Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31736 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31736 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALLICO CARMELO N. IL 12/09/1963
avverso l’ordinanza n. 1023/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 17/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/06/2015

4

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gabriele Mazzotta,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Gallico Carmelo propone ricorso per cassazione contro l’ordinanza

del tribunale di Reggio Calabria che ha confermato l’ordinanza emessa
dalla corte d’appello di Reggio Calabria il 28 agosto 2014, con la quale è

corso di applicazione nei suoi confronti.
2.

A sostegno del ricorso eccepisce il vizio di motivazione sulla

questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento agli articoli
304, comma 1, lettera C bis e 154, comma 4 bis delle disposizioni di
attuazione al codice di procedura penale; lamenta che la proroga
prevista dall’articolo 154, comma 4 bis, delle disposizioni di attuazione
richieda una motivazione specifica ed un effettivo controllo giudiziale e
che in caso di interpretazione difforme, la norma sia incostituzionale. Tali
profili venivano evidenziati con l’atto di appello e la corte, pur ritenendo
che la facoltà di proroga sia discrezionale e comporti automaticamente la
sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, non
affrontava il tema subordinato della costituzionalità della norma. Per
questo oggi il ricorrente solleva il vizio di motivazione per mancata
pronuncia in ordine alla eccezione di illegittimità costituzionale
dell’articolo 154, comma 4 delle disposizioni di attuazione al codice di
procedura penale, per lesione della libertà dell’imputato in mancanza di
insindacabilità

e

di

un

effettivo

controllo

giurisdizionale

sul

prolungamento del periodo di custodia cautelare.
3.

A maggior ragione, sostiene il ricorrente, vi è violazione dei

parametri costituzionali di cui agli articoli 13 e 111 della costituzione per
il caso di procedimento svolto con il giudizio abbreviato, ispirato
all’economia processuale ed alla rapidità del giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato; questo collegio intende ribadire, in linea con
la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il provvedimento di
sospensione dei termini di custodia cautelare durante la pendenza del
termine per il deposito della sentenza non esige altra motivazione che il
1

stata disposta la sospensione dei termini della custodia cautelare in

richiamo del disposto dell’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. c), e art. 544
c.p.p., comma 3, in cui sono già specificamente enunciati i presupposti
che consentono la dilazione dell’ordinario termine di deposito della
sentenza e, correlativamente, la sospensione dei termini di durata
massima della custodia cautelare (complessità particolare della stesura
della motivazione per il numero delle parti e/o per il numero e gravità
delle imputazioni), senza alcuna necessità di ulteriori esplicazioni da
parte del giudice (Cass., Sez. 1, 27 ottobre 1999, n. 5940, rv. 214966;

marzo 2001 n. 27542, rv. 219979; Cass., Sez. 1, 22 novembre 2001, n.
45796, rv. 220477; tra le più risalenti e di recente con un esteso exursus
sul tema Sez. 4, Sentenza n. 42703 del 28/06/2007, Rv. 237900).
2. Il giudice di merito competente a emettere l’ordinanza di
sospensione deve, quindi, valutare unicamente la sussistenza del
presupposto di fatto – costituito dall’avvenuta indicazione nel dispositivo
della sentenza di condanna emessa nei confronti del soggetto sottoposto
a misura custodia le del più lungo termine di deposito della motivazione
previsto dall’art. 544 c.p.p., comma 3 – al quale l’art. 304 c.p.p., comma
1, lett. c), ricollega la sospensione per un periodo corrispondente al
termine per il deposito fissato dal giudice, e inoltre che non siano perenti
i termini di custodia cautelare.
3. Tanto premesso, è da osservare che il provvedimento impugnato è
esente dal denunziato vizio di violazione di legge, laddove ha
argomentato che nel computo dei termini di sospensione della custodia
cautelare durante il periodo di redazione della motivazione della
sentenza ben può essere computato anche il periodo di proroga oggetto
di autorizzazione presidenziale ai sensi del combinato disposto dell’art.
304 c.p.p., comma 1, lett. c), art. 544 c.p.p., comma 3, e art. 154 disp.
att. c.p.p., comma 4 bis. L’art. 154 disp. att. c.p.p., comma 4 bis,
aggiunto dalla D.L. 24 novembre 2001, n. 341, art. 4, comma 2 bis,
convertito con modificazioni nella L. 19 gennaio 2001, n. 4, si pone,
infatti, in collegamento sistematico con le norme contenute nel codice di
rito, come si evince dall’interpretazione letterale e logico-sistematica
della disposizione, inserita nel più ampio contesto dell’art. 154 disp. att.
c.p.p. volto a disciplinare l’ipotesi di redazione non immediata della
motivazione della sentenza. Significativi in tal senso sono la stessa
rubrica della norma (redazione non immediata dei motivi della
sentenza), che ricalca quella dell’art. 544 c.p.p. (redazione della

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Cass., Sez. 5, 4 febbraio 1999, n. 596, rv. 213594;Cass., Sez. 3, 23

sentenza), e l’articolazione dei singoli commi che la compongono,
contenenti, quale logico sviluppo della previsione generale di cui all’art.
544 c.p.p., comma 1, la regolamentazione delle modalità di
individuazione del soggetto investito del compito di redigere la
motivazione, del procedimento di elaborazione, approvazione della
stessa, di formazione dell’originale dopo la predisposizione della minuta
sottoscritta dall’estensore e dal presidente, e infine, delle attività di
verifica della corrispondenza dell’originale alla minuta e di sottoscrizione

4. In questo articolato contesto normativo, la disciplina della proroga
(per una sola volta e per un periodo di tempo non superiore a novanta
giorni) dei termini di redazione della motivazione, contenuta nell’art. 154
disp. att. c.p.p., comma 4 bis, assume un’indubbia valenza processuale,
essendo finalizzata a integrare la previsione dell’art. 544 c.p.p., comma
3, in merito ai tempi di stesura della motivazione con riferimento ad
ipotesi peculiari che presuppongono una richiesta e un provvedimento
motivati. Un indice univoco ed obiettivo della stretta correlazione
esistente tra le due disposizioni in esame è desumibile dal riferimento
alla “motivazione” della richiesta presente nell’art. 154 c.p.p., comma 4
bis, e destinato ad avere una portata generica, indefinita e insuscettibile
di un effettivo controllo giurisdizionale, qualora non rapportato ai
parametri di “particolare complessità” della motivazione elencati nell’art.
544 c.p.p., comma 3, e costituenti l’ineludibile presupposto di una
motivazione non contestuale.
5. La natura processuale della norma in riferimento può essere,
inoltre, colta nella conseguente posposizione dei termini per
l’impugnazione della sentenza, decorrenti dallo spirare del termine
assegnato per il deposito della stessa. Non può, pertanto, essere
condiviso l’assunto difensivo che, valorizzando l’ultima parte dell’art. 154
disp. att. c.p.p., comma 4 bis – che stabilisce l’obbligo di comunicazione
al Consiglio Superiore della Magistratura del provvedimento di proroga
adottato, a seconda della fase del processo, dal Presidente del Tribunale
o dal Presidente della Corte d’appello – sostiene la natura amministrativa
della disposizione in esame. L’informativa al Consiglio, infatti, lungi dallo
svilirla, conferma la natura processuale della norma, iscrivendosi nel
generale dovere, anche deontologico, di osservanza delle disposizioni
processuali, la cui violazione, in presenza di determinati presupposti, può

3

dell’originale.

essere rilevante sia sul piano della valutazione di professionalità del
magistrato che su quello disciplinare.
6. Se, quindi, l’art. 154 disp. att. c.p.p., comma 4 bis è
sistematicamente correlato all’art. 544 c.p.p., comma 3, di cui
costituisce un necessario completamento, il rinvio che a quest’ultima
disposizione opera l’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. c), ai fini della
sospensione dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio
durante la pendenza del periodo necessario per la redazione della

prorogato, autorizzato con il provvedimento presidenziale che, una volta
intervenuto, rientra a pieno titolo nel termine complessivo assegnato al
giudice per la stesura della motivazione (cfr. Sez. 6, n. 22811 del
25/05/2011, Giuliano, Rv. 250107; conff. Sez. 5, n. 20822 del
31/03/2009, Federico, Rv. 243943; Sez. 1, n. 43813 del 08/10/2008,
Casula, Rv. 241557).
7. Un’interpretazione del genere non si risolve, pertanto, in una non
consentita interpretazione analogica o estensiva delle norme con
conseguente lesione della libertà personale dell’imputato, considerato
anche che, in ogni caso, i termini di custodia cautelare sospesi ben
potranno essere computati sia ai fini del decorso dei termini di fase
previsti per il giudizio d’appello, sia ai fini della durata complessiva della
custodia cautelare.
8. Non si ravvisa, nella giurisprudenza di questa Corte, alcuna
difforme interpretazione della norma, né essa appare in contrasto con gli
invocati diritti fondamentali, si da giustificare l’intervento della corte
costituzionale (così in termini Sez. 5, Sentenza n. 20822 del
31/03/2009, Sez. 1, Sentenza n. 43813 del 08/10/2008).
9. Nel caso in esame, poi, il provvedimento impugnato è immune da
vizi giuridici, non essendone stati contestati i presupposti per la
emissione, ossia la particolare complessità della sentenza valutata alla
stregua della gravità dell’imputazione, della particolare severità della
pena inflitta, della complessiva difficoltà del processo, e la procedura de
plano adottata non ha violato alcun diritto della difesa; ne consegue,
ancora, che la questione di costituzionalità dedotta dal ricorrente appare
manifestamente infondata, proprio per la ravvisata peculiarità
dell’istituto, che concerne un provvedimento dovuto in presenza di un
fatto oggettivamente non opinabile, e quindi non necessita, per la sua
natura ricognitiva, di un contraddittorio preventivo.
4

sentenza, comprende necessariamente anche il periodo eventualmente

10. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art. 616
c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che
lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.
11. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione cod. proc. pen.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura
penale.
Così deciso il 11/06/2015

p.q.m.

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