Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31799 del 28/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31799 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIAQUINTA CINZIA N. IL 30/12/1981
avverso la sentenza n. 507/2010 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 29/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udit
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uclfei ig—or
,

Data Udienza: 28/03/2014

5

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Eduardo Scardaccione, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 marzo 2012 la Corte d’Appello di Caltanisetta,
in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Gela, in
composizione monocratica, dichiarava interamente condonata la pena
inflitta a Giaquinta Cinzia di mesi sei di reclusione ed euro 160,00 di

all’aggravante per il delitto di furto aggravato, in concorso con Peritore
Giacomo, di due registratori di cassa, mediante l’apertura forzata di una
saracinesca.
2. Avverso tale sentenza, l’imputata, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi, lamentando:
-con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di violazione di legge
della sentenza impugnata, di cui all’art. 606, comma primo, lett. b)
c.p.p., in relazione all’art. 192 c.p.p., atteso che le circostanze
considerate ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputata sono
dotate di carattere di neutralità (come la limetta per unghie ed il
possesso di monete) e si presentano contraddittorie in relazione ad altri
elementi del processo (quali la spinta a mano del motorino e la presenza
della figlioletta di pochi anni);
-con il secondo motivo, l’assenza e l’illogicità della motivazione di cui
all’art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., non avendo il giudice di merito
valutato alcune circostanze favorevoli all’imputata ,tra cui l’importo delle
monete in suo possesso, minore rispetto a quello indicato come sottratto
dalle persone offese; le dichiarazioni del teste Tignino Alessandro circa
l’allontanamento dei ladri con il ciclomotore, a fronte del rinvenimento
dell’imputata a circa 4 Km di distanza, spingendo il veicolo a mano, e
della persona offesa Fusco Emanuela, oltre alla consistenza della limetta
per unghie rinvenuta, non idonea all’apertura di serrande;
– con il terzo motivo, la violazione di legge,di cui all’art.606, comma
primo, lett. b) c.p.p.,in relazione all’art. 157 c.p. poichè la Corte di
merito avrebbe dovuto dichiarare estinto il reato per intervenuta
prescrizione secondo la più favorevole disciplina previgente, risalendo i
fatti al 2004 ed essendo intervenuta la condanna nel 2010;
– con il quarto motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione
in relazione all’art. 69 c.p., essendo stata concessa l’attenuante

1

multa, concessa l’attenuante del danno di speciale tenuità, equivalente

equivalente all’aggravante, senza che del percorso logico seguito sia stata
fornita motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1. Va premesso che per il reato di furto aggravato ascritto all’imputata
è maturato, alla data del 27.12.2012, successivamente alla sentenza
impugnata, il termine di prescrizione, considerate in tale termine le
sospensioni operate nel primo e nel secondo grado di giudizio, ma non

inammissibile. Vanno all’uopo richiamati i principi espressi da questa
Corte, secondo i quali in presenza di una causa estintiva del reato, è
preclusa l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 129
c.p.p., nel caso in cui l’impugnazione sia manifestamente infondata (Sez.
un., n. 32 del 22/11/2000), non potendo considerarsi formato un valido
rapporto di impugnazione (Sez. IV, 11/06/2013, n. 31344; Sez. III, n.
40743 del 02/04/2013).
2. Con i primi due motivi di ricorso l’imputata, in sostanza, sollecita
inammissibilmente questa Corte ad una rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per la ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97
n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric.
Petrella). In realtà, la ricorrente non formula alcuna critica specifica alla
motivazione della sentenza impugnata, ma ripropone argomenti, quali
quelli relativi alla neutralità del possesso della limetta e delle monete di
piccolo importo, ovvero della spinta a mano del motorino e della presenza
della figlioletta di pochi anni, già sottoposti al vaglio del giudice
dell’appello, il quale non ha omesso di prenderli in considerazione, dando
compiuta spiegazione delle ragioni per le quali ha ritenuto di confermare
la sentenza di primo grado.
Correttamente, in particolare, la sentenza impugnata ha messo in risalto
come la Giaquinta si sia sforzata di isolare i singoli elementi a suo carico
sminuendoli, laddove, invece, and,aya , compiuta una valutazione
1.4A A 1 •
complessiva degli elementi di fatara.,suo-GaFiee, che, posti in relazione
,

alle circostanze spazio- temporali (presenza dell’imputata in luogo non
distante da quello del furto, del tutto compatibile con il tempo- circa venti
minuti prima- di segnalazione del furto stesso) connotanti la vicenda

2

può farsi luogo alla relativa declaratoria, risultando il ricorso

offrivano un quadro univocamente convergente sulla (coppe)responsabilità
dell’imputata in ordine al furto oggetto di contestazione. Per quanto
concerne, poi, il fatto che il teste Tignino avesse visto i ladri allontanarsi a
bordo del ciclomotore, mentre la Giaquinta è stata sorpresa per strada
mentre “spingeva” il ciclomotore, ebbene tali circostanze non sono
contraddittorie, stante, peraltro, il lasso temporale intercorso tra la
notizia del furto e l’avvistamento dell’imputata, così come non appare
censurabile la valutazione relativa alla possibilità di impiegare la limetta

3. Manifestamente infondato, oltre che generico, si presenta il terzo
motivo di ricorso, volto ad ottenere la declaratoria di prescrizione del
reato, e ciò sulla base alle considerazioni svolte in premessa. Giova
richiamare in proposito i principi costantemente enunciati da questa
Corte, secondo i quali è inammissibile il ricorso per Cassazione per far
valere la prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, privo di serie
doglianze avverso la decisione impugnata, traducendosi in un ricorso
soltanto apparente e, pertanto, inidoneo ad instaurare il rapporto di
impugnazione (cfr. Cass. Sez. Un., 27/6/2001 n. 33542, rv. 219531,
Cava lera).
4. Manifestamente infondato si presenta, infine, il quarto motivo di
ricorso con il quale la ricorrente si duole della mancata valutazione della
prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 62 n.4 c.p. sulla contestata
aggravante e dell’omessa motivazione in proposito. Ed invero, la Corte di
merito ha ritenuto di non doversi discostare dalla valutazione effettuata
dal giudice di prime cure, dando compiuta contezza di tale decisione con
argomentazioni che non paiono censurabili in questa sede, atteso che in
tema di concorso di circostanze, questa Corte ha più volte affermato il
principio, secondo cui le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti sono denunciabili in sede di
legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un
ragionamento illogico, e non anche qualora risulti sufficientemente
motivata la soluzione dell’equivalenza allorchè il giudice, nell’esercizio del
potere discrezionale previsto dall’art. 69 cod. pen., l’abbia ritenuta la più
idonea a realizzare l’adeguatezza della pena in concreto irrogata (Sez. 6,
n. 6866 del 25/11/2009).
5. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile a colpa del

3

rente, (Corte

rinvenuta per l’apertura di lucchetti e serrature.

Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1000,00.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in
favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 28.3.2014

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