Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31772 del 06/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31772 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROTONDALE ELIO N. IL 18/04/1950
avverso l’ordinanza n. 1424/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
17/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
lette/seatite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

AA -co-v)-2 –

Data Udienza: 06/06/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 17.01.2013 la Corte d’appello di Napoli, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da Elio Rotondale tesa ad
ottenere la conversione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno, a lui inflitta
con sentenza della Corte d’assise di Napoli in data 28.04.1998, con quella di anni
30 di reclusione.La richiesta era stata avanzata dal predetto condannato invocando i principi

Rilevava però la Corte territoriale come, nella fattispecie, tali principi non
potessero essere applicati, posto che il Rotondale aveva chiesto il rito abbreviato
solo nella fase di legittimità, così che la sua richiesta era stata rigettata dalla Corte
di Cassazione. Non vi erano, pertanto, le condizioni -già precisate dalla Corte di
legittimità nella sue pronunce sul tema- per accogliere l’istanza.2.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto

condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione, in particolare argomentando -in sintesi- nei seguenti termini : – egli
durante il primo e secondo grado del processo non poteva chiedere il rito
abbreviato ostandovi il disposto normativo; lo chiese il 04.03.2000 appena entrò in
vigore la L. 479/99, quando ormai era aperta la fase di legittimità; in siffatta
situazione la chiesta conversione avrebbe dovuto essere concessa; – la CEDU aveva
stabilito il principio che l’art. 442 Cod. proc. pen. è norma di diritto sostanziale ed
aveva posto il divieto di applicare retroattivamente legge penale meno favorevole.Con memoria datata 28.05.2014 la difesa del Rotondale ribadiva le tesi
sostenute nel ricorso, anche in replica alla requisitoria del Procuratore Generale
presso questa Corte che, con ampia ed articolata argomentazione, aveva chiesto
volersi dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione.Considerato in diritto
1. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile
con ogni dovuta conseguenza di legge.2. Ed invero sul tema proposto dal ricorso deve essere ricordato come la
giurisprudenza di questa Corte -con affermazione che va qui ribadita- abbia in
modo unanime insegnato che il principio discendente dalla sentenza della CEDU sul
caso Scoppola c. Italia, su cui il ricorrente ha fondato la richiesta, si può applicare
soltanto a coloro che abbiano effettivamente ottenuto il rito abbreviato nel periodo
1

stabiliti dalla CEDU con sentenza 17.09.2009, nel noto caso Scoppola contro Italia.-

di vigenza della L. 479/99, perché solo in quel caso, che dunque non può essere
generalizzato, l’intervenuta modifica legislativa ebbe a creare un irragionevole
pregiudizio a carico dell’imputato (sul punto, assolutamente pacifico, cfr. Rv.
254524, 254212, 254096, 251857, 253093, 252211; ecc.).In particolare va ricordato come sui temi in questione, oggetto della presente
decisione, siano già intervenute due fondamentali decisioni delle Sezioni Unite di
questa Corte di Cassazione, entrambe pronunciate in data 19.04.2012, la n. 34233,

10.09.2012), sentenze -che affrontano in modo esaustivo le varie problematichealle quali il Collegio in convinta adesione si conforma.Orbene, va dapprima rilevato che -in via generale- “le decisioni della Corte EDU
che evidenziano una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna
sostanziale con la Convenzione EDU assumono rilevanza anche nei processi diversi
da quello nell’ambito del quale è intervenuta la pronuncia della predetta Corte”
(così la predetta sentenza Ercolano, massima n. 252933).Di poi, sempre uniformandosi al dictum di questa Corte nella sua massima
espressione nomofilattica, va rilevato come, quanto al circoscritto aspetto della
determinazione della pena, l’art. 442 Cod. proc. pen. sia norma di diritto materiale
(così recependo la sostanza della decisione del caso Scoppola c. Italia).Va quindi ricordato come sia ormai pacifico che idoneo strumento di eventuale
adeguamento interno, al fine di garantire concreta applicazione al principio della
legalità della pena anche nella sua valenza convenzionale (e cioè dovendosi tenere
conto -anche in ossequio alle pronunce della Corte Costituzionale sul tema- dei
principi della Carta dei Diritti dell’Uomo quali espressi dalla CEDU), possa essere
l’incidente di esecuzione ex art. 670 Cod. proc. pen., nell’ambito del quale superare
-se del caso- il giudicato.Tutto ciò premesso e ritenuto, va affermata la concreta inapplicabilità del
principio discendente dalla sentenza della CEDU in data 17.09.2009 (nel caso
Scoppola c. Italia) a tutte quelle situazioni che non siano sovrapponibili, nei loro
elementi essenziali aventi rilievo nello schema sopra illustrato, alla situazione
valutata dall’anzidetta Corte sovranazionale. In particolare -facendo sempre
riferimento a quanto è dato leggere nella citata sentenza Giannone delle SS.UU.- la
conversione della pena dell’ergastolo in quella di anni trenta è possibile, in sede
esecutiva, solo ove il rito abbreviato sia stato effettivamente ammesso tra il 02
Gennaio ed il 24 Novembre 2000, e cioè nella vigenza dell’art. 30, comma 1, lett. b,
L. 479/99 (che prevedeva che, in esito al rito speciale, all’ergastolo si sostituisse la
2

in proc. Giannone (dep. il 07.09.2012) e la n. 34472, in proc. Ercolano (dep. il

pena di anni trenta di reclusione), mentre la decisione definitiva sia stata
pronunciata dopo il 24.11.2000, con applicazione del D.L. 341/2000 (che
ripristinava l’ergastolo senza isolamento diurno). Tutti i casi diversi da quello
appena delineato, siccome strutturalmente non riconducibili a quello per cui è stato
espresso il principio, non possono dunque trovare soluzione positiva, in mancanza
dell’indefettibile presupposto logico-giuridico.La recente pronuncia della Corte Costituzionale n. 210/2013, del resto, non ha

In base a quanto sopra, pertanto, il ricorso del Rotondale deve essere rigettato,
posto che la mancata ammissione al rito abbreviato (a suo tempo chiesto in fase di
legittimità, ma non ammesso), secondo le regole processuali del tempo, non
toccate dalla pronuncia sovrannazionale, ha consolidato il giudizio con rito ordinario
(il che, nella fattispecie, è dato processuale pacifico). Ed invero la natura
sostanziale della diminuente premiale per il rito abbreviato, predicata dalla CEDU,
non implica la trasformazione della natura processuale di tutta la restante
normativa concernente i presupposti, i termini e le modalità di accesso al rito in
questione, rimessi alla scelta del legislatore nazionale, aspetti non immutati dalla
giurisprudenza comunitaria. Sul punto, centrale per le presente decisione, va
ribadito che il rito abbreviato è forma alternativa processuale che attiene alla fase
di cognizione, di tal che la richiesta formulata in sede di legittimità era destinata ad
essere indefettibilmente dichiarata -come lo fu- inammissibile. Peraltro, sulla
legittimità convenzionale delle limitazioni, nel diritto interno, all’ammissibilità della
richiesta del rito abbreviato, in quanto previste da norme di diritto processuale e
non sostanziale (e così indirettamente, ma sostanzialmente, confortando l’impianto
decisorio di questa Corte sul tema), si è già espressa la CEDU nella pronuncia
27.04.2010 nella causa Morabito contro Italia.In tal senso è assolutamente evidente, dunque, che difettano completamente,
nel caso del ricorrente, i presupposti processuali per rendere concretamente
operativi i principi espressi dalla CEDU nel citato caso Scoppola, in ossequio al
quadro sistematico discendente dalle sopra citate sentenze

Ercolano e Giannone

delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, nonché dalle decisioni della Corte
Europea, come del resto ribadito da questa Corte nelle sue numerose decisioni
conformi su casi analoghi.3. In definitiva il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve
essere dichiarato inammissibile ex artt. 591 e 606, comma 3, Cod. proc. pen.-

3

immutato tale quadro sistematico che, in sostanza, è stato anzi convalidato.-

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza
del disposto dell’art. 616 Cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua,
di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili
di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000),
proposto nonostante il contrario dictum delle Sezioni Unite di questa Corte e la
chiara definizione delle pronunce sovranazionali sullo specifico tema.-

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.Così deciso in Roma il 06 Giugno 2014 Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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