Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31744 del 01/07/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31744 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BIANCO LUIGI N. IL 20/10/1967
avverso l’ordinanza n. 1513/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
23/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor A

Data Udienza: 01/07/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gabriele Mazzotta,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Napoli ha

applicato a Bianco Luigi la misura cautelare della custodia in carcere in
quanto indagato per il delitto previsto dall’articolo 416 bis del codice

all’associazione di tipo mafioso denominata “clan dei Casalesi”, attiva in
provincia di Caserta ed altrove.
2.

Il tribunale di Napoli, su richiesta di riesame dell’indagato, ha

confermato

l’ordinanza

del

gip,

condividendone

il

percorso

argomentativo ed in particolare la sussistenza dei gravi indizi di
col pevolezza .
3.

Contro la predetta ordinanza propone ricorso per cassazione il

Bianco per i seguenti motivi:
a. con un primo motivo di ricorso lamenta che vi sia stato un
errore di persona, essendo egli fratello di Bianco Franco e non
di Bianco Cesare e non essendo egli stato condannato per il
processo Spartacus III, come erroneamente affermato
nell’ordinanza cautelare (secondo la difesa, dalla lettura della
sentenza nel processo Spartacus III emergerebbe che il Luigi
condannato sia il fratello di Bianco Cesare e non già l’odierno
indagato).
b. Con un secondo motivo di ricorso denuncia che i giudici del
riesame hanno ritenuto sussistenti i gravi indizi di
colpevolezza per il reato di cui all’articolo 416 bis non solo per
la erogazione dello stipendio, ma altresì per il fatto che il
Bianco era già in espiazione per una condanna definitiva per il
medesimo titolo di reato. Poiché egli è in espiazione di pena
per reati comuni, viene meno uno dei gravi indizi e la sola
presenza di un elemento valutativo fortemente indicativo della
corresponsione di emolumenti non può costituire, da sé solo,
una prova della partecipazione alla compagine criminale.
c.

Con un terzo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e
vizio di motivazione con riferimento agli articoli 273, 309 del

1

penale per aver partecipato, in concorso con Carmine Schiavone,

codice di procedura penale e 416 bis del codice penale. Sotto
tale profilo si contesta la ritenuta sussistenza dei gravi indizi
di colpevolezza in ordine al reato di associazione mafiosa,
sotto il profilo della genuinità della “lista stipendi” in cui
compare il nome del ricorrente; della identità grafica delle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia; della mancata prova
di effettiva consegna delle somme a titolo di stipendio; del

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato; quanto alla identità personale dell’indagato,
occorre preliminarmente osservare che egli non produce la sentenza cui
fa riferimento, per cui il ricorso non è sul punto autosufficiente. In ogni
caso, il tribunale del riesame ha risposto alla perplessità dell’indagato,
affermando che non sussistono dubbi in ordine alla sua corretta
identificazione, sulla base delle dichiarazioni rese dal Di Martino e dal
d’Arnbrosio, che hanno effettuato il riconoscimento fotografico del
prevenuto; pure nella sentenza Spartacus III l’odierno indagato sarebbe
il “Gino” indicato nella lista degli affiliati detenuta da Vincenzo
Schíavone, detto “Copertone”. Trattasi di valutazioni in fatto che le
generiche e non supportate doglianze del ricorrente non sono in grado di
contrastare e che non legittimano in sede di cassazione alcun intervento
sulla motivazione, che appare scevra da vizi di illogicità manifesta.
2. Analoga risposta deve fornirsi per quanto riguarda il motivo
numero due, tanto più che il ricorrente afferma di essere in espiazione di
pena per reati comuni, senza produrre il certificato del casellario e
soprattutto senza alcuna valutazione sul fatto che la sentenza di
condanna per il reato di cui all’articolo 416 bis potrebbe non essere
ancora passata in giudicato e dunque non consentire la sua esecuzione.
Del tutto irrilevante, pertanto, il fatto che l’indagato sia in attuale
espiazione per reati comuni, in difetto di ulteriori approfondimenti sulla
definitività della sentenza Spartacus III.
3. Quanto alla rilevanza dell’elemento “stipendiale”, occorre rilevare
che, sebbene tale elemento sia di notevole spessore, il tribunale del
riesame non lo ha ritenuto l’unico elemento a carico, ma lo ha valutato
unitamente alle dichiarazioni rese dai collaboratori ed alla precedente
condanna per il delitto associativo di cui all’articolo 416 bis del codice
2

dimensionamento temporale delle erogazioni contestate.

penale (pagina 8 dell’ordinanza). Peraltro, come osserva correttamente il
tribunale, non è immaginabile che i vertici della consorteria
impoveriscono la cassa comune in favore di soggetti estranei
all’associazione. L’ordinanza, sul punto, risulta correttamente e
logicamente motivata e pertanto non è censurabile da questa corte di
legittimità.
4. Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, contestati col motivo numero
due, deve preliminarmente ricordarsi che In caso di ricorso per

cautelari personali, allorché sia denunciato vizio di motivazione, le
doglianze attinenti alla sussistenza o meno dei gravi indizi di
colpevolezza o delle esigenze cautelari possono assumere rilievo solo
se rientrano nella previsione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e),
c.p.p., se cioè integrano il vizio di mancanza o manifesta illogicità
della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni della Cassazione la
valutazione della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle esigenze
cautelari, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giudici di
merito e, in particolare, prima, del giudice al quale è richiesta
l’applicazione della misura e poi, eventualmente, del giudice del
riesame (sez. 2, n. 39504 del 17 settembre 2008).
5. Con specifico riferimento ai tre punti doglianza di cui sopra, si
osserva che la genuinità della “lista stipendi” è stata affermata, con
valutazione di fatto non suscettibile di revisione in sede di legittimità,
in quanto correttamente motivata, alla pagina tre dell’ordinanza;
peraltro, non c’era uno specifico motivo di doglianza nell’istanza di
riesame, né la questione risulta sollevata in udienza, per quanto
risulta dal verbale del 23.03.2015.
6. Quanto al fatto che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia
riportate nell’ordinanza siano praticamente identiche, cosa peraltro non
corrispondente a verità e comunque non adeguatamente provata, è
circostanza da cui non viene fatta discendere alcuna specifica nullità,
peraltro difficilmente ipotizzabile, né assume particolare rilevanza la
effettiva consegna delle somme a titolo di stipendio, essendo rilevante il
fatto che il Bianco ne avesse diritto e non la circostanza della materiale
apprensione, non potendo essere esclusa dalla eventuale appropriazione
indebita di terzi di tali somme la natura di associato di colui che figura
nell’elenco degli affiliati con diritto allo stipendio. Infine, con riferimento
alla scansione temporale delle erogazioni in denaro, la circostanza, oltre

3

cassazione avverso un provvedimento di riesame in tema di misure

ad essere irrilevante, è assai genericamente espressa e pertanto si
manifesta inammissibile.
7. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art. 616
c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che
lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.
8. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’articolo 94,

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura
penale.
Così deciso il 1/07/2015

comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione cod. proc. pen.

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