Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31748 del 20/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 31748 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FONDINO GIOVANNI N. IL 05/03/1967
SACCO MARIO N. IL 28/06/1979
avverso la sentenza n. 22405/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott. ,L
,e/ELZ„. (.2
che ha concluso per ,e
(m/L

e4;7,d7‘#&

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 27 giugno 2014 la Corte d’appello di Napoli,
decidendo su rinvio della Suprema Corte di Cassazione a seguito della sentenza
n. 48128 del 13 novembre 2013, ha rigettato la richiesta di concessione del
beneficio delle circostanza attenuanti generiche ed ha per l’effetto confermato, ai
fini della pena, la sentenza emessa dalla medesima Corte d’appello il 25 gennaio
2012 nei confronti di Fondino Giovanni e Sacco Mario, già condannati per i reati

illegali di armi loro rispettivamente ascritti.

2. Nell’interesse di Giovanni Fondino ha proposto ricorso per cassazione il
suo difensore, deducendo violazioni di legge e vizi motivazionali con riferimento
agli artt. 62-bis e 133 c.p., per non avere la Corte distrettuale considerato che i
precedenti penali del reo non costituiscono un elemento ostativo all’applicazione
delle attenuanti generiche e che l’imputato, inoltre, ha reso dichiarazioni
confessorie ammettendo la propria responsabilità in merito ai fatti di causa,
circostanza, questa, che avrebbe dovuto esser valutata anche ai fini della
mitigazione del trattamento sanzionatorio, e non solo in vista di eventuali
benefici penitenziari.
Ulteriori aspetti di contraddittorietà vengono dal ricorrente lamentati
riguardo alla valutazione del movente, ritenuto di natura personale e, al
contempo, inidoneo a fondare la concessione del beneficio sul presupposto che i
fatti sarebbero maturati in un contesto camorristico.

3. Nell’interesse di Sacco Mario, inoltre, ha proposto ricorso per cassazione il
suo difensore, deducendo, in primo luogo, il vizio di violazione di legge in
relazione agli artt. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. e 24 Cost., per avere la Corte
d’appello negato al difensore, in corso di udienza, il diritto di colloquiare con il
proprio assistito per un minuto.
Si deducono, in secondo luogo, violazioni di legge e vizi motivazionali con
riferimento agli artt. 62-bis c.p., 125, comma 3 e 546, comma 1, lett. e), c.p.p.,
per avere la Corte distrettuale negato le attenuanti generiche sulla stregua di
una “oggettiva gravità dei reati commessi”, nonché della “negativa personalità”
dell’imputato, desumendola dalle condanne per rapina aggravata e per omicidio,
che però, alla data del 25 gennaio 2012, non erano ancora divenute definitive:
tali condanne, infatti, sono divenute definitive solo successivamente alla prima
sentenza di appello pronunziata nella data sopra citata e non potevano, dunque,
essere oggetto di valutazione da parte della Corte. Si lamenta, al riguardo, una
1

di tentato di omicidio in danno di Schiavo Ferdinando e di porto e detenzione

disparità di trattamento con il coimputato, atteso che il Sacco, diversamente dal
Fondino, è stato ritenuto responsabile di un solo tentativo di omicidio, laddove il
parametro della oggettiva gravità del reato è stato utilizzato indifferentemente
per entrambi gli imputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Al riguardo, invero, la Corte distrettuale ha richiamato le modalità dì
esecuzione degli episodi delittuosi oggetto del giudizio di responsabilità nei
confronti di entrambi gli imputati ed ha correttamente illustrato, con motivazione
congrua ed immune da vizi logico-giuridici, le ragioni giustificative del suo
apprezzamento, linearmente incentrato su una valutazione di merito attinente
alla specifica gravità dei comportamenti delittuosi dagli stessi tenuti nel caso in
esame, escludendo la presenza di elementi positivamente valutabili alla luce dei
criteri direttivi enucleati dall’art. 133 c.p., con riferimento alla natura dei motivi
ed alle circostanze che ne hanno caratterizzato la realizzazione, oltre che
all’intensità della determinazione volitiva.
All’ammissione delle proprie responsabilità in sede di spontanee
dichiarazioni, da entrambi gli imputati rese in apertura di udienza, la Corte
d’appello ha correttamente attribuito la valenza di una iniziale resipiscenza che
potrà essere oggetto di valutazione ai fini del percorso rieducativo, ma che non
incide in modo positivo sulla gravità dei fatti commessi, sulla obiettiva capacità
criminale mostrata dagli imputati e sulla cristallizzazione del relativo giudizio di
responsabilità.
In tal senso, nel ribadire una pacifica linea interpretativa di questa Suprema
Corte (Sez. 1, n. 12426 del 24/10/1994, dep. 17/12/1994, Rv. 199886; v.,
inoltre, Sez. 6, n. 6934 del 28/02/1991, dep. 28/06/1991, Rv. 187671; Sez. 6,
n. 11732 del 27/01/2012, dep. 28/03/2012, Rv. 252229), deve osservarsi come
sia del tutto legittimo il diniego delle attenuanti generiche motivato con la
esplicita valorizzazione negativa dell’ammissione di colpevolezza, laddove gli
elementi di responsabilità siano stati già “aliunde” acquisiti.
Nessuna contraddizione è logicamente rinvenibile, inoltre, nella disamina dei
concorrenti motivi di astio personale del Fondino rispetto alla vittima del tentato
omicidio: motivi, da un lato, già emersi e valutati nel processo, e, dall’altro lato,
congruamente ritenuti dalla Corte d’appello inidonei a connotare diversamente il
fatto, siccome certamente programmato e realizzato in un contesto camorristico
volto alla eliminazione di persone vicine ad un gruppo criminale avverso.
2

1. I ricorsi sono inammissibili, in quanto manifestamente infondati.

Né alcun rilievo può assumere, ai fini della valutazione della personalità del
Sacco, l’erroneo riferimento a condanne divenute definitive solo successivamente
alla prima sentenza di appello, avendo la Corte distrettuale incentrato il suo
giudizio sul complesso degli indici desumibili dall’art. 133 c.p., ed in particolare
su quello della oggettiva gravità del reato da lui commesso.
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche e del
beneficio della sospensione condizionale della pena, d’altronde, non è necessario
che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli

nel caso in esame, faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (v. Sez.
6, n. 34364 del 16/06/2010, dep. 23/09/2010, Rv. 248244; Sez. 3, n. 30562 del
19/03/2014, dep. 11/07/2014, Rv. 260136).
Inammissibile, infine, deve ritenersi, per la aspecificità della sua
formulazione, il primo profilo di doglianza enunciato nel ricorso del Sacco,
risultandone del tutto ipotetica e congetturale la prospettazione, laddove fa
riferimento all’intervenuta ammissione di responsabilità da parte dell’imputato peraltro dichiaratosi disponibile a collaborare con la giustizia – senza specificare
in cosa sia consistita la ipotizzata lesione del diritto di difesa e senza precisare
quale sia l’indispensabile nesso logico tra l’oggetto del giudizio di rinvio e la
sostanza della violazione oggetto di censura nel ricorso.

3. Conclusivamente, dunque, deve ritenersi che il diniego delle invocate
attenuanti è stato dalla Corte distrettuale espresso con motivazione adeguata e
rispettosa dei principii e criteri direttivi fissati dall’art. 133 c.p., quale epilogo
decisorio frutto di valutazioni discrezionali correttamente esercitate ed in quanto
tali non assoggettabili a sindacato in questa Sede, ponendosi, di contro, le
deduzioni difensive sul punto formulate nella mera prospettiva di accreditare una
diversa ed alternativa valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti
fattuali che giustificherebbero, in ipotesi, la concessione dell’invocato beneficio.

4.

Per le considerazioni su esposte, dunque, i ricorsi devono essere

dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma
che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di
euro mille.
P.Q.M.

3

dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli, come avvenuto

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle ammende ciascuno.

Così deciso in Roma, lì, 20 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA