Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31850 del 16/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31850 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOTTILE FELICE N. IL 02/11/1956
PALMI ANTONINO N. IL 12/01/1953
avverso la sentenza n. 147/2013 CORTE APPELLO di MESSINA, del
26/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per a ….,- 2,….3.–,z)

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/04/2014

Ritenuto in fatto

Con sentenza emessa in data 19 ottobre 2012 H GUP presso il Tribunale di Barcellona dichiarava
Sottile Felice e Palmi Antonino colpevoli dei reati di cui agli artt. 110 c.p., 73 co. 1 ed 1 bis e 6
DPR 309/1990 perché in concorso tra loro e con Leo Antonio e Taranto Santino (giudicati
separatamente) offrivano in vendita, trasportavano, cedevano ed acquistavano o comunque

agli artt. 110 c.p., 56 c.p., 73 co. 1 ed 1 bis e 6 DPR 309/90 perché, sempre in concorso con il Leo
ed il Palmi, compiva atti idonei univocamente diretti a vendere, trasportare, cedere, acquistare o
comunque detenere circa 20 gr di cocaina destinata ad uso non esclusivamente personale (Capo B);
del reato di cui agli artt. 110, 56 c.p. e 73 co. 1 bis e 6 DPR 309/90 perché in concorso con Cuzzupè
Andrea Antonino e Perdichizzi Angelo (per cui si procede separatamente) compiva atti idonei
univocamente diretti a vendere, trasportare, cedere, acquistare o comunque detenere cocaina
destinata ad uso non esclusivamente personale (capo C); del reato di cui agli artt. 110 c.p. 73 co. 1
ed 1 bis e 6 DPR 309/90 perché in concorso con Cannone Carmelo (giudicato separatamente)
offriva in vendita, trasportava o comunque deteneva cocaina non destinata ad uso prettamente
personale (capo D); del reato di cui agli artt. 110 c.p. 73 co. 1 ed 1 bis e 6 DPR 309/90 perché in
concorso con Leo Giuseppe, Pederzicchi Angelo e Carbonaro Patrizia offriva in vendita, trasportava
o comunque deteneva 30 gr. di cocaina non destinata ad uso prettamente personale (capo E).
Condannava, quindi, il Sottile alla pena di 6 anni di reclusione ed euro 30.000,00 di multa oltre al
pagamento delle spese processuali ed il Palmi alla pena di anni 4 di reclusione e 20.000,00 euro di
multa oltre al pagamento delle spese processuali. Dichiarava, inoltre, il Sottile interdetto in perpetuo
dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena ed il Palmi
interdetto dai pubblici uffici per la durata di 5 anni. Ordinava, infine, la confisca e distruzione dello
stupefacente sequestrato.
Proposto appello, la Corte di appello confermava in toto la sentenza di primo grado condannando
gli imputati al pagamento delle ulteriori spese processuali.
In sostanza i giudici di merito ritenevano provata la penale responsabilità degli imputati in merito ai
fatti loro ascritti sulla base dei risultati di alcune intercettazioni la cui legittimità non è stata messa
in dubbio e dai quali emerge con assoluta chiarezza l’attività di commercio di sostanze stupefacenti
praticata dal Sottile con il quale il Palmi è risultato collegato al punto di prestarsi a fungere da
corriere della droga quantomeno nel caso di cui al capo A). L’attendibilità di tali risultati delle
intercettazioni, peraltro, è corroborata dagli atti di PG che hanno condotto al sequestro di circa 30
i

detenevano circa 50 gr. di cocaina (capo A). Dichiarava inoltre il Sottile colpevole del reato di cui

gr. di cocaina ed all’arresto della Carbonaro e del Perdichizzi colti in flagranza nell’atto di
trasportare il suddetto quantitativo di sostanza stupefacente.
Avverso tale pronuncia i difensori del Palmi e del Sottile hanno presentato ricorso per cassazione
ciascuno per motivi diversi qui di seguito specificati.
In particolare il difensore del Palmi lamenta:
1) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 192 c.p.p. In generale il

stretto di Messina per farsi consegnare la droga dal Leo in Calabria, che avesse consegnato la
droga al Sottile, ed al Taranto a Salina nonché sul fatto che il Sig. Romano Antonino titolare
dell’utenza intercettata fosse in realtà lo stesso Palmi. Su questi aspetti oggetto di specifici
motivi di appello, infatti, secondo la difesa, la Corte di appello si è limitata a richiamare in
maniera del tutto acritica la sentenza di primo grado. Dunque la difesa lamenta non solo un
vizio della motivazione ma una violazione di legge in quanto l’obbligo di motivazione dei
provvedimenti giudiziari non può ritenersi assolto mediante il mero rinvio ad altri atti del
procedimento soprattutto quando questi ultimi non abbiano un contenuto essenzialmente
descrittivo bensì valutativo.
2) Violazione dell’art. 73 co. 5 DPR 309/90. In particolare, la difesa censura il mancato
riconoscimento al Palmi dell’ipotesi del fatto di lieve entità basata esclusivamente
sull’apprezzamento del dato ponderale. La Corte territoriale, a detta della difesa, non avrebbe
tenuto conto di altri indici quali il coinvolgimento del Palmi in uno solo dei reati di cui al
presente procedimento, la incidenza solo marginale della sua condotta ed il carattere occasionale
della stessa nonché residuale rispetto all’intera vicenda.
3) Violazione dell’art. 62 bis per omesso riconoscimento delle attenuanti generiche nonché vizio di
motivazione sul punto.
Il difensore del Sottile, invece, censura la sentenza di appello per:
1) Violazione dell’art. 56 c.p. in quanto la condotta contestata ai capi b) e c) della sentenza andava
valutata alla stregua di un tentativo non essendo stata in entrambi i casi raggiunta la prova
dell’effettiva cessione della cocaina tra i protagonisti delle due vicende. Evidenzia, infatti la
difesa, che il momento consumativo del reato di acquisto di sostanze stupefacenti non coincide
con l’accordo delle parti essendo a tal fine necessaria la traditio dello stupefacente e la
corresponsione del prezzo. In particolare, lamenta la difesa come non sia stata approfondita la
corrispondenza tra i più volte menzionati bidoni di vino o bottiglie di vino e la sostanza
stupefacente. Circa la condotta contestata al capo d), poi, la difesa ritiene che la condotta
dell’imputato non integri neppure l’ipotesi più attenuata di tentativo non sussistendo elementi

ricorrente ritiene la motivazione insufficiente quanto al fatto che il Palmi avesse attraversato lo

che rimandino, nel caso di specie, a trattative concrete concernenti l’acquisto e la cessione di
sostanze stupefacenti.
2) Violazione di legge in relazione all’art. 73 DPR 309/90. In particolare, in relazione al capo d) la
difesa si duole del fatto che non essendo stato indicato nel capo di imputazione il quantitativo di
stupefacente sequestrato non vi è alcun elemento che escluda l’acquisto per uso personale.
Inoltre un accertamento del quantitativo avrebbe reso possibile l’applicazione del co. 5 dell’art.

3) Violazione di legge in relazione alla mancata applicazione alle condotte di cui al capo e) ed a)
dell’art. 84 c.p. In particolare la difesa ritiene che il capo e) debba considerarsi assorbito nel
capo a) per le modalità di condotta con conseguente applicazione della disciplina contenuta
all’art. 84 c.p.
Ritenuto in diritto

1. Prendendo le mosse dal ricorso del Palmi, il primo motivo risulta manifestamente infondato
nella misura in cui ripropone censure già mosse in appello e rigettate dalla Corte territoriale con
argomentazioni del tutto logiche e non contraddittorie.
Quanto alla circostanza che Romano Antonino cui era intestata una delle utenze intercettate
fosse, in realtà, lo stesso Palmi il giudice di appello ha rilevato che ciò risulta provato dal
contenuto della nota del Commissario di Milazzo del 26.09.2008 ove risulta che il Palmi
utilizzava la falsa identità di Antonino avvalendosi di un…« carta di identità falsa. A riprova di
questo la stessa Corte territoriale richiama il contenuto della telefonata tra il Leo ed il Sottile
nella quale quest’ultimo, nel riferirsi al suo amico che si era recato dall’interlocutore a prendersi
“il vino” afferma che “aveva avuto problemi per il fatto che doveva andare alla casa popolare
perché dorme dal prete del sacro Cuore”. Ed invero, come verificato dagli agenti di PG, in quel
periodo il Palmi era ospite dal parroco della Chiesa del Sacro Cuore a Milazzo.
Quanto alle altre due circostanze contestate dalla difesa del Palmi (cioè che lo stesso aveva
attraversato lo stretto per recarsi in Calabria e procurarsi la droga dal Leo per poi consegnarla
parte al Sottile e parte al Taranto a Salina) la Corte di appello, lungi dal limitarsi a richiamare la
sentenza di primo grado, precisa che “seppure può considerarsi normalissimo visto che i due
abitano nella stessa via a distanza di 12 numeri civici, il fatto che il Palmi venga notato a
Milazzo in via Rizzo nei pressi dell’abitazione del Sottile, è un dato nel caso di specie tutt’altro
che neutro perché la sua presenza era stata prevista e monitorata tramite le intercettazioni che
seguivano i rapporti tra il Sottile ed i fornitori calabresi e preludeva alla trasferta eoliana,
finalizzata alla cessione di una parte della droga ricevuta dal correo”. Solo dopo tale
3

73.

precisazione la Corte territoriale richiama la sentenza di primo grado mostrando di averne fatto
proprie le argomentazioni: non si tratta dunque di un richiamo acritico come vorrebbe, invece, la
difesa.
Al pari infondata appare anche la seconda censura mossa dalla difesa del Palmi. A ben vedere la
Corte territoriale, nell’escludere la sussistenza dell’ipotesi di cui al co. 5 dell’art. 73 DPR
309/90, non ha fatto riferimento al solo dato ponderale (50 Kg di cocaina) ma anche alla

stata contestato un unico reato, è comunque emerso dalle intercettazioni che egli era a
disposizione del Sottile quale corriere tanto è vero che lo stesso non solo si recava aSalina per
consegnare la droga ad un cliente del Sottile ma era conosciuto dal fornitore di cocaina, a
dimostrazione del fatto che, con tutta probabilità, aveva già svolto e continuava a svolgere tale
funzione per il coimputato.
Infine appare manifestamente infondata anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento
delle attenuanti generiche ed al vizio di motivazione sul punto. Come è noto, infatti, la
valutazione inerente la quantità della pena da irrogare e l’applicazione di attenuanti od
aggravanti, involgendo aspetti inerenti il merito, è sottratta al sindacato del giudice di legittimità
qualora, come nel caso di specie, risulti logica e non arbitraria.
Peraltro occorre precisare che, a differenza di quanto affermato dalla difesa, la Corte territoriale
si è soffermata sul profilo in esame escludendo la possibilità di un più benevolo trattamento
sanzionatorio nei confronti del Palma stante la presenza di numerosi precedenti penali gravi e
specifici: e segnatamente otto condanne per furto, per resistenza a pubblico ufficiale, rapina,
ricettazione, detenzione di stupefacenti, lesioni personali; nonché la sottoposizione a misura di
sicurezza.
Dunque il ricorso del Palmi deve essere dichiarato inammissibile.
2. Quanto al ricorso presentato dalla difesa del Sottile, il primo motivo con il quale si lamenta la
violazione dell’art. 56 c.p. è infondato. La difesa afferma che in relazione alle condotte di cui ai
capi a) e b) dell’imputazione sarebbe configurabile solamente il tentativo di cessione non
sussistendo nel caso di specie una prova dell’effettiva consegna dello stupefacente. Secondo la
difesa, infatti, ai fini della consumazione del reato de quo sarebbe necessaria la consegna della
droga non bastando il mero accordo tra le parti. Invero, la difesa aderisce ad orientamento
risalente ormai superato: oggi dottrina e giurisprudenza prevalente ritengono che il reato di
cessione di sostanze stupefacenti si consumi al momento dell’accordo tra venditore ed
acquirente indipendentemente dall’effettiva consegna della merce e dal pagamento del prezzo
(vedi ex pluris Cass., Sez. V, n. 396/2010).
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dimensione soggettiva della condotta: infatti il giudice di appello nota che, seppur al Palmi 514 ,(/

Quanto alle censure mosse relativamente al capo d), non essendo stata raggiunta la prova
dell’accordo, la Corte ha correttamente ravvisato un tentativo di cessione di stupefacente. In
particolare dalle intercettazioni si è ricavato che il prezzo della cessione era di 900,00 euro:
dunque pur non essendo precisata espressamente la quantità della cocaina ceduta questa è
desumibile agevolmente dal prezzo cui la stessa era venduta.
Quanto alla mancata applicazione dell’ipotesi del quinto comma la Corte ha precisato, in

abbia movimentato numerosi quantitativi di sostanza stupefacente di tipo pesante e, il più delle
volte, anche di ingente consistenza, depone nel senso di una significativa capacità a delinquere e
porta ad escludere che sia ravvisabile l’ipotesi lieve con riguardo a ciascuno dei reati allo stesso
contestati. A ciò inoltre la Corte affianca il richiamo ai numerosi precedenti dell’imputato già
condannato per traffico di droga, associazione mafiosa, violazione di una misura di sicurezza,
ricettazione, guida senza patente, evasione, detenzione di armi. Dunque anche il secondo motivo
di ricorso è infondato.
Quanto alla mancata applicazione dell’art. 84 c.p. la Corte di appello si era già pronunciata sul
punto ritenendo non applicabile al disciplina in esame alle ipotesi di cui al capo a) e e)
trattandosi all’evidenza di due fattispecie diverse.

P.Q.M
..

..

….-5
.
e…-_■

‘..’-

Dichiara inammissibile i.’ ricorsi e condanna (ricorrente al pagamento della somma di euro
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in data 16 aprile 2014.

maniera del tutto condivisibile, come il fatto che nel volgere di un breve lasso di tempo il Sottile

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