Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31749 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 31749 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

Data Udienza: 09/06/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GAMBINA MATTEO N. IL 01/01/1980
avverso la sentenza n. 2572/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 22/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.EdUaRA o o ‘Trak
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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< 4%4 )7.42e9 RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 22 aprile 2014 la Corte d'appello di Palermo ha confermato la la sentenza emessa dal Tribunale di Marsala il 24 gennaio 2011, che dichiarava Matteo Gambina responsabile del reato di cui all'art. 337 c.p., commesso il 7 agosto 2008, condannandolo alla pena di mesi quattro di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche, per aver proferito frasi minacciose all'indirizzo degli agenti del Commissariato di Marsala, che tentavano San Biagio - dove stava creando disordini dopo esservi giunto in stato di ubriachezza - al fine di impedirgli di danneggiare le suppellettili e di sputare al personale sanitario. 2. Avverso la su indicata pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo violazioni di legge e vizi motivazionali, per manifesta illogicità e contraddittorietà, in relazione alla interpretazione degli artt. 337, 91 e 92 c.p., per quel che attiene all'elemento soggettivo del reato, avendo la Corte d'appello erroneamente affermato che le dichiarazioni rese dai testi della difesa - Bonafede Nicola e Gambina Rosaria - si trovavano in contrasto con le risultanze oggettive costituite dal referto del pronto soccorso e dalla testimonianza del dott. Sciacca Parrinello, quando invece queste ultime si fondavano su circostanze di fatto del tutto coerenti sia con le dichiarazioni dei testi su indicati, sia con quelle delle persone offese, Maggio e Bilardello, entrambi in servizio presso il Commissariato di P.S. di Marsala. Tutti i testi avevano infatti concordemente riferito al Tribunale che l'imputato non si rendeva conto di quel che faceva perché non era capace di intendere e di volere. Le dichiarazioni dei testi Bonafede e Gambina, in particolare, possedevano, in ordine alla mancanza dell'elemento soggettivo del reato, una forza dimostrativa tale che la loro corretta valutazione avrebbe disarticolato l'intero ragionamento svolto in motivazione. Dall'istruttoria dibattimentale è in ogni caso emerso che l'imputato non aveva la coscienza e la volontà di usare violenza e minaccia per opporsi ai pubblici ufficiali, in quanto risultava che egli " non riconosceva neanche i propri familiari" e si trovava in uno stato di non coscienza perché aveva in precedenza sbattuto la testa per terra, arrivando svenuto presso il pronto soccorso. 3. Con motivi aggiunti depositati in cancelleria il 12 maggio 2015 il difensore ha invocato l'applicazione della sopravvenuta causa di non punibilità per tenuità 1 di contenerlo fisicamente all'interno dei locali del pronto soccorso dell'Ospedale del fatto ex art. 131-bis c.p., come introdotta dal d. igs. n. 28/2015, chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, anche in ragione del fatto che i Giudici di merito hanno applicato il minimo della pena, evidentemente considerando la condotta di modesto rilievo penale, e non ne hanno mai escluso la tenuità. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile, in quanto sostanzialmente orientato a riprodurre un quadro di argomentazioni già ampiamente vagliate e correttamente disattese dai Giudici di merito, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, in tal guisa richiedendo, sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell'impugnata decisione. Il ricorso, dunque, non è volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu ocu/i percepibili, né a sviluppare un adeguato confronto criticoargomentativo rispetto all'ordito motivazionale, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha linearmente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento del tema d'accusa e gli elementi costitutivi della correlativa affermazione di responsabilità. 2. Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in risalto nella sentenza di primo grado, la cui struttura motivazionale viene a saldarsi perfettamente con quella d'appello, sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, la Corte distrettuale ha congruamente ed esaustivamente vagliato l'intero quadro probatorio, confutando (in particolare nelle pagg. 3-6) le obiezioni mosse dalla difesa riguardo alla corretta valutazione delle deposizioni rese da testimoni legati all'imputato da uno stretto vincolo di parentela e ponendo segnatamente in evidenza, sulla base delle univoche risultanze offerte dalla documentazione sanitaria e dai chiarimenti resi dal medico che si occupò del Gambina all'atto del suo arrivo al pronto soccorso, il carattere dirimente dei seguenti elementi di prova: a) che quest'ultimo presentava delle contusioni e si trovava in una condizione di estrema agitazione, ma non era in stato confusionale; b) che si trovava in stato di ubriachezza, volontariamente procurato nelle prime ore del pomeriggio, presentando un tasso alcoolemico piuttosto elevato; c) che le lesioni al capo erano assolutamente 2 1. superficiali e non in grado di incidere sulla capacità del soggetto di comprendere la realtà circostante ed orientarsi consapevolmente, con la conseguente esclusione di fattori tali da annullare o anche solo diminuire la capacità di intendere e di volere; d) che la condotta tenuta dall'imputato al suo arrivo al pronto soccorso - dove pretendeva di essere subito medicato lamentandosi per non avere ricevuto cure tempestive - e quella successivamente tenuta allorquando gli agenti di P.G. tentarono di contenere la sua violenta reazione all'interno dei locali ospedalieri, cercando di bloccarlo e identificarlo mentre motivatamente ritenute indicative della piena consapevolezza di quanto stava accadendo, dimostrando come la sua reazione fosse sostenuta da una motivazione logica che, per quanto inaccettabile, denotava piena capacità di comprensione e autodeterminazione al momento del fatto, unitamente alla volontà di opporsi, con atti violenti e gravemente minacciosi, all'espletamento di atti legittimamente compiuti dai pubblici ufficiali in quel frangente intervenuti. 3. Sulla stregua di siffatte emergenze probatorie, deve ritenersi che l'impugnata pronunzia abbia fatto buon governo del quadro di principii che regolano la materia in esame, avendo questa Suprema Corte ormai da tempo affermato il principio secondo cui la colpevolezza di una persona in stato di ubriachezza deve essere valutata secondo i normali criteri d'individuazione dell'elemento psicologico del reato e, poiché l'art. 92 cod. pen. nel disciplinarne l'imputabilità nulla dice in ordine alla di lui colpevolezza, questa deve essere apprezzata alla stregua delle regole dettate dagli artt. 42 e 43 cod. pen. (da ultimo, v. Sez. 6, n. 38513 del 22/05/2008, dep. 09/10/2008, Rv. 241399). A tale riguardo, invero, si è precisato che l'azione esercitata sulla psiche dall'alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato non impedisce di accertare il dolo diretto, per la cui esistenza non è richiesta affatto un'analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto - come dalla Corte distrettuale puntualmente spiegato nel caso in esame - che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l'evento ideato e voluto (Sez. 1, n. 5175 del 17/12/2012, dep. 01/02/2013, Rv. 255179). Ne discende che, nel caso di reato commesso in stato di ebbrezza alcoolica non accidentale nè preordinata, ai fini dell'affermazione della responsabilità dell'agente è decisivo l'atteggiamento psichico, sia pure abnorme, del momento in cui il fatto si è verificato: trattandosi di delitto doloso, la responsabilità del soggetto deve essere esclusa soltanto se risulti, in concreto, che il fatto è stato commesso per colpa o comunque non è stato voluto (Sez. 1, n. 2509 del 3 dt, inveiva contro il personale medico e danneggiava le suppellettili, sono state 28/04/1989, dep. 22/02/1990, Rv. 183426; Sez. 1, n. 42387 del 28/09/2007, dep. 16/11/2007, Rv. 238111): evenienze, quelle or ora considerate, la cui presenza nel caso in esame i Giudici di merito hanno motivatamente ritenuto di escludere in ragione dei su evidenziati rilievi. 4. Conclusivamente, deve ritenersi che la Corte d'appello ha compiutamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione del delitto oggetto del correlativo tema d'accusa, ed ha la conclusione che la ricostruzione proposta dalla difesa si poneva solo quale mera ipotesi alternativa, peraltro smentita dal complesso degli elementi di prova processualmente acquisiti. La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su un quadro probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e come tale in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logico-argomentativa. In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione del compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti accertati nelle pronunzie dei Giudici di merito, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l'iter argonnentativo ivi tracciato, ed a verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu ()culi percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle correlative acquisizioni processuali. 5. A prescindere dalla questione relativa alla possibilità di rilevare d'ufficio, in sede di giudizio di legittimità, la speciale esimente di cui all'art. 131-bis c.p. in caso di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza, deve rilevarsi che dalla motivazione delle decisioni di merito, e dalla stessa formulazione dei motivi aggiunti dalla difesa depositati ai sensi dell'art. 585, comma 4, c.p.p., non emergono sotto alcun profilo, né sono stati dal ricorrente specificamente prospettati, elementi di giudizio idonei a configurare la sussistenza dell'ipotesi di particolare tenuità del fatto introdotta dal d. Lgs. n. 28/2015. 6. Per le su esposte considerazioni, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro mille. 4 evidenziato al riguardo gli aspetti maggiormente significativi, dai quali ha tratto P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Il Consigliere estensore Così deciso in Roma, lì, 9 giugno 2015

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