Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31740 del 23/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 31740 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PLASTINA ANNA FRANCA N. IL 04/03/1955
avverso la sentenza n. 2455/2011 TRIBUNALE di COSENZA, del
01/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK
Pg”bre_
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pot O
che ha concluso per 2
v(e

e,

DuJe—bq”-

(2045

a

iu(h

Udito, per la parte civile, l’Avv

11 eQ..
u„b ow„

Uditi difensor Avv.

t,

(itk jek

g,

Data Udienza: 23/05/2014

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 1 luglio 2013, il tribunale di Cosenza, in seguito ad
opposizione a decreto penale, condannava Plastina Anna Franca alla pena di euro
200 di ammenda, doppi benefici, per il reato di cui all’articolo 660 cod. pen., “per
aver recato molestia e disturbo a Plastina Pina collocando all’inferriata esterna
della sua abitazione, sul parabrezza delle autovetture parcheggiate sulla pubblica
via adiacente e sul cassonetto dell’immondizia, decine di piccoli manifesti
riportanti fotocopie di un atto di donazione in cui risulta evidenziata la firma della
persona offesa, per petulanza ed altri biasimevoli motivi”. In Rende il 9/7/2009.

L’imputata veniva condannata altresì al risarcimento dei danni in favore della
parte civile costituita, liquidati in euro 2500, oltre alla rifusione delle spese
processuali.
Il giudice, sulla base della deposizione della persona offesa, riteneva
accertato il fatto storico contestato e che questo si era realizzato per malanimo
nei confronti della sorella, avendo l’imputata confessato “candidamente di aver
volontariamente perseguito lo scopo di rendere nota l’esistenza del suo diritto e
la legittimità del proprio operato: onde l’affissione di volantini, all’uopo
predisposti, tra le abitazioni del quartiere”. Detto fatto aveva sgradevolmente
interferito nella sfera della libertà e della quiete della sorella “cagionandole un
sottile senso di vergogna nei confronti dei vicini con i quali aveva rapporti
meramente formali”.
Avverso questa sentenza ha presentato ricorso l’imputata a mezzo del
difensore di fiducia chiedendone l’annullamento per violazione dell’art. 606 lett.
b-c-e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 660 e 43 cod. pen.; 125, 192, 459
comma 1, 546 comma 1 lett. e); 420 ter; 493 e 503 cod. proc. pen.; art. 150
disp. att. cod. proc. pen..
Richiamando la giurisprudenza formatasi sul punto, la parte rileva che la
molestia per essere penalmente rilevante deve avere un connotato oggettivo e
non essere sentita tale dalla parte interessata. Nella specie, l’intento
dell’imputata, fatta oggetto di verifiche edilizie da parte di vigili urbani su
segnalazione della parte civile, era stato quello di portare a conoscenza dei terzi
il suo diritto al compimento di opere edilizie, regolarmente assentite dall’autorità
comunale. Non si trattava quindi di petulanza o di biasimevole motivo, ma
volontà di essere lasciata in pace. Era carente quindi il dolo del reato.
Sotto altro profilo la sentenza non aveva adeguatamente dimostrato che i
volantini fossero stati apposti in luogo aperto al pubblico, in quanto l’imputata
aveva dichiarato di averli affissi solo sulla ringhiera di recinzione dell’unità
abitativa. Nulla escludeva quindi che altri, entrati in possesso delle copie della
donazione, avessero potuto ricostruire diversamente i siti dell’affissione.
1

?

L’esercizio del diritto realizzato dall’imputata escludeva il reato di molestie,
in quanto non era stato posto in essere con modalità arroganti e vessatorie.
La condotta si era realizzata con una sola azione, per l’unico fine di
reclamare il proprio diritto a fronte di chi si opponeva, ed era quindi scriminata;
né aveva alterato la condizione di vita della parte offesa, la cui deposizione non
appariva credibile, in quanto proveniente da soggetto portatore di interessi
antagonisti con quelli dell’imputata.
Illegittimamente il giudice aveva emesso decreto penale di condanna,
nonostante l’opposizione della parte offesa esposta nella querela, così da

determinare la nullità del decreto e di tutti gli atti consecutivi.
Infine, il giudice onorario di Cosenza aveva illegittimamente rigettato la
richiesta di rinvio presentata dall’imputata per legittimo impedimento con
motivazione apodittica ed inconferente, avendo ritenuta insufficiente la
documentazione prodotta, senza specificare quale fosse quella mancante,
necessaria per accogliere la richiesta di differimento. L’imputata aveva dedotto di
dover presenziare ad un convegno internazionale per conto dell’Università della
Calabria, dove svolge il ruolo di professore universitario. L’intervenuto rigetto
inficia la sentenza per l’ulteriore inosservanza degli articoli 493 e 503 cod. proc.
pen. e 150 disp. att. cod. proc. pen..
Il Procuratore generale presso questa Corte, in persona del dott. Paolo
Canevelli, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza perché il
fatto non sussiste.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Le questioni di rito sollevate, il cui esame è logicamente pregiudiziale, sono
manifestamente infondate e vanno respinte.
A norma dell’articolo 459, co. 1, cod. proc. pen., come modificato dalla
legge numero 479 del 1999, uno dei presupposti per l’instaurazione del
procedimento per decreto è che, nei reati perseguibili a querela, il querelante
non abbia dichiarato preventivamente di opporvisi. La contravvenzione in esame
è perseguibile d’ufficio, quindi la questione non si pone.
Per quanto riguarda la doglianza relativa alto rigetto della richiesta di rinvio
dell’udienza per legittimo impedimento dell’imputata, la parte non specifica quale
sia l’attività processuale svolta in sua assenza e quale il pregiudizio che ne sia
derivato. Il motivo non è specifico.
Il reato contestato punisce chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico,
ovvero con il mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca
a taluno molestia o disturbo.

2

/

La contravvenzione in questione non ha natura di reato necessariamente
abituale, sicché può essere realizzato anche con una sola azione (Sez. 6,
23.11.2010, n. 248982, rv 248982; Sez. 1, 8.7.2010, n. 29933, rv 247960).
È principio affermato da questa Corte che l’elemento soggettivo del reato in
oggetto consiste nella coscienza e volontà della condotta tenuta, nella
consapevolezza della sua idoneità a molestare e disturbare il soggetto passivo,
senza che possa rilevare l’eventuale convinzione dell’agente di operare per un
fine non biasimevole, o addirittura per il ritenuto conseguimento della

n. 4053, rv 226992). La fattispecie richiede sotto il profilo soggettivo la volontà
della condotta e la sua direzione verso il fine specifico di interferire
inopportunamente nell’altrui sfera di libertà (Sez. 1, 1.10.1991, n. 11755 rv
188987).
Sul punto dell’elemento soggettivo del reato, la sentenza è motivata solo in
modo apparente, perché non è stato accertato il dolo specifico. Era invece
obbligo del giudice verificare, in concreto, la ricorrenza dei requisiti di legge per
la sussistenza della contravvenzione, giacché, ai fini del reato previsto dall’art.
660 c.p., l’atto di molestia dev’essere ispirato da biasimevole motivo o rivestire il
carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed
indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri.
Nella specie, il giudice ha ritenuto integrato tale requisito non già prendendo
ad esame la condotta dell’imputata, bensì solo guardando gli effetti che da essa
erano rifluiti nella sfera della persona offesa. Tale ragionamento non rispecchia il
contenuto della norma che è incentrato sulla molestia dell’atto e non sulla
percezione che di esso ha il destinatario.
Dall’esame della sentenza impugnata risulta che il fatto contestato
all’imputata, riguardò la diffusione di fotocopie di un atto di donazione, realizzato
a mò di collage, al fine di evidenziare la legittimità delle opere edilizie poste in
essere, ripetutamente contrastate dalla sorella, pur essendo regolarmente
assentite degli organi comunali.
In questo comportamento non è evidenziabile nessun biasimevole motivo,
né tantomeno petulanza, che richiede comunque una pluralità di atti.
Consegue l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata, perché il
fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2014

/7

Il Consigliere estensore
de

o Nov

EP • S ITATA
IN CANCELLERIA

Il Presidente
Maria Cr

soddisfazione di un proprio diritto, con modalità non legali (Sez. 1, 12.12.2003,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA