Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31798 del 28/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31798 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MEI GIUSEPPE N. IL 04/10/1945
FASANARI LAMBERTO N. IL 15/04/1957
avverso la sentenza n. 464/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
15/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/02/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Mario Fraticelli, ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente Fasari Lamberto è presente l’Avvocato Giulio Salvatore Piras, il quale si riporta
al ricorso.
Per il ricorrente Mei Giuseppe è presente l’Avvocato Francesca Conte la quale chiede
l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione del reato.

1. I difensori di Mei Giuseppe e Fasari Lamberto propongono separati ricorsi per
cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Lecce in data 15 aprile
2013 che ha dichiarato non doversi procedere contro gli appellati per le fattispecie di
reato di cui ai capi a) e c), anteriori alla data del 24 gennaio 2003, rideterminando la
pena e confermando, nel resto, la sentenza emessa dal Tribunale di Lecce in data 16
settembre 2009, con la quale entrambi gli imputati erano stati ritenuti colpevoli dei
reati di truffa e falso, con condanna anche al risarcimento dei danni da liquidarsi in
favore della parte civile e al pagamento di una provvisionale pari ad euro 10.000.
2. Il Tribunale ha affermato la responsabilità penale di Mei e Fasari in relazione a due
episodi di truffa aggravata, per avere raggirato Surdo Enrico, legale rappresentante
della società Kubico Srl, qualificandosi, Mei Giuseppe, come avvocato conoscitore degli
ambienti del Ministero di Giustizia e come persona informata sulle procedure delle gare
di appalto e Fasari Lamberto, presentatosi sotto il falso nome di Rinaldi Francesco
Maria, come funzionario del Ministero, inducendolo a partecipare a una fittizia gara
d’appalto e a tal fine (capo b) formando diversi documenti falsi, apparentemente
rilasciati dal Ministro di Giustizia, Roberto Castelli, nonché del reato di truffa aggravata
(capo c) per avere indotto, con le medesime modalità, Nestola Marcello, legale
rappresentante della S.r.l. CEM a concludere analogo contratto, sulla base anche dalla
predisposizione di diversi atti falsi (capo d), apparentemente rilasciati dal Ministro di
Giustizia.
3. Con la sentenza di primo grado gli imputati sono stati assolti dai reati di millantato
credito e contraffazione di sigillo di Stato, perché il fatto non sussiste, e condannati per
i delitti previsti all’art. 640 c.p, loro contestati ai capi a) e c) e quelli previsti dagli
articoli 469 e 476-482 del codice penale, loro contestati ai capi b) e d), unificati per la
continuazione.
4. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto appello il difensore di Mei Giuseppe,
deducendo che la prova era stata desunta dalle testimonianze delle persone offese
senza alcuna valutazione sull’attendibilità, mentre la falsità degli atti elencati nei capi di
imputazione era stata accertata solo con riferimento ad uno di essi, il decreto
ministeriale del 6 maggio 2003, espressamente disconosciuto dal Ministro, Roberto
Castelli. Ha richiesto l’integrazione dell’attività istruttoria per l’assunzione delle

RITENUTO IN FATTO

testimonianze del notaio Cavicchioni e delle due persone che avevano messo in contatto
le parti offese con Mei Giuseppe. Il difensore di Fasari Lamberto ha dedotto la
mancanza di responsabilità dell’imputato per avere agito in buona fede; aggiungendo
che, in ogni caso, l’apporto era stato inesistente o minimo ai sensi dell’articolo 114 del
codice penale, richiedendo l’esame del notaio Cavicchioni e delle altre persone che
conoscevano le singole fasi del ruolo svolto da Fasari e i suoi rapporti con Mei Giuseppe.
5. La Corte d’Appello di Lecce ha, preliminarmente, definito le condotte per le quali era

soggettiva del dichiarante e oggettiva della narrazione, la versione fornita dalle parti
offese, Surdo Enrico, costituito anche parte civile e Nestola Marcello, ritenendo
superflua ogni ulteriore testimonianza. A seguito del parziale proscioglimento degli
imputati, dichiarando non doversi procedere contro gli appellanti, Mei Giuseppe e Fasari
Lamberto, per i fatti dei reati ritenuti a loro carico della sentenza di primo grado,
commessi prima della data del 24 gennaio 2003, la Corte territoriale ha rideterminato la
pena in anni tre e mesi cinque di reclusione ed euro 500 di multa, per Mei Giuseppe e
anni uno e mesi 11 di reclusione ed euro 350 di multa, per Fasari Lamberto,
confermando nel resto la sentenza appellata e condannando gli imputati al pagamento
delle spese processuali a favore della vita parte civile, Srl Kubico.
6. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di Mei Giuseppe
lamentando:

violazione ed errata applicazione dei criteri di ermeneutica probatoria di cui agli articoli
192 e 546 del codice di rito;

richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per consentire l’esame
testimoniale di My Sandro e del notaio Cavicchioni;

violazione del diritto alla prova e dei criteri probatori previsti dall’articolo 192 del codice
di rito;

vizio di motivazione con riferimento al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni rese
dalla parte offesa.

Il difensore di Fasari Lamberto deduce:

mancata assunzione di una prova decisiva, con riferimento alle dichiarazioni del notaio

maturato il termine di prescrizione; ha ritenuto caratterizzata da attendibilità,

Cavicchioni,

mancanza e manifesta illogicità della motivazione, riguardo alla rideterminazione della
pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.
1. Preliminarmente, rileva la Corte che per le residue condotte illecite è maturato il
termine di prescrizione alla data 6 marzo 2013, ma l’inammissibilità del ricorso per
cassazione per manifesta infondatezza dei motivi, non consentendo il formarsi di un2.)(

valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non
punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta
nelle more del procedimento di legittimità. (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013 – dep.
08/07/2013, Ciaffoni, Rv. 256463). Le censure, per quello che si dirà, risultano del tutto
destituite di fondamento, sia perché contrarie in maniera evidente a dati documentali,
sia perché sconfessate da consolidati principi giurisprudenziali in materia.
2. Dalle risultanze processuali emerge pacificamente che il decreto ministeriale, datato 6

formalmente disconosciuto, con denunzia querela del 21 novembre 2004, dal Ministro
della Giustizia, dr Roberto Castelli. A quel decreto sono allegate le opere relative
all’istituto di credito Bancapulia, che ha richiesto al Ministero il pagamento di un
presunto credito di tale società, attestato dalla fattura emessa il 25 luglio 2003 dalla
società, con la quale la stessa ha richiesto alla banca un’anticipazione.
3. Fasari Lamberto ha confessato i fatti commessi, precisando che, sulla base delle
istruzioni fornite da Mei Giuseppe, aveva firmato una serie di documenti con il falso
nome di Rinaldi Francesco Maria e che aveva incontrato le parti offese, presentandosi
con quello stesso nome ed eseguendo quanto gli era stato richiesto dal Mei. La
collaborazione di Fasari Lamberto era, quindi, essenziale per perfezionare defie due
truffe che passavano attraverso i falsi, poiché l’imputato aveva bisogno di una persona
che operasse apparentemente come referente del Ministero di Giustizia, comparendo
personalmente davanti al notaio e mantenendo i rapporti con le parti offese.
4. Rispetto a tale quadro oggettivo la difesa dei ricorrenti, ed in particolare quella di Mei

maggio 2003, di liquidazione di euro 8000 in favore della società CEM, è stato

/A

Giuseppe, deduce che, seppure le dichiarazioni della par‘ offesa possono essere / A
assunte da sole come fonte di prova, devono essere sottoposte a un attento controllo di
credibilità oggettiva e soggettiva, pur non richiedendo necessariamente riscontri
esterni. In particolare, qualora la persona offesa, con caso di specie, si sia costituita
anche parte civile, il controllo di attendibilità deve essere più rigoroso. Secondo la
difesa, la Corte territoriale non avrebbe, sottoposto le dichiarazioni rese dalla parte
offesa, Surdo Enrico, ad alcun vaglio di credibilità per verificare la coerenza logica e
l’attendibilità intrinseca. Il Tribunale, prima e la Corte territoriale, dopo, hanno ritenuto
falsificati da Mei Giuseppe documenti non formalmente disconosciuti dal Dicastero di
Giustizia.
5. Le censure sono manifestamente infondate.
6. La Corte territoriale, con motivazione corretta e adeguatamente argomentata, ha
evidenziato che, sebbene la giurisprudenza non richieda la presenza di riscontri, tali
elementi ulteriori sussistono, nel caso di specie. La Corte ha ribadito la pacifica ie(falsità
degli atti indicati ai capi b) e d), in conseguenza dei quali le due società non avrebbero
potuto ottenere alcuna somma da parte del Ministero di Giustizia.

7. Tali documenti, uno dei quali formalmente disconosciuto dal Ministro di Giustizia con la
denunzia querela del 12 novembre 2004 (Decreto Ministeriale del 6 maggio 2003),
costituiscono riscontro oggettivo e insuperabile all’attendibilità delle dichiarazioni rese
dalle parti offese, Nestola Marcello e Surdo Enrico.
8. Con ulteriore motivo di ricorso, i difensori di Mei e Fasari lamentano il mancato
accoglimento della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attraverso
l’ascolto di due testi ritenuti fondamentali per escludere la responsabilità degli imputati.

dovuto chiarire i presupposti e i termini dell’accordo intervenuto tra Surdo Enrico e Mei
Giuseppe e, il notaio Cavicchioni avrebbe dovuto riferire sul contenuto degli incontri
avvenuti tra tali soggetti presso il suo studio. L’esame dibattimentale avrebbe
contribuito a fornire un riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, ritenute dalla
difesa, vaghi e contraddittori.
9. La censura è manifestamente infondata. Non ricorrono i presupposti per la prova
decisiva di cui all’articolo 606, lett. d), che è quella che può radicalmente modificare
l’assetto probatorio del processo, poiché non vi sono dubbi sul ruolo dei due imputati,
sulla identificazione degli stessi attraverso l’arresto di entrambi nello studio del notaio
Cavicchioni e sulla condotta illecita riscontrata documentalmente delle attività svolte,
anche attraverso la conclusione dei relativi contratti. Tali rilievi consentono di superare
le ulteriori doglianze della difesa di Mei, relative alla generica prospettazione di una
violazione del diritto alla prova dell’imputato e del principio di presunzione di innocenza,
in relazione al quale la persistenza di perplessità avrebbe dovuto imporre al giudice di
assolvere l’imputato in virtù del principio dell’ “oltre il ragionevole dubbio”.
10.Le doglianze poste a sostegno del ricorso di Fasari Lamberto in ordine al trattamento
sanzionatorio sono prive di rilievo essendo maturato il termine di prescrizione per tutti i
reati.
11.Manifestamente infondato, infine, è il motivo di ricorso relativo all’errata applicazione
dell’articolo 157 del codice di rito, prospettato dalla difesa di Mei, poiché, come

In particolare, l’esame del teste My Sandro (richiesto solo dalla difesa di Mei), avrebbe

correttamente evidenziato dalla Corte d’Appello, con motivazione assolutamente
puntuale ed analitica, il termine di prescrizione era scaduto soltanto per i reati
commessi dagli imputati, prima della data del 24 gennaio 2003.
12.1 ricorsi vanno, conseguentemente, dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1000, ciascuno, in favore della
Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

42-)7

Così deciso in Roma il 28/02/2014
idente

Il Consigliere estensore

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