Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31738 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31738 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI CAPRIO PASQUALE N. IL 17/07/1982
avverso la sentenza n. 48/2013 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 13/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARGHERITA CASSANO
Udito il Procuratore GeneraleAp–èrsona del Dott.
che ha concluso per
19,9_ AdeC…k.g)

F

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

tLu

Data Udienza: 09/05/2014

Ritenuto in fatto.

1.il 13 novembre 2013 la Corte d’appello militare confermava la sentenza
emessa il 28 novembre 2012 dal Tribunale militare di Verona che aveva dichiarato
il sergente di artiglieria Pasquale Di Caprio colpevole del reato di lesioni personali
aggravate cagionate al caporal maggiore Metelli per cause estranee al servizio e alla

I giudici ritenevano provata la responsabilità dell’imputato sulla base delle
dichiarazioni della parte offesa, ritenute intrinsecamente credibili e oggettivamente
confortate dal referto medico acquisito, dalla deposizione di Scalici che aveva visto
l’imputato aggredire alla testa la parte offesa con una chiave inglese a croce (della
larghezza di circa 36 cm) così cagionandole lesione guarite in otto giorni.
3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il

difensore di fiducia, l’imputato, il quale formula le seguenti doglianze.
Denuncia violazione di legge in relazione alla qualificazione della chiave
inglese come arma e, quindi, alla ritenuta configurabilità dell’aggravante che ha
reso il reato procedibile d’ufficio.
Lamenta poi violazione dei canoni di valutazione probatoria, mancanza,
contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione in ordine agli elementi posti
a base dell’affermazione di penale responsabilità, tenuto conto della inattendibilità
delle dichiarazioni della parte offesa, caratterizzate da reticenza e da assenza di
coerenza e di costanza.
Osserva in diritto.

Il ricorso non è fondato.
1.Con riferimento alla seconda censura, avente carattere logicamente
preliminare rispetto all’altra, il Collegio osserva che la sentenza d’appello, dopo
avere ripercorso in chiave adesiva l’iter argomentativo della sentenza di primo
grado, ha ritenuto idonea a fondare il giudizio di penale responsabilità dell’imputato
la testimonianza della parte offesa, che è stata sottoposta a puntuale e rigorosa
verifica in relazione alla credibilità soggettiva del dichiarante e all’attendibilità
intrinseca del suo racconto. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, alle
dichiarazioni della parte offesa non si applicano le regole dettate dall’art. 192,
comma 3, c.p.p. le quali possono da sole giustificare l’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione,
1

disciplina.

dell’attendibilità del dichiarante e dell’affidabilità e coerenza intrinseca del suo
racconto, verifica che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigorosa
rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez.
Un. n. 41461 del 19 luglio 2012). La sentenza impugnata ha attentamente vagliato le
dichiarazioni della parte offesa e, con motivazione immune da vizi logici e giuridici,
ha spiegato le ragioni per le quali le stesse sono perfettamente compatibili con la

obiettivo elemento di conforto nella testimonianza di Scalici, soggetto terzo e
disinteressato
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in
riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192.2 c.p.p., non
critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla
formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso
travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il
sostanziale riesame nel merito, non consentito, invece, in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua chiara e
puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole
della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della
coscienza e volontà del ricorrente di cagionare volontariamente lesioni personali al
Caporal Maggiore Enrico Metelli per cause estranee al servizio.
2.Anche la seconda censura è priva di pregio.
Per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto, anche di uso comune e
privo di apparente idoneità all’offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare
lesioni personali, giacché il porto dell’oggetto cessa di essere giustificato nel
momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per
essere utilizzato come arma (cfr. ex plurimis Sez. 5, n. 49517 del 21 novembre
2013; Sez. 5, n. 47504 del 24 settembre 2012 Sez. 5, n. 28207 del 21 maggio 2008).
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di questi principi, laddove
ha osservato che l’utilizzo della chiave a croce per colpire Metelli integra gli
estremi dell’aggravante contestata che rende il reato perseguibile d’ufficio.
Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

2

tipologia delle lesioni riscontrate in sede di accertamenti medico legali e trovano un

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso, in Roma, il 9 maggio 2014.

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