Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31811 del 06/07/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31811 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROSATO MANUEL CRISTIAN N. IL 05/03/1996
avverso la sentenza n. 1539/2014 TRIBUNALE di VERONA, del
09/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 06/07/2015

Rosato Manuel Cristian ricorre avverso la sentenza 9.5.14, emessa dal Tribunale di Verona ai sensi
degli artt.444 ss. c.p.p., con la quale gli è stata applicata, per il reato di concorso in furto aggravato
continuato, concesse attenuanti generiche equivalenti, la pena — condizionalmente sospesa – di mesi
otto di reclusione ed € 300,00 di multa.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’art.606,

Rosato, maggiorenne da circa due mesi all’epoca dei fatti, partecipato al reato assieme ad alcuni
amici minorenni, senza però avvalersi di persone non imputabili, per cui era configurabile
l’aggravante ex art.112, comma 1, c.p.
Con motivi nuovi, pervenuti alla cancelleria di questa sezione il 26.5.15, il difensore del Rosato,
nell’insistere nell’esclusione della contestata aggravante, ha chiesto anche, in applicazione del
disposto di cui all’art.168-bis c.p. (entrato in vigore in epoca successiva alla sentenza di condanna),
la restituzione degli atti al Tribunale di Verona per consentire all’imputato di presentare l’istanza di
messa alla prova, nonché il riconoscimento del fatto di speciale tenuità, di cui all’art.131-bis c.p.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente
infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto
contenuto nell’accordo tra le parti e, dall’altro, ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art.129
c.p.p., mentre in tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo
l’erronea qualificazione del fatto contenuta in sentenza deve essere limitata al caso — che nella
specie non ricorre, sotto il profilo della ritenuta aggravante di cui all’art.112 cpv. c.p. — di errore
manifesto, ossia al caso in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo
sui reati (v. Cass., sez.IV, 18 marzo 2010, n.10692).
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere
di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez.un., 27 settembre
1995, Serafino; Sez.un., 25 novembre 1998, Messina; Sez.II, 17 febbraio 2012, n.6455), mentre la

comma 1, lett. b) c.p.p. per essere stata ritenuta l’aggravante di cui all’art.112 cpv. c.p., avendo il

richiesta di messa alla prova appare solo genericamente formulata e il fatto di speciale tenuità non è
configurabile, nella specie, alla luce dell’ammontare del danno complessivamente cagionato alle
parti lese risultato ammontare ad E 1360,00.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in

P .Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 6 luglio 2015
IL COII
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€ 1.500,00.

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