Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31748 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31748 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) RAPISARDA PIETRO N. IL 12/02/1961
2) SCIBILIA DAVIDE N. IL 13/10/1982
avverso la sentenza n. 1032/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
26/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 05/12/2012

n.21 Ricorrenti RAPISARDA Pietro – SCIBILIA Davide

Motivi della decisione

Gli imputati ricorrono per cassazione, per tramite dei rispettivi difensori,

colpevolezza in ordine al delitto di cui agli artt.110 cod. pen., 73, comma 10
d.P.R. 309/1990, di illecito trasporto di sostanza stupefacente tipo cocaina – in
ragione di kg. 1,205 – accertato in Catania il 18 aprile 2010,fatta salva la
parziale riforma della sentenza di primo grado previa esclusione dell’aggravante
prevista dall’art. 80, comma 2° del citato d.P.R. e previa applicazione, quanto al
Rapisarda, dell’aumento della pena per effetto della contestata recidiva reiterata,
ex art. 99 cod. pen.
Entrambi gli imputati denunziano vizi di violazione di legge e di difetto della
motivazione in punto al diniego delle attenuanti generiche. Il Rapisarda lamenta
altresì la violazione degli artt. 99, 133 cod. pen. e 597, comma 3° cod. proc.
pen. in relazione all’aumento della pena conseguente alla ritenuta recidiva.
Con memoria depositata in cancelleria il 16 ottobre 2012, il difensore del
Rapisarda, richiamate le doglianze dedotte con il ricorso, ha richiesto la
trattazione del procedimento in pubblica udienza.
I ricorsi sono inammissibili, ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen., perché
proposti per motivi manifestamente infondati. Deve invero rilevarsi che la Corte
distrettuale ha confermato, con corretta e perspicua motivazione, le statuizioni
del Giudice di prime cure, di diniego, ad entrambi gli imputati, delle attenuanti
generiche, avuto riguardo alla gravità del fatto; alla negativa personalità degli
stessi, palesemente inseriti nel contesto delittuoso del traffico di sostanze
stupefacenti; alla capacità a delinquere del Rapisarda, colpito da precedenti
penali ancorchè non specifici;alla sostanziale irrilevanza delle confessioni rese dai
prevenuti, attesi l’arresto in flagranza e la mancata, volontaria comunicazione
agli inquirenti di elementi utili alle successive indagini.
In riferimento all’ulteriore censura dedotta dal Rapisarda in punto alla ritenuta
recidiva, osserva il Collegio che la Corte d’appello non è incorsa in alcuna
violazione di legge ( e segnatamente nella violazione del divieto di reformatio in
pejus )

per aver determinato l’aumento della pena base ( peraltro in misura

inferiore per difetto, rispetto a quanto stabilito da combinato disposto dell’art.
99, commi 1° e 4° cod. pen. ove detto aumento è stabilito in ragione della
metà in caso di recidiva reiterata ) posto che con la proposta impugnazione il

/‘< avverso la sentenza di cui in epigrafe con la quale ne veniva confermata la Procuratore Generale della Repubblica di Catania, denunziata comunque l'inosservanza dell'art. 99, 4 0 comma cod.pen. in cui era incorso il Giudice di prime cure, ebbe a richiedere, nei confronti del Rapisarda, l'applicazione dell'aumento della pena per la " recidiva reiterata ascrittagli ". A nulla rileva pertanto l'esclusione dell'aggravante di cui all'art. 80, comma 2° d.P.R. n. 309/1990 ( disposta dalla Corte d'appello in accoglimento dei gravami degli imputati) che, come altresì sottolineato dal Procuratore Generale impugnante, avrebbe determinato l'inclusione del delitto previsto dall'art. 73 del citato d.P.R. quali ricorre l'aumento obbligatorio della pena, ex art. 99, comma 5° cod. pen. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché ( trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, degli stessi:cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 - 13 giugno 2000 ) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00, ciascuno. P Q N1 Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno al pagamento, a favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.000,00. Così deciso in Roma,lì 5 dicembre 2012. tra quelli di cui all'art.407, comma 2°,Iett.a) n. 6 cod. proc.pen. in ordine ai

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