Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31807 del 04/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31807 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CATANZARO
nei confronti di:
LOPREIATO PIETRO (ANCHE PCN) N. IL 06/05/1932
LO SCHIAVO ROSARIO NICOLA (ANCHE PCN) N. IL 22/02/1946
avverso la sentenza n. 52/2008 GIUDICE DI PACE di VIBO
VALENTIA, del 15/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. et,t ,t1t.
che ha concluso per X1 61 . c

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Uditpf1a parte civil

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Udit i difensor Avv. \

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Data Udienza: 04/04/2014

Il ricorso merita accoglimento.
La sussistenza del delitto di lesioni risulta dimostrata dalle reciproche dichiarazioni accusatorie dei
protagonisti dei fatti in esame, che vi hanno svolto il duplice ruolo di teste di accusa e di imputato,
nel procedimento , avente ad oggetto i reati di lesioni collegati ex art. 371 co. 2 c.p.p.
D’altro canto nessun limite è configurabile in ordine all’utilizzabilità delle reciproche dichiarazioni
accusatorie rese nel corso dell’istruttoria dibattimentale ,poiché , in caso di esame di persona in un
procedimento connesso o probatoriarnente collegato, non deve essere dato l’avviso previsto
dall’art. 64, comma terzo, lett. c) cod. proc. pen., Tale avvertenza, mentre ha un senso nel caso
dell’interrogatorio (al quale si riferisce l’art. 64 c.p.) dal momento che esso è condotto nei confronti

FATTO E DIRITTO
Con sentenza 15.2.2013 il giudice di pace di Vibo Valentia ha assolto Lopreiato Pietro dal reato di
lesioni in danno di Lo Schiavo Rosario Nicola perché il fatto non costituisce reato; ha assolto Lo
Schiavo Rosario Nicola dai reati di minaccia e di lesioni in danno di Lopreiato Pietro perché il fatto
non costituisce reato.
La procura generale presso la corte di appello di Catanzaro ha presentato ricorso per manifesta
illogicità della motivazione e per violazione dell’art. 192 c.p.p.
Quanto al reato contestato a Lo Schiavo, il ricorrente osserva che il giudice non ha tenuto conto sia
della rievocazione ,effettuata dal querelante, del comportamento intimidatorio e aggressivo
dell’imputato , sia del referto medico, rilasciato dal Pronto Soccorso dell’ospedale di Vibo
Valentia, dal quale risulta che la persona offesa aveva riportato una lesione “da graffio arto
superiore”, con prognosi di due giorni.
Quanto al reato contestato a Lopreiato, il ricorrente osserva che il giudice ugualmente non ha
tenuto conto sia della rievocazione , effettuata dal querelante, del comportamento aggressivo
dell’imputato , sia del referto medico, rilasciato dal Pronto Soccorso dell’ospedale di Vibo
Valentia, dal quale risulta che la persona offesa aveva riportato una lesione costituita da
“contusione mano sn, con ematoma, piccola escoriazione gomito dx, contusioni multiple”, con
prognosi di otto giorni.
Secondo il ricorrente, il giudice è giunto alla conclusione assolutoria senza aver valutato le prove
documentali (non menzionando i referti medici) e senza aver osservato i principi che presidiano la
valutazione delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie
Il giudice di pace ha ritenuto che l’istruttoria dibattimentale non abbia consentito di accertare,in
relazione al delitto di lesioni, chi abbia per primo tenuto un comportamento aggressivo e chi abbia
reagito con finalità difensive. : “Il Lopreiato (1) afferma di aver reagito ad una minaccia del Lo
Schiavo e che si sono picchiati reciprocamente. Il Lo Schiavo(2) afferma di essere stato picchiato ,
ma non di avere reagito all’aggressione … Ritiene il giudice quindi che …. potrebbe avere iniziato
il Lopreiato ed il Lo Schiavo essersi difeso o viceversa. Non esistono in sostanza elementi
sufficienti a far ritenere esserci una penale responsabilità degli odierni imputati”.
Quanto al delitto di minaccia, contestato a Lo Schiavo, il giudice ha rilevato che la frase
intimidatoria è stata riferita dalla sola persona offesa e che ,comunque , contestualizzata nella
situazione di continuo conflitto per motivi condominiali, deve essere valutata come inidonea a
cagionare un turbamento psichico nel destinatario e a limitarne la libertà morale..

Roma, 4 aprile 2014

del soggetto sottoposto a indagine e si svolge al di fuori delle garanzie del contraddittorio, non ha
invece giustificazione quando , l’esame si sia svolto —come nel caso in esame – nella sede
dibattimentale in cui tali garanzie sono naturalmente operanti . Inoltre la mancata osservanza delle
modalità di esame ex art. 210 c.p.p. determina non la inutilizzabilità della deposizione testimoniale
acquisita bensì la nullità a regime intermedio della stessa, la quale non può essere eccepita
dall’imputato del procedimento principale, per assenza di interesse all’osservanza della disposizione
violata.
Inoltre , quanto alla mancata dimostrazione che uno degli imputati abbia agito in una situazione
legittimante il riconoscimento della esimente della legittima difesa, a fronte dell’iniziativa
aggressiva dell’altro, questa carenza probatoria non può essere valutata in favore dei protagonisti
delle reciproche azioni di violenza, rimanendo inalterata la dimostrazione della condotta violenta e
lesiva di ciascuno di essi, basata sulle dichiarazioni della persona offesa (sulla cui credibilità non
risultano manifestate incertezze) e sul documentato esito lesivo della predetta condotta.
Va infine rilevata l’ingiustificata affermazione della insussistenza del reato di minaccia, a causa di
una pregressa situazione di conflittualità tra i protagonisti della vicenda per motivi di vicinato che
depotenzierebbe —secondo il giudice- la carica intimidatoria delle parole pronunciate dall’imputato,
parole che, in un altro contesto, sarebbero idonee a limitare la libertà morale del destinatario .
L’espressione “tra non molto ti ammazzo”,accompagnata da un atto di violenza,sia pure di modesta
lesività, presenta un’evidente e incontestabile rilevanza penale, a norma dell’art. 612 c.p.. La
configurazione della minaccia come reato di pericolo comporta che :per la sua integrazione non sia
richiesto che il bene tutelato sia realmente leso, bastando che il male prospettato possa incutere
timore nel destinatario, menomandone potenzialmente, secondo un criterio di medianità
riecheggiante le reazioni della donna e dell’uomo comune, la sfera di libertà morale. Nel generale
contesto delle comuni relazioni interpersonali non è razionalmente individuabile una situazione di
normalità, di conformità ad generale codice comportamentale che consenta di ritenere priva di
conseguenze negative sulla libertà morale di un cittadino la verbale prospettazione di un
irreversibile male fisico , resa attuale da un modesto ma concreto passaggio dalle parole ai fatti.
La sentenza va quindi annullata con rinvio per nuovo esame al giudice di pace di Vibo Valentia.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice di pace di Vibo Valentia

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