Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31752 del 23/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 31752 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DASDIA UMBERTO N. IL 20/09/1974
avverso l’ordinanza n. 197/2015 TRIB. LIBERTA’ di GENOVA, del
30/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
,1e/sentite le conclusioni del PG Dott. F-ti
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Uditi difensor Avv.;

A e’a4r2—4,-,

A,

Data Udienza: 23/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 30 aprile 2015 il Tribunale del riesame di
Genova ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di Dasdia Umberto avverso
l’ordinanza del G.i.p. presso il Tribunale di Genova in data 8 gennaio 2015, che
applicava nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere in
relazione al reato di cui agli artt. 56, 110 c.p., 73 e 80, comma 2, d.P.R. n.
309/90, per avere – agendo quale autore materiale in accordo con Talotta

estrarre da un container sbarcato 1’11 luglio 2014 nel porto di Genova (e
giacente presso l’area VTE di Genova Voltri cui aveva legittimo accesso per
motivi di lavoro) un ingente quantitativo di stupefacente del tipo cocaina ivi
occultato (oltre 150 kg.) ed importato dal Perù.

2. Nell’interesse di Dasdia Umberto è stato proposto ricorso per cassazione
avverso la su indicata ordinanza dal difensore, Avv. Stefano Sambugaro, che ha
dedotto con un motivo unico vizi motivazionali per travisamento della prova,
contraddittorietà e manifesta illogicità, non essendo emerso a suo carico alcun
elemento indiziario dalle risultanze investigative, e in particolare dai contatti
intercorsi fra gli altri indagati nei giorni 12, 13 e 14 luglio 2014.
Da tali emergenze investigative è possibile desumere, diversamente da
quanto affermato dal Tribunale del riesame, che non vi è stato alcun accordo con
i soggetti coinvolti, neppure in relazione ad eventuali ipotesi di compenso,
mentre nessun dato indiziario è emerso circa la ritenuta consapevolezza del
contenuto del container da individuare.
Nessun elemento di fatto, infine, può essere ritenuto idoneo, neppure quale
atto preparatorio, ai fini dell’ipotizzato tentativo, poiché il ricorrente non era in
possesso dei dati corretti del container che avrebbe dovuto a sua volta reperire,
né si era previamente accordato con il duo Pinna – Cavaleri.
Dalle stesse intercettazioni riportate nell’ordinanza, del resto, è emerso che
nessun accordo era stato previamente raggiunto con Paolo Cereghini – anch’egli
coinvolto quale “basista” nell’intera operazione in esame – del quale il ricorrente
non solo possedeva il numero telefonico, ma neanche conosceva in quel
momento l’assenza per ferie.
In definitiva, si assume che la condotta posta in essere dal ricorrente non è
in alcun modo riconducibile ad un’azione di per sé idonea al compimento del
delitto ascrittogli, poiché, anche a voler aderire all’impianto accusatorio, egli si
sarebbe limitato a cercare infruttuosamente un container dalla cui individuazione
sarebbero poi dipese le successive condotte, prima organizzative e poi esecutive,
1

Giuseppe, Alvaro Vincenzo, Cavaleri Giuseppe e Pinna Federico – tentato di

che invece neppure vennero avviate proprio in ragione di quanto ritenuto nello
stesso provvedimento impugnato (mancata individuazione del

container e

assenza del Cereghini).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

sostegno del provvedimento applicativo della su indicata misura coercitiva, e
successivamente scrutinata in termini di adeguatezza dal Giudice del riesame
cautelare, deve ritenersi congruamente sostenuta dall’apparato motivazionale su
cui si radica l’impugnato provvedimento, che ha correttamente proceduto ad una
valutazione analitica e globale degli elementi indiziari emersi a carico del
ricorrente, dando conto, in maniera logica ed adeguata, delle ragioni che
giustificano l’epilogo del relativo percorso decisorio.
Muovendo dalla dettagliata ricostruzione cronologica dei fatti e da una
compiuta disamina del quadro degli elementi indiziari – costituiti, in particolare,
dai diversi contatti intercorsi fra gli indagati al fine di individuare il container con
la sostanza stupefacente e dall’esito delle correlative attività d’intercettazione l’impugnata ordinanza ha puntualmente risposto alle obiezioni difensive (pagg.
2-4), ponendo in evidenza una serie di elementi motivatamente ritenuti
sintomatici del pieno coinvolgimento del ricorrente nelle fasi di realizzazione della
contestata attività delittuosa, e segnatamente: a) che nella notte del 14 luglio
2014 l’indagato entrò nell’area VTE del porto non solo per effettuare il proprio
turno di servizio, ma anche al fine di cercare un container con una sigla, “GLU”,
rivelatasi errata, per essere quella corretta un’altra, ossia “GLDU”,
accompagnata da cifre; b) che al di fuori di quell’area portuale lo attendevano
Pinna e Cavaleri, pronti ad intervenire per il recupero dello stupefacente; c) che
l’assenza di Paolo Cereghini – anch’egli dipendente legittimato ad entrare nella
zona VTE del porto – impedì quella notte al trio Dasdia-Cavaleri-Pinna di
individuare con precisione il

container dal quale doveva essere estratta la

sostanza stupefacente; d) che il ruolo del Dasdia, pertanto, fu quello di basista di
riferimento nel corso della notte tra il 14 ed il 15 luglio, ruolo che la notte
successiva fu invece assunto in via esclusiva dal Cereghini, assieme al quale il
Pinna ed il Cavaleri tornarono sul posto e, muniti di apposite tute da lavoro in
dotazione ai dipendenti, fecero ingresso nell’area VTE, recuperando, anche grazie
all’intervento di Alvaro Vincenzo (organizzatore e referente del traffico assieme
al Talotta), due dei tre borsoni con lo stupefacente oggetto di importazione.
2

2. La gravità del panorama indiziario, già puntualmente evocata dal G.i.p. a

3. A fronte di tale completo apprezzamento delle emergenze procedimentali,
esposto attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi
logici, il ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione tali da
inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal
Tribunale, né ha soddisfatto l’esigenza di una critica puntuale e ragionata che
deve informare l’atto di impugnazione, ma ha sostanzialmente contrapposto una
lettura alternativa delle risultanze processuali, facendo leva sull’apprezzamento

rivisitazione, evidentemente, non è in alcun modo sottoponibile al sindacato di
questa Suprema Corte.

4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo quantificare nella misura di euro mille.
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti di cui all’art. 94,
comma 1-ter, disp. att., c.p.p. .

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma, lì, 23 giugno 2015

Il Consigliere estensore

1-ter,

di profili fattuali già puntualmente vagliati in sede di riesame, e la cui

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