, comma 5 0 ,
d.P.R. 309/90, per entrambi gli imputati, ed ha concesso, a favore del solo
Chiaramonti, le circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen.
ritenute equivalenti alla contestata aggravante, così partendo, in entrambi i casi,
dalla pena base di 1 anno di reclusione (oltre la multa) ed effettuando su di essa
i relativi calcoli.

2. Ricorre per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello
di Genova denunziando l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Giudice nel
quantificare la pena applicata al Chiaramonti poiché il giudizio di equivalenza
avrebbe dovuto essere effettuato una volta sola, e riguardare entrambe le
circostanze attenuanti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 e 62-bis cod. pen.), con
la conseguenza che la pena base da cui partire per i successivi calcoli avrebbe
dovuto essere pari ad anni 6 di reclusione.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte di Cassazione ha, con
requisitoria scritta, chiesto l’accoglimento del ricorso e l’annullamento, senza
rinvio, della impugnata sentenza. Richiamando il consolidato orientamento di
questa Suprema Corte, il PG ha evidenziato che il fatto lieve di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, costituisce circostanza attenuante
soggetta al giudizio di bilanciamento di cui all’art. 69, comma 4, cod. pen., per
cui non si può applicare il diverso criterio di cui all’art. 63, comma 3, cod. pen..
Avendo il giudice ritenuto l’equivalenza (e non la prevalenza) delle circostanze
2

commessi, rispettivamente, il 25 ed il 10 dicembre 2012 ed ascritti al

attenuanti, avrebbe dovuto prendere a riferimento, per i successivi calcoli, la
pena base di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

4. Il difensore del Chiaramonti ha depositato memoria scritta chiedendo che,
alla luce delle recenti modifiche alla disciplina, introdotte con d.l. 23 dicembre
2012, n. 146, in conseguenza delle quali l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/90, ha assunto veste di reato autonomo, il ricorso venga respinto

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è infondato alla luce dello jus superveniens.

6.In effetti, il giudice ha effettuato il giudizio di bilanciamento come se la
circostanza di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, nella versione vigente al
momento della decisione, costituisse, di fatto, ipotesi autonoma di reato. Vigente
il regime antecedente le modifiche legislative del 2013 (in fra), infatti, il fatto
lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 costituiva, indiscutibilmente,
circostanza attenuante del reato (Sez. U, n. 9148 del 31/05/1991, Parisi, Rv.
187930; Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247910), sicché il giudice
avrebbe dovuto più correttamente applicare il criterio del bilanciamento di cui
all’art. 69, cod. pen., e porre a fondamento del calcolo la pena base edittale di
cui all’art. 73, comma 1, d.P.R., 309/90, operando su di essa gli aumenti per la
continuazione e la successiva riduzione per il rito.

7.Come già affermato da questa Suprema Corte, infatti,

«nel caso di

concorso di circostanze aggravanti e attenuanti – c.d. concorso eterogeneo – si
segue, salva diversa disposizione di legge, il criterio di bilanciamento delle
circostanze di cui all’art. 69 cod. pen. e non si può invece far luogo
all’applicazione congiunta dei singoli aumenti o diminuzioni di pena prevista
dall’art. 63 stesso codice per il caso di concorso omogeneo» (Sez. 4, n. 2282
del 23/01/1998, Borgia, Rv. 210580). In applicazione di tale principio, e con
specifico riferimento a tema più prossimo alla odierna regiudicanda, è stato
ulteriormente precisato che

«quando la circostanza aggravante ad effetto

speciale, prevista dall’art. 80, comma secondo, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
concorre con le circostanze attenuanti generiche, si applica la previsione dell’art.
69, comma quarto cod. pen., ossia l’obbligatorio giudizio di comparazione, e non
la disposizione dell’art. 63, comma terzo stesso codice, che riguarda
esclusivamente il concorso di circostanze omogenee»
3

(Sez. 3, n. 2134 del

poiché il calcolo effettuato dal giudice è comunque corretto.

16/12/2008, Lo Vasco, Rv. 242178, con richiamo, in motivazione, ad ulteriori
precedenti).

8.L’errore, tuttavia, è stato, per così dire, “sanato” dal sopraggiungere,
“medio tempore”,

del d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito, con

modificazioni, nella legge 21 febbraio 2014, n. 10, che nel trasformare in ipotesi
autonoma di delitto il fatto lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, ha
“convalidato” il calcolo che, come detto, è stato effettuato dal giudice come se la
circostanza attenuante in questione costituisse fattispecie autonoma di reato,

(sulla natura di reato autonomo dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, la
giurisprudenza di questa Corte è stata sin da subito unanime; cfr., sul punto,
Sez. 6, n. 14288 del 08/01/2014, Cassanelli, Rv. 259057; Sez. 6, n. 5143 del
16/01/2014, Skiri Mourad, Rv. 258773; Sez. 4, n. 11525, dell’11/02/2014,
Sotgiu, Rv. 258189; Sez. 3, n. 11110 del 25/02/2014, Kiogwu, Rv. 258353).

9.Gli effetti della sopravvenuta modifica legislativa, essendo più favorevoli
all’imputato in parte qua, devono potersi immediatamente applicare da questa
Corte Suprema con il rigetto del ricorso proposto dal Procuratore Generale
presso la Corte d’appello di Genova.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso il 13/03/2014

sostanzialmente anticipando, a favore del reo, gli effetti della modifica legislativa

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