Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31834 del 10/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31834 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MENZIONE TOMMASO N. IL 10/12/1971
MENZIONE ANTONIO N. IL 16/06/1976
RAINONE MICHELE N. IL 09/08/1962
avverso la sentenza n. 4967/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 10/05/2013

1) Con sentenza del 7.12.2011 la Corte di Appello dì Napoli, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Noia, in composizione monocratica, emessa in data
25.6.2008, con la quale Menzione Tommaso, Menzione Antonio e Rainone Michele,
previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, erano stati condannati
per il reato di cui all’art.44 lett.a) e b) DPR 380/01, riduceva la pena inflitta in primo
grado a mesi 2, giorni 15 di arresto ed euro 5.000,00 di ammenda ciascuno,
confermando nel resto e quindi anche il beneficio della sospensione della pena
subordinatamente alla demolizione delle opere abusive.
Propongono ricorso per cassazione Menzione Tommaso, Menzione Antonio e Rainone
Michele, denunciando la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato ascritto.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Per giurisprudenza consolidata di questa Corte sono realizzabili con denuncia di
inizio attività (DIA.) gli interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore,
ovvero che comportano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le
diverse parti dell’immobile, e con conservazione della consistenza urbanistica iniziale,
classificabili diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia descritti
dall’art.10 comma 1 lett.c) DPR n.380/01, che portano ad un organismo in tutto o in
parte diverso dal precedente con aumento delle unità immobiliari, o modifiche del
volume, sagoma, prospetti e superfici, e per i quali è necessario il preventivo permesso
di costruire (cfr.ex multis Cass.pen.sez. 3 23.1.2007 n.1893).
2.2) La Corte territoriale ha, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, sulla
base di quanto accertato dalla Polizia Municipale di San Gennaro Vesuviano il
23.10.2006, ritenuto che l’intervento effettuato fosse in totale difformità dal
permesso di costruire n.45/2004 del 3.12.2004, essendo stato riscontrato un
aumento di superficie e di volumetrie del piano seminterrato di circa mq.25 e mc.90,
nonché al piano rialzato una diversa distribuzione degli spazi interni e delle aperture
esterne, diversa realizzazione delle mensole e delle scale di accesso al fabbricato
con conseguente modifica dei prospetti.. (pag.4 sent.).
L’organismo edilizio realizzato era quindi completamente diverso da quello assentito,
per cui occorreva permesso di costruire.
Inoltre, a prescindere dal fatto che alcune delle variazioni siano state
successivamente eliminate, è indubitabile la configurabilità del reato contestato.
2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che
pare congruo determinare in euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art.616 c.p.p.

1

OSSERVA

Va solo aggiunto che la manifesta infondatezza del ricorso preclude la possibilità di
dichiarare la prescrizione, maturata (tenuto conto delle sospensioni) dopo la emissione
della sentenza impugnata.
Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo
sent.n.23428/2005-Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti
decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del
giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido
perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con
eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3),
precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente
maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere
davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab
instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di
assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico,
divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti
per essersi già formato il giudicato sostanziale”.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 10.5.2013

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