Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31776 del 05/12/2012
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31776 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) CASTIGLIA GIOVANNI ORAZIO N. IL 30/06/1984
avverso la sentenza n. 1069/2012 TRIBUNALE di CATANIA, del
06/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
Data Udienza: 05/12/2012
n.157 Ricorrente CASTIGLIA Giovanni Orazio
Motivi della decisione
L’imputato ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, avverso la
cod. proc. pen. in quanto ritenuto responsabile del delitto di furto aggravato
commesso in Catania il 24 febbraio 2012.
Il gravame è manifestamente infondato.
Giova invero ricordare che nel “patteggiannento”, una volta che il giudice abbia
ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di
legittimità,
questioni con riferimento – non solo alla sussistenza ed alla
qualificazione giuridica
del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla
applicazione e comparazione delle circostanze – ma anche alla entità ed alle
modalità di applicazione della pena,salvo che non si versi in ipotesi di pena
illegale: ipotesi neppure prospettata dal ricorrente (cfr.,ex multis: Sezione VII,
21 dicembre 2009, El Hanana). Quanto alla mancata applicazione del disposto
dell’art. 129 cod. proc.pen., va detto che il Giudice di prime ha escluso la
ricorrenza di cause di proscioglimento, alla stregua della documentazione in atti.
Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile. D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena
pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue
che, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, l’imputato non
può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
sentenza di cui in epigrafe recante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444
medesimo accettato a fronte della congrua ed esaustiva motivazione della
sentenza, testè richiamata.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della cassa
delle ammende della somma di euro 1.500,00, a titolo di sanzione pecuniaria,
trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
colpa, del ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13
giugno 2000).
PQM
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A_
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma,lì 5 dicembre 2012.