Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31836 del 06/07/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31836 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI MODICA GIUSEPPE N. IL 22/11/1988
avverso la sentenza n. 4854/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 06/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 06/07/2015

RITENUTO IN FATTO

che con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Palermo ha

confermato la sentenza di prime cure che aveva condannato Di Modica Giuseppe
per il reato di furto aggravato;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

della motivazione circa l’affermazione della penale responsabilità e l’eccessività
della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto il motivo si sostanzia
in una contestazione circa la commissione dei fatti pur sulla esistente
motivazione dell’impugnata sentenza, che ha condotto all’affermazione della
“rassicurante” fondatezza dell’assunto accusatorio;
– per quel che concerne, infatti, il significato da attribuire alla locuzione di
“oltre ogni ragionevole dubbio”, già adoperata dalla giurisprudenza di questa
Corte Suprema (v. per tutte, Cass. Sez. Un. 10 luglio 2002 n. 30328) e
successivamente recepita nel testo novellato dell’articolo 533 cod.proc.pen.
quale parametro cui conformare la valutazione inerente all’affermazione di
responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica
espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il
principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e la cultura della
prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale; si
è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione
meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il
“ragionevole dubbio” sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava pur sempre
il proscioglimento a norma dell’articolo 530 cod.proc.pen., comma 2, sicché non
si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova
rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito
il principio, immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario,
secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza
processuale assoluta della responsabilità dell’imputato (v. da ultimo, Cass. Sez.
II 9 novembre 2012 n. 7035); certezza che i Giudici a quo hanno logicamente
espresso, sottraendo la loro motivazione, pertanto, al lamentato vizio di
legittimità;
1

l’imputato, personalmente, denunciando una violazione di legge e una mancanza

- che, del pari, la pena irrogata non appare essere illegale e, di
conseguenza, sfugge al sindacato di legittimità di questa Corte;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 6 luglio 2015.

P. T. M.

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