Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31821 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31821 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Kasbour Abdelfattah, nato in Marocco il 18.9.1977, avverso la sentenza
pronunciata dalla Corte di Cassazione il 17.12.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale presso la Corte di Cassazione dott. Roberto Aniello, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 17.12.2012 la Corte di Cassazione, prima
sezione penale, dichiarava inammissibile il ricorso presentato avverso la
sentenza con cui la corte di appello di Milano, in data 17.1.2011, aveva
confermato la sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari
presso il tribunale di Monza, decidendo in sede di giudizio abbreviato, in

Data Udienza: 04/02/2014

data 10.2.2010, aveva condannato Kasbour Abdelfattah alla pena
ritenuta di giustizia in relazione ai reati di tentato omicidio e di acquisto,
detenzione e cessione di sostanze stupefacenti.
2. Avverso la sentenza della Suprema Corte ha proposto tempestivo
ricorso straordinario per cassazione, ex art. 625 bis, c.p.p., a mezzo del

errore materiale ovvero di fatto commesso nella sentenza impugnata,
nella parte in cui la Corte di Cassazione ha ritenuto che fosse stata
eccepita, con i motivi nuovi, la violazione dell’art. 50, I. 26 luglio 1975,
n. 354, non formante oggetto del ricorso principale con cui era stata
censurata solo la violazione dell’art. 94, d.p.r. n. 309 del 1990, laddove,
invece, rileva il ricorrente, nei motivi aggiunti non si è fatto riferimento
alcuno, né all’art. 50 dell’ordinamento penitenziario, né all’affidamento
terapeutico ex art. 94, d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, per cui “la
valutazione o meglio la percezione della Corte è stata chiaramente
viziata da un palese errore che ha inficiato per intero il costrutto
motivazionale o almeno il capo della sentenza direttamente coinvolto”,
riguardante i reati in tema di sostanze stupefacenti, cadendo, peraltro,
nuovamente in errore la Corte nel ritenere “alcuni dei motivi aggiunti
come inammissibili perché caratterizzati dalla novità, non essendo stati
inclusi tra i motivi di impugnazione del ricorso principale”; 2) erronea
percezione delle risultanze processuali, in quanto la Corte di Cassazione
non ha compreso quale fosse il contenuto della doglianza prospettata
dalla difesa in ordine alla qualificazione della fattispecie di tentato
omicidio addebitata all’imputato in termini di reato impossibile,
“omettendo di argomentare in senso contrario alla tesi difensiva
prospettata”; 3) erronea percezione delle risultanze processuali in
relazione al principio di diritto affermato nella sentenza pronunciata il
4.2.1992 dalle sezioni unite del Supremo Collegio, richiamata nella
motivazione della sentenza impugnata, secondo cui le sentenze di primo
e di secondo grado si fondano in un unico complesso argomentativo solo
quando siano concordanti tra loro, e non quando, come nel caso in
esame, ciascuna delle anzidette sentenze “presenti delle carenze sotto

2

suo difensore di fiducia, l’imputato lamentando: 1) l’esistenza di un

l’assetto probatorio motivazionale”, per cui “non è possibile rimediare
all’inconveniente, inserendo l’una nella motivazione dell’altra, in modo
tale da colmare le rispettive lacune, dovendosi, piuttosto, in tale
evenienza, “riformattare completamente il materiale probatorio, con un
autonomo percorso motivazionale”.

3. Il ricorso non può essere accolto.
4. Al riguardo va ribadito un principio assolutamente consolidato nella
giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di ricorso
straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile
esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la
decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un
errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del
rimedio previsto dall’art. 625 bis c.p.p. (cfr. Cass., sez. u., 14/07/2011,
n. 37505, rv 250527; Cass., sez. VI, 21/05/2013, n. 35239, rv. 256441)
Il ricorso straordinario previsto dall’art. 625-bis c.p.p., infatti, può avere
ad oggetto esclusivamente un errore di fatto, il quale si identifica
unicamente in una fuorviata rappresentazione percettiva; tale errore può
essere causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di
cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e
deve essere connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo
della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali
che abbia condotto ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata
adottata senza di esso.
Ciò posto, appare evidente che le doglianze prospettate dal ricorrente
nel secondo e nel terzo motivo di ricorso, riguardando pretesi errori di
giudizio in cui sarebbe incorsa la Corte di Cassazione, esulano
dall’ambito dei vizi deducibili con il ricorso ex art. 625 bis, c.p.p.,
dovendosi, pertanto, ritenere inammissibili.
5. Quanto alla censura di cui al primo motivo di ricorso, va osservato che
effettivamente la Corte di Cassazione è incorsa in un errore
nell’affermare che con i motivi nuovi era “stata eccepita la violazione
dell’art. 50, I. 26 luglio 1975, n. 354, sebbene con il ricorso principale
fosse stata censurata la sola violazione dell’art. 94 d.p.r. 9 ottobre 1990,

3

p

n. 309”, in quanto le suddette violazioni di legge non hanno formato
oggetto di doglianza da parte dell’imputato, né con il ricorso principale,
né con i motivi nuovi.
Si tratta, tuttavia, di un errore irrilevante ai fini della decisione del
presente ricorso, in quanto le doglianze rappresentate nell’interesse

dell’avv. Valentino Viali, depositata presso la cancelleria della prima
sezione penale della Corte di Cassazione il 29.11.2012, riguardanti
l’intervenuta condanna del Kasbour per i reati in materia di sostanze
stupefacenti, di cui il ricorrente lamenta la mancata considerazione da
parte della prima sezione del Supremo Collegio, devono ritenersi
inammissibili, in quanto, non sono state prospettate nel ricorso
principale del 2.3.2011, ma, per la prima volta solo, con i suddetti
motivi nuovi e, quindi non avrebbero potuto essere esaminate in sede di
legittimità.
Come affermato dall’orientamento prevalente nella giurisprudenza di
legittimità, condiviso dal Collegio, infatti, i motivi nuovi proposti a
sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di
inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati
enunciati nell’originario atto di impugnazione a norma dell’art. 581,
comma primo, lett. a), c.p.p. (cfr.,

ex plurimis,

Cass., sez. VI,

21/09/2011, n. 73, rv. 251780).
Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va
rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso in Roma il 4.2.2014

dell’imputato nella “memoria difensiva con motivi aggiunti” a firma

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