Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31738 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31738 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POLIMENI DOMENICO N. IL 25/12/1976
avverso l’ordinanza n. 746/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 18/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv

Data Udienza: 11/06/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gabriele Mazzotta,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Polimeni Domenico propone ricorso per cassazione contro

l’ordinanza del tribunale di Reggio Calabria che ha confermato
l’ordinanza con cui la corte d’appello rigettava l’istanza di scarcerazione

alla predetta decisione sulla considerazione che, avendo la corte di
cassazione annullato la sentenza di condanna limitatamente alla
rideterminazione della pena, ricorrendo dunque un’ipotesi di doppia
conforme, i termini di custodia cautelare dovevano essere computati con
riferimento all’articolo 303, comma 1, lett. D (stabiliti per la durata
massima delle misure cautelari) e non invece con riferimento a quelli di
fase, rapportati alla pena in concreto irrogata.
2.

Il ricorrente censura la predetta interpretazione della corte

sostenendo che vi sia stata violazione del principio della necessaria
correlazione tra chiesto e pronunciato e conseguentemente una omessa
motivazione sul petitum in ordine alla corretta individuazione del termine
di durata massima della custodia cautelare. La difesa, si afferma nel
ricorso, aveva chiesto l’applicazione del meccanismo di cui all’articolo
303, comma 2, che, nell’interpretazione della corte di cassazione e della
corte costituzionale, prevede che il meccanismo del “doppio del termine
di fase” debba applicarsi anche in ipotesi di annullamento con rinvio della
sentenza di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è privo di fondamento e va, pertanto, dichiarato
inammissibile; va rilevato, infatti, che il Tribunale ha fatto corretta
applicazione della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nell’ipotesi
in cui il giudice di legittimità abbia disposto l’annullamento con rinvio
limitatamente alla determinazione della pena deve ritenersi che
sull’affermazione di responsabilità dell’imputato si sia formato il giudicato
(come nel caso in esame, in cui l’applicazione dell’art. 81 non incide sulla
ritenuta responsabilità per i reati ascritti), con la conseguenza che i
termini di custodia cautelare cui deve farsi riferimento sono, ai sensi

per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Il tribunale giungeva

dell’art. 303 c.p.p., comma 1, lett. d), seconda parte, quelli stabiliti per
la durata massima delle misure cautelari dal quarto comma dello stesso
articolo (Sez. 6, n. 273 del 05/11/2013, Elia, Rv. 257769; Cass. Sez. 4,
n. 10674 del 19/02/2013, Macrì, 254940; Sez. 6, n. 4971 del
15/01/2009, Mancuso, rv. 242915; Sez. 2, n. 8846 del 12/02/2014,
Guzzo, Rv. 259068; Sez. 4, n. 17037 del 14/02/2008, Alviano, Rv.
239609), e non invece quelli di fase, pur raddoppiati.
2. Né può la difesa lamentarsi per mancata correlazione tra la

corrispondente all’insegnamento della Corte regolatrice, non solo rende
immune da censure in diritto l’ordinanza impugnata, ma pure esclude la
sussistenza dei lamentati vizi motivazionali (peraltro non rilevanti in
relazione alle questioni di diritto correttamente risolte dal provvedimento
impugnato), atteso che per la validità della decisione non è necessario
che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita
confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente, per
escludere la ricorrenza del vizio di motivazione, che la sentenza evidenzi
una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione
difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa
(cfr. sez. 2, n. 24847 del 5 maggio 2009, Polimeni).
3. Non va sottaciuto, poi, che il ricorrente ha eccepito il difetto di
correlazione tra chiesto e pronunciato riportandosi al contenuto
dell’istanza originariamente avanzata ed ai motivi di appello, con un
meccanismo inammissibile in sede di legittimità, non essendo consentito
in questa sede fare rinvio al contenuto di altri atti processuali.
4.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007,
Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare
in Euro 1.000,00.
5. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’articolo 94,

comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione cod. proc. pen.

p.q.m.

2

richiesta e la pronuncia, atteso che l’applicazione del predetto principio,

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura
penale.

Così deciso il 11/06/2015

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