Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31747 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31747 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) REITANO CARMELO MARIO N. IL 09/09/1987
avverso la sentenza n. 1592/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
25/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 05/12/2012

n.20 Ricorrente REITANO Carmelo Mario

Motivi della decisione

L’imputato ricorre per cassazione per tramite del difensore avverso la
sentenza di cui in epigrafe lamentando vizi di violazione di legge e vizi
motivazionali per la mancata concessione della speciale attenuante prevista

della recidiva contestata, ritenuta facoltativa dalla prevalente giurisprudenza di
legittimità. Il ricorrente fu giudicato responsabile,in esito a giudizio abbreviato,
con doppia statuizione conforme nei gradi del giudizio di merito del delitto di cui
all’art. 73, comma 1 – bis lett. a) d.P.R. n. 309/1990; con la recidiva reiterata
nel quinquennio, commesso in Paternò il 6 settembre 2010 e per l’effetto
condannato, ritenuta in grado d’appello, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, la equivalenza tra le già concesse attenuanti generiche e la
recidiva contestata, alla pena di anni QUATTRO di reclusione ed euro 20.000,00
di multa.
Il ricorso è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
La Corte d’appello di Catania ha invero adeguatamente ed esaustivamente
motivato la conferma della sentenza di primo grado in punto al diniego della
speciale attenuante di cui all’art. 73, comma V° d.P.R. n. 309/1990, apparendo
incontestabili la gravità e l’offensività della condotta,desumibili dal notevole
quantitativo di sostanza stupefacente tipo mari) uana detenuto, pari a gr. 760 dal
quale risultavano estraibili n. 1285 dosi medie droganti, peraltro rinvenuto
occultato in undici buste di cellophane già pronte per il confezionamento e quindi
per lo spaccio capillare ad un numero indeterminato di tossicodipendenti, avuto
anche riguardo alla dotazione dell’indispensabile strumentario: bilancino di
precisione; due scatole contenenti buste di cellophane.
Per ciò che attiene alla recidiva, rileva il Collegio che viene dedotta in questa
sede una pretesa violazione di legge non enunciata con l’ atto d’appello con il
quale l’imputato si era unicamente doluto del mancato riconoscimento della
speciale attenuante del “fatto di lieve entità” e quindi dell’eccessività della pena.
Sul punto deve rimarcarsi che la Corte d’appello,in accoglimento dei gravami
proposti dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania e dal
Procuratore Generale della Repubblica presso la
dichiarò la mera equivalenza delle già

stessa Corte d’appello

concesse attenuanti generiche con la

recidiva contestata ex art. 99, comma 4 0 cod. pen., in tal modo provvedendo ad
emendare l’illegittima statuizione di prevalenza adottata dal Giudice di prime
cure con la sentenza pronunziata il 14 marzo 2011, in violazione del divieto

i

dall’art. 73, comma V° d.P.R. n. 309/1990 e per la mancata disapplicazione

fissato dall’art. 69, comma 4 0 cod. pen., in allora vigente e rimasto tale fino alla
sopravvenuta declaratoria di illegittimità della norma sancita dalla Corte
costituzionale con sentenza 19 settembre 2012 n. 251. Irrilevante risulta
pertanto la tesi sostenuta dal ricorrente che non avrebbe lamentato con l’atto
d’appello, la mancata disapplicazione della recidiva attesa la sostanziale
ininfluenza della stessa sulla quantificazione della pena, per effetto della
declaratoria – peraltro illegittima – di prevalenza delle attenuanti generiche,
potendo dispiegare la ritenuta recidiva, com’è noto, effetti negativi sulla

posizione del ricorrente rispetto ad eventuali benefici,anche a prescindere dalla
diretta incidenza sulla quantificazione del trattamento sanzionatorio; donde
l’incontestabile interesse dell’imputato ad invocarne comunque la
disapplicazione.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente
stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).

P Q M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 a favore della cassa
delle ammende
Così deciso in Roma,lì 5 dicembre 2012.

considerazione complessiva della gravità del fatto e sulla personalità e sulla

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