Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31737 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31737 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Ciccolini Massimo, nato a Roma il 14/02/1958
avverso l’ordinanza emessa 1’11/03/2015 dal Tribunale di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso, per rinuncia

RITENUTO IN FATTO
I difensori di Massimo Ciccolini ricorrono avverso il provvedimento indicato in
epigrafe, recante la conferma dell’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di
Roma in data 14/02/2015, impugnata ex art. 309 del codice di rito. Il Ciccolini
risulta essere stato sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere
(sostituita con quella degli arresti domiciliari con provvedimento assunto dal
giudice procedente, ex art. 299 cod. proc. pen., il 02/03/2015) in ragione di
gravi indizi di colpevolezza ritenuti a suo carico quanto al delitto di bancarotta

Data Udienza: 11/06/2015

,.
fraudolenta per distrazione: i fatti si riferiscono al fallimento della società Getek
ICT, dichiarato nell’ottobre 2012, all’interno della quale l’odierno ricorrente era
stato – a seguito della trasformazione della suddetta società da s.r.l. in s.p.a. componente del consiglio di amministrazione tra il 24 novembre 2004 ed il 23
giugno 2006. In particolare, nell’ambito dell’organo collegiale il Ciccolini aveva
sostituito la sua compagna Alessandra Zavaroni dopo circa due mesi
dall’insediamento del c.d.a.; le presunte condotte distrattive riguardavano come si legge nel corpo dell’ordinanza impugnata – il «depauperamento della

riconducibili alla famiglia Zavaroni, tanto da determinare un passivo fallimentare
per oltre 133 milioni di euro, a fronte di un attivo realizzato di poco più di
670.000,00 euro».
La difesa lamenta manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
oggetto di ricorso, atteso che il Tribunale avrebbe ravvisato gravità indiziaria
nelle circostanze che il Ciccolini:
– era legato ad Alessandra Zavaroni, sorella di Enzo, ritenuto il soggetto al quale
ascrivere la più evidente responsabilità in ordine alle condotte criminose;
– aveva fatto parte dell’organo amministrativo per circa due anni, in un periodo
nel quale doveva intendersi fossero state poste le basi del disegno che aveva
portato al dissesto della Getek;
– si era dimesso appena prima della nomina dell’ultimo amministratore (tale
D’Ormea, emerso quale mera testa di legno), il che faceva concludere che le
premesse di quelle scelte gestionali fossero da riferire all’epoca in cui l’indagato
era membro del c.d.a.
Al contrario, nell’interesse del ricorrente si rappresenta che le indagini svolte
avevano consentito di appurare che il Ciccolini non si era mai occupato di
vicende gestionali, essendosi di fatto trattenuto presso gli uffici aziendali solo in
occasione dell’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2005 (quando si
astenne) e della presentazione della lettera di dimissioni, immediatamente
accettate; il ricordato Enzo Zavaroni aveva peraltro dichiarato che la sorella non
aveva “mai preso niente”, che il Ciccolini era subentrato nel consiglio solo per
fare un piacere alla compagna e che lo stesso non si era mai fatto vedere in
ufficio. Elementi, questi, che i difensori dell’indagato reputano decisivi e che il
Tribunale del riesame avrebbe omesso di considerare.
Al Ciccolini, inoltre, non sarebbe possibile attribuire la veste di
amministratore di fatto, come sostenuto nell’ordinanza impugnata, atteso che la
mera sostituzione di Alessandra Zavaroni da parte sua e gli stessi rapporti
affettivi con quest’ultima non costituiscono emergenze sufficienti al fine indicato:

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società fallita attraverso il travaso di beni e crediti verso altre società

,

mancano, in tale contesto, indizi di sorta circa una partecipazione effettiva,
stabile e rilevante del prevenuto nelle vicende gestionali della società.
Con atto depositato il 28/05/2015, i difensori del ricorrente hanno depositato
motivi nuovi, ribadendo le argomentazioni già esposte con le originarie
doglianze.
In data 09/06/2015 è stato infine depositato un atto di rinuncia

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Preliminarmente, deve rilevarsi che l’atto di rinuncia al ricorso risulta
predisposto per la firma – anche – del Ciccolini, ma reca le sole sottoscrizioni dei
suoi difensori; non può che ribadirsi, pertanto, l’orientamento di questa Corte
secondo cui «è inefficace l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione non
sottoscritto dall’indagato, ma dal solo difensore non munito di procura speciale,
in quanto la rinuncia, non costituendo espressione dell’esercizio del diritto di
difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell’interessato,
espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale» (Cass., Sez. II, n.
5378 del 05/12/2014, Preiti, Rv 262276).
3. Con riguardo ai profili di gravità indiziaria, debbono ritenersi evidenti le
carenze motivazionali del provvedimento impugnato, che – circa lo svolgimento
di concrete attività gestorie da parte del Ciccolini – nulla segnala, come del resto
nulla era stato sottolineato nella primigenia ordinanza restrittiva.
Il Gip romano aveva in effetti precisato come il dissesto della società poi
fallita risultasse già al 31/12/2009 (pag. 7), spiegando quindi più diffusamente
(a pag. 26) che «in data 01/12/2006 il socio Enzo Zavaroni cedeva alla Kelsen,
Servicos e Investimentos, società di diritto portoghese con sede in Funchal, zona
franca di Madeira, n. 200 azioni della società Getek It s.p.a. per complessivi €
20.000,00 pari al 10% del capitale sociale. E’ la premessa della spoliazione, o
meglio della collocazione in Getek IT, poi Getek ICT, della debitoria, o della
trasmigrazione del core business verso il nuovo gruppo Gepin» (pag. 26).
In sostanza, se la “premessa della spoliazione” si colloca a fine 2006, gli atti
depauperativi debbono intendersi successivi, e tali da aver determinato una
situazione di dissesto palese (quanto meno) nel giro di tre anni. E’ però
altrettanto pacifico che l’odierno ricorrente fu componente dell’organo
amministrativo solo tra il 24 novembre 2004 e il 23 giugno 2006, cessando dalla

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all’impugnazione.


carica sei mesi prima non solo delle condotte che incisero sulla consistenza
patrimoniale della società, ma dello stesso antefatto delle spoliazioni, cui non
viene spiegato perché e con quali modalità egli avrebbe concorso. Sul punto, il
Gíp – senza alcuna, successiva integrazione ad opera del Tribunale del riesame afferma che il D’Ormea sarebbe una «chiarissima testa di legno estranea alla
compagine aziendale», ricavando per ciò solo la conclusione che «le
responsabilità della trasformazione e l’effettività della gestione vanno ricercate
negli amministratori che hanno operato nel 2004-2006, poco prima della nomina

Massimo. Sulla loro qualifica come amministratori di fatto non possono esservi
dubbi, atteso che si sono trovati a gestire – prima del fittizio D’Ormea – una
situazione di convulsa e profonda trasformazione cui la proprietà non poteva
essere estranea» (pag. 41).
Elementi, in vero, di obiettiva astrattezza e niente affatto individualizzanti
quanto alla posizione del Ciccolini, soprattutto tenendo conto delle dichiarazioni
del coindagato Enzo Zavaroni (non esaminate dai giudici di merito, almeno per
confutarne la decisività in ordine alla affermata estraneità del ricorrente dalle
scelte gestionali) e della circostanza che lo stesso Ciccolini si sarebbe limitato a
partecipare ad una sola seduta del consiglio di amministrazione, astenendosi
financo dall’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2005. Tutti gli episodi
successivamente indicati nell’ordinanza del Gip risalgono ad anni posteriori e non
riguardano il Ciccolini, né risulta che questi assunse cariche più o meno formali
in altre società del gruppo, come invece segnalato con riguardo alle posizioni di
altri indagati.
4. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma.
Così deciso 1’11/06/2015.

di D’Ormea, ossia Zavaroni Enzo, Zavaroni Alessandra, Pilo Danilo e Ciccolini

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