Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31852 del 19/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31852 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GAZZARA SANTI

Data Udienza: 19/06/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MISSAGIA CHRISTIAN ALESSANDRO N. IL 25/12/1975
avverso la sentenza n. 6639/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F.iusz,…–et 4,.„
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 5/7/2010, dichiarava Christian
Alessandro Missagia responsabile del reato ex artt. 81 cpv cod.pen., 68,
co. 3 e 4, e 171 ter, co. 1, lett. b), L. 633/41, perché quale legale
rappresentante della PREGIO s.r.I., a fine di lucro, in difetto di
dell’acquirente, riproduceva abusivamente testi e dispense universitari ,
scannerizzati su supporto informatico; lo condannava alla pena di mesi 4
e giorni 10 di reclusione ed euro 1.900,00 di multa, con concessione dei
doppi benefici.
La Corte di Appello di Milano, chiamata a pronunciarsi sull’appello
interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 19/6/2013, ha
confermato il decisum di prime cure.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con i seguenti
motivi:
-errata valutazione delle emergenze istruttorie, posta a sostegno della
ritenuta responsabilità del Missagia in relazione al reato ascrittogli, che,
se correttamente lette, avrebbero dovuto determinare il decidente a
ritenere la insussistenza della violazione contestata;
-omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo,
dolo specifico del fine di lucro, del reato ex art. 171 ter, L. 633/41;
-vizio di motivazione in punto di ascrivibilità del delitto in contestazione al
rappresentante legale della società;
-vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di precedenti
penali, a carico dell’imputato, in fatto del tutto inesistenti.

corresponsione alla SIAE del dovuto corrispettivo, a richiesta

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia,
consente di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione
motivazionale, adottata dal decidente, in relazione alla ritenuta
prevenuto.
In estrema sintesi, con i motivi di impugnazione la difesa rileva che il
giudice di merito è pervenuto ad affermare la responsabilità del Missagia,
in relazione alla violazione a costui ascritta, a seguito di una errata
valutazione delle emergenze istruttorie; peraltro, l’imputato, per il solo
fatto di essere il legale rappresentante della PREGIO srl,non poteva essere
ritenuto responsabile del reato di cui in rubrica, avendo dimostrato che
l’attività di copisteria, esercitata in azienda, era diretta e gestita dal di lui
padre; in ogni caso, nella specie, non sussisterebbe l’elemento soggettivo
del dolo specifico del fine di lucro; di poi, la Corte territoriale ha ritenuto
l’imputato gravato da precedenti penali inesistenti.
Orbene, tutte le doglianze avanzate si palesano prive di pregio, per
quanto di seguito si va ad osservare:
-1)- in punto di sussistenza del reato ex art. 171 ter, co. 1, lett. b): i giudici
di merito puntualmente richiamandosi alle emergenze processuali,
evidenziano che i testimoni Leonardo Romano e Alessandro Germinaro
Spiridione, in servizio presso la Guardia di Finanza di Milano, hanno
dichiarato di avere effettuato un controllo presso la Pregio srl, la quale
svolge servizio di copisteria, di internet-point e di ristorazione. In tale
occasione i due agenti hanno rinvenuto sull’hard disck di due computer,
posizionati nei locali della predetta società, n. 64 testi universitari e 8
dispense universitarie, interamente scannerizzati e riprodotti.

concretizzazione dei reati contestati e alla ascrivibilità di essi in capo al

I testimoni predetti hanno precisato che i computer, sui quali hanno
eseguito la verifica, rinvenendo il materiale in questione, erano quelli
utilizzati esclusivamente dal personale dipendente della Pregio e non gli
altri, posti a disposizione degli utenti.
Questi gli elementi ritenuti dal decidente, a giusta ragione, comprovanti

-2)-in punto di responsabilità del prevenuto e di sussistenza dell’elemento
soggettivo del reato: il Missagia, quale legale rappresentante della citata
società, esercente anche attività di copisteria, non poteva ignorare
l’inserimento nei predetti computer delle opere abusivamente ed
integralmente riprodotte, la cui assoluta eterogeneità e numerosità ha
indotto i giudici di merito ad escludere la destinazione di esse ad un uso
personale del prevenuto e a ritenerle destinazione alla vendita, in
evidente violazione della legge 633/41.
Le circostanze richiamate rappresentano dati fattuali, sui quali il giudice di
merito ha esplicitato una propria valutazione, logica e coerente, non
inficiabile dalla diversa ricostruzione fornita dalla difesa dell’imputato: in
tema di sindacato del vizio di motivazione il compito della Corte di
Cassazione non è di sovrapporre una propria valutazione degli elementi
costituenti la piattaforma probatoria a quella già compiuta dai giudici di
merito, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli
elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta
interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle
deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della
logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta
di determinate conclusioni a preferenza di altre ( ex multis Cass.
S.U.29/1/1996, n. 930); nella specie i decidenti hanno fatto buon governo
del principio richiamato.

la concretizzazione dei reati contestati.

Del tutto inconferente, di poi, è da considerare la censura mossa alla
Corte distrettuale in merito alla ritenuta sussistenza di precedenti penali
a carico dell’imputato, in quanto tale circostanza nessuna incidenza ha
avuto sul decisum impugnato.
P. Q. M.

al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 19/6/2014.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente

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