Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31845 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31845 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
QUARTA SERGIO N. IL 11/08/1955
avverso la sentenza n. 450/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
16/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Generale in persona del pott. G’che ha concluso per ■ \.J.J■ v-3.3,–b-‘,- ■n;Qk

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/04/2014

Ritenuto in fatto e diritto

Con sentenza emessa in data 14 giugno 2011 il Tribunale di Lecce dichiarava Quarta Sergio
responsabile del reato di cui agli artt. 81 c.p. e 2 L. 638/83 perché in esecuzione del medesimo
disegno criminoso ed in qualità di titolare della omonima ditta ometteva di versare le ritenute
previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per l’importo

2006. Unificate le violazioni sotto il vincolo della continuazione, con la recidiva contestata,
condannava lo stesso alla pena di due mesi di reclusione ed euro 400,00 di multa oltre alle spese del
procedimento.
Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore dell’imputato chiedendo l’applicazione della
disciplina della continuazione tra i reati oggetto del presente procedimento e quelli giudicati con
sentenza dal Tribunale di Lecce in data 12 ottobre 2010 nonché l’esclusione della recidiva e la
sospensione condizionale.
Proposto appello, la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado
escludeva la contestata recidiva e, per l’effetto, rideterminava la pena in mesi uno giorni 12 di
reclusione ed euro 280,00 di multa.
Avverso tale pronuncia l’imputato ha proposto ricorso per cassazione lamentando erronea
applicazione della legge e vizio di motivazione in relazione all’applicazione della disciplina della
continuazione ed al diniego della sospensione condizionale e chiedendo di dichiarare la prescrizione
dei reati a lui imputati maturata nelle more del processo.
Quanto al diniego della sospensione condizionale, il ricorrente censura l’impugnata sentenza nella
misura in cui non ha dato adeguato peso alle gravi crisi economiche che hanno colpiti il Quarta
negli anni 2002 e 2005/2006 che di fatto hanno impedito all’imputato di versare le ritenute in favore
dei dipendenti nonché alla circostanza che, superato il momentaneo dissesto, egli ha sempre
provveduto a sanare l’omissione versando, seppur tardivamente, i contributi dovuti. Orbene secondo
il ricorrente la valutazione del suddetto comportamento e l’analisi dei periodi storici in cui sono
maturate le violazioni in esame nonché l’assenza di precedenti concessioni del beneficio della
sospensione condizionale “ben avrebbero consentito di sospendere la pena inflitta e di sottrarre
l’imprenditore all’ambiente deleterio e pericoloso del carcere nella certa assenza di una sua effettiva
pericolosità e nella giusta valutazione critica del reato”.
Nota sul punto la difesa che la prognosi relativa alla commissione di ulteriori reati ai fini della
sospensione condizionale della pena deve tener conto della personalità dell’imputato nella quale
rientrano anche l’eventuale ravvedimento ed il ristoro delle conseguenze dannose del medesimo.
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complessivo di euro 3.505,00 nei periodi marzo-dicembre 2005, maggio 2006, settembre-novembre

Il ricorrente lamenta inoltre la erronea applicazione della disciplina in punto di continuazione da
parte della Corte territoriale avendo la stessa escluso di applicare la continuazione in riferimento
alla suddetta sentenza del 2010 in quanto la data del reato (26 maggio 2005) doveva essere riferita
non all’epoca di commissione dei reati ma a quella del loro accertamento. Comunque a detta del Giuke.,
di secondo grado spettava al Quarta produrre la suddetta sentenza al fine di chiarire meglio la
questione ed applicare eventualmente la disciplina della continuazione.

acquisire anche d’ufficio la sentenza del 2010 per poi pronunciarsi sulla richiesta applicazione della
continuazione.
Quanto alla prescrizione il ricorrente chiede che vengano dichiarati prescritti i reati anteriori
all’entrata in vigore della L. 251/2005 essendo per gli stessi spirato il relativo termine in
applicazione della più favorevole disciplina. Tale termine del resto era già stato individuato dalla
Corte di Appello nel giorno 11 dicembre 2013.
I primi due profili di doglianza risultano manifestamente infondati e, quindi, inammissibili. Quanto
alla mancata concessione della sospensione condizionale nonostante l’esclusione della recidiva
merita precisare che la contestazione della recidiva (in questo caso facoltativa) risponde ad esigenze
ed a finalità diverse da quelle che presiedono alla concessione o meno del beneficio previsto dall’art
163 c.p.p. Dunque non sussiste alcun difetto di motivazione, nella sentenza che neghi
la sospensione condizionale della pena sul rilievo che i precedenti penali dell’imputato sono tali da
far ritenere che non si asterrà dal commettere altri reati, ancorché al predetto, come nel caso di
specie, non sia stata applicata la recidiva.
Quanto alla continuazione tra i reati di cui è causa e quelli oggetto della sentenza del 2010 la Corte
di appello la ha correttamente esclusa non ravvisando la necessaria unitarietà del disegno criminoso,
peraltro sulla base di argomentazioni del tutto logiche. Sul punto, inoltre, il giudice di seconde cure
ha giustamente rilevato la presenza del solo certificato penale dal quale non emerge la data di

Orbene la difesa critica tale assunto affermando che, al contrario, spettava al giudice di merito

commissione dei reati coperti dalla sentenza in questione: a tal fine occorreva produrre la sentenza
del 2010. Ciò, però, era onere della difesa e non certo del giudice i cui poteri officiosi ex art. 507
c.p.p. sono finalizzati a rimediare a situazioni patologiche e non a mere dimenticanze delle parti e,
comunque, come è noto, non corrispondono ad un diritto delle stesse. Non producendo e non
chiedendo l’ammissione del mezzo di prova le parti, infatti, perdono il pieno diritto in tal senso.
Quanto al profilo inerente la prescrizione, come più volte ribadito da questa stessa Corte,
l’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le

2

,afb

cause di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more
del procedimento.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e

Così deciso in Roma, in data 05 aprile 2014.

della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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