Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31754 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31754 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Lt,
DESCISCIOLO, ato a Barletta il 9 maggio 1975,

avverso l’ordinanza in data 9 maggio 2013 del Magistrato di sorveglianza di
Lecce nel proc. n. 8/2011.

Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del Pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in
persona del Sostituto procuratore generale, Antonio Mura, il quale ha concluso
per l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Magistrato di
sorveglianza per nuovo esame.

RILEVATO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Magistrato di sorveglianza di Lecce
ha respinto l’istanza di remissione del debito, avanzata da Descisciolo Luigi, in
relazione ai numeri di campione penale di cui all’allegato al medesimo
provvedimento, perché il Descisciolo, dopo la remissione in libertà, in data 15
aprile 2011, si era reso responsabile di guida senza patente ed era stato

Data Udienza: 20/05/2014

sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di
soggiorno, come riferito nella nota della Questura di Lecce del 26 gennaio 2013,
sicché la sua condotta penitenziaria doveva ritenersi solo formalmente rispettosa
della disciplina e, pertanto, inidonea a renderlo meritevole del beneficio richiesto.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il

b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 115 del
2002 e il vizio di motivazione.
Il Magistrato di sorveglianza avrebbe omesso di considerare la regolare
condotta del Descisciolo in carcere e nella comunità di recupero per
tossicodipendenti “Arcobaleno”, nel corso dell’esecuzione delle numerose
sentenze di condanna cui si riferivano le spese processuali oggetto delle richieste
di pagamento, valorizzando esclusivamente il comportamento in libertà
dell’istante ad esecuzione terminata, in contrasto con la chiara disposizione
dell’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 115 del 2002 che impone di valutare, ai fini della
remissione del debito, oltre alle disagiate condizioni economiche dell’interessato,
esclusivamente la sua condotta nel corso dell’esecuzione della pena in regime
detentivo o alternativo alla detenzione, come ritenuto anche dalla costante
giurisprudenza di legittimità.

3. Il Pubblico ministero presso questa Corte ha ritenuto fondato il ricorso e
ha chiesto, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio degli
atti al Magistrato di sorveglianza per nuovo esame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
L’art. 6 d.P.R. 30/05/2002, n. 115, Testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia di spese di giustizia, distingue due ipotesi di
remissione del debito per spese relative al processo penale: quella in cui
l’interessato non è stato detenuto o internato con riguardo al titolo cui le spese
ineriscono e quella in cui l’interessato è stato, invece, detenuto o internato per il
titolo di riferimento, aggiungendosi, in quest’ultimo caso, alle spese del processo
quelle di mantenimento.
In entrambi i casi la remissione del debito postula le disagiate condizioni
economiche dell’interessato e la regolare condotta: in istituto se l’interessato è
stato detenuto, in libertà se l’interessato non è stato detenuto; con delimitazione
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Descisciolo personalmente, il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.

temporale della valutazione della condotta alla durata di esecuzione della pena in
carcere o in misura alternativa alla detenzione (Sez. 1, n. 10745 del
18/02/2009, dep. 11/03/2009, Mbaye, Rv. 242893; Sez. 1, n. 29366 del
21/05/2009, dep. 16/07/2009, Verzì, Rv. 244308), e, in assenza di esecuzione,
al periodo in cui la pena è rimasta condizionalmente sospesa (Sez. 1, n. 16136
del 29/03/2012, dep. 02/05/2012, Finazzo, Rv. 252576).

necessaria correlazione del beneficio al processo cui le spese ineriscono e,
quindi, alla durata di esecuzione della pena inflitta ovvero al tempo in cui essa è
rimasta sospesa sub condicione, in tal modo evitandosi sperequati criteri di
valutazione a seconda che l’esecuzione abbia o meno avuto luogo, con
dilatazione tendenzialmente illimitata del requisito della regolare condotta in
libertà.
Nel caso in esame, il Magistrato di sorveglianza ha respinto l’istanza del
condannato, già detenuto in esecuzione delle pene subite, sulla base del
comportamento tenuto dallo stesso al di fuori dell’ambito temporale di espiazione
delle condanne, con la conseguenza che la ragione della decisione travalica i
confini applicativi della remissione del debito, correlati dall’art. 6 d.P.R. n. 115
del 2002, cit., alla sola regolarità della condotta dell’istante durante il tempo di
esecuzione della pena cui si riferisce la condanna determinante il debito verso lo
Stato per le spese processuali, oggetto della domanda di remissione (Sez. 1, n.
27200 del 28/05/2013, dep. 20/06/2013, Chatibi, Rv. 256617), senza che sia
richiesto l’ulteriore e diverso requisito del conseguito ravvedimento del
condannato ovvero la mancata commissione di altri reati dopo l’esaurimento
della precedente esecuzione.
Sussiste, pertanto, la violazione di legge denunciata, con riguardo all’art. 6,
comma 2, d.P.R. n. 115 del 2002, poiché la decisione impugnata postula un
elemento non richiesto dal legislatore, diverso dalla regolarità della condotta nel
tempo di esecuzione della pena, come definita dall’art. 30 ter, comma 8, Ord.
Pen., nel senso di manifestazione, durante la detenzione, di costante senso di
responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle attività
organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative o culturali.
Tale requisito, in concorso con le pur richieste disagiate condizioni
economiche, è coerente con la ratio dell’istituto diretto a premiare e promuovere
la corretta condotta in carcere, nell’interesse pubblico alla sicurezza degli istituti
di pena, e, nel contempo, a favorire il reinserimento sociale del condannato ove
l’adempimento dei debiti di giustizia lo renderebbe troppo gravoso, in relazione
alle sue condizioni economiche, e potrebbe ingenerare nuove spinte criminogene
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Tale delimitazione temporale, nell’uno e nell’altro caso, è funzionale alla

(Sez. 1, n. 13611 del 13/03/2012, dep. 12/04/2012, Valenti Rv. 252292; Sez.
1, n. 14541 del 24/01/2006, dep. 27/04/2006, Mangione, Rv. 233939).

2. Alla luce di quanto precede va disposto, a norma dell’art. 623, comma 1,
lett. a), cod. proc. pen., l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al
Magistrato di sorveglianza di Lecce, il quale, come imposto dall’art. 627, comma

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di
sorveglianza di Lecce.

Così deciso, in Roma, il 20 maggio 2014.

3, cod. proc. pen., si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.

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