Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31729 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 31729 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Stefano Mignozzi, nato a Monopoli il 17/12/1965
avverso l’ordinanza del 20/01/2014 del Tribunale di Bari
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Riello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 20/01/2014 il Tribunale di Bari ha respinto il
riesame proposto nel’interesse di Stefano Mignozzi avverso la misura della
custodia cautelare in carcere, disposta nei suoi confronti in relazione all’ipotesi di
reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, relativa al trasporto di oltre
kg 1.300 di cocaina, assicurato dal Mignozzi tramite l’autoarticolato a lui affidato
per l’esecuzione della sua attività lavorativa.
2. Ha proposto ricorso l’interessato personalmente con il quale, premesso
di aver rinunciato al riesame sulla sussistenza dei gravi indizi, si deduce
violazione degli artt. 111 comma 6 Cost., 125 cod. proc. pen. e vizio di
motivazione, con riferimento all’individuazione delle esigenze cautelari che hanno
giustificato il provvedimento restrittivo.
Richiamata

la circostanza che l’episodio posto a fondamento

dell’imputazione riguarda una vicenda antecedente di tre anni l’emissione del
provvedimento restrittivo, si denuncia la valorizzazione della gravità dei fatti, per
l’individuazione del pericolo di reiterazione, elemento da solo inidoneo a
dimostrare la sussistenza di tale elemento. Si osserva inoltre che la presenza di
un precedente a carico dell’interessato ha svalutato la circostanza della sua

Data Udienza: 26/06/2014

lontananza nel tempo, di oltre quattordici anni, circostanza che non ne permette
la considerazione al fine dell’individuazione del rischio in termini di attualità.
Si lamenta il travisamento delle risultanze investigative, rilevandosi che era
stata attribuita possibilità concreta di reiterazione allo svolgimento dell’attività di
autotrasportatore da parte dell’interessato, ed ingiustamente svalutata la
circostanza che il trasporto illecito risultava organizzato dal precedente datore di
lavoro di Mignozzi, con il quale quest’ultimo, all’atto dell’applicazione della

altra azienda.
Si ritiene inoltre che la notevole distanza temporale tra l’esecuzione della
misura e la consumazione dei fatti imponesse un onere argomentativo sulla
sussistenza della pericolosità, non affrontato dal giudice di merito, mentre si
lamenta che sia stata evidenziata la portata negativa del mancato chiarimento
da parte dell’interessato, dei rapporti con i coindagati, così attribuendo valenza
ad una scelta difensiva dell’interessato, illegittimamente conferendole valenza
prognostica.
Si deduce inoltre che il Tribunale ha desunto argomenti in danno
dell’interessato nel presupposto, insussistente, della sua latitanza, mai
dichiarata, mentre l’esecuzione della misura è risultata differita nell’arco di un
mese esclusivamente per la presenza di una convivenza appena iniziata, cui non
era seguita la registrazione della residenza nel luogo ove egli aveva iniziato tale
nuova condizione di fatto, situazione del tutto sganciata da esigenze di fuga, i cui
presupposti non erano noti all’interessato. Si sottolinea inoltre che la stessa
ordinanza genetica non individuava tra i presupposti legittimanti il pericolo di
fuga.
3. Si denuncia con il secondo motivo la presenza di analoghi vizi con
riferimento alla valutazione di adeguatezza della sola misura massima,
considerata in ragione di presupposti insussistenti, quali la pretesa continuità
dell’azione, che stride sia con la mancata contestazione di una ipotesi
associativa, che con la circoscrizione dell’accusa allo specifico episodio,
determinazione conseguentemente fondata sul travisamento del fatto; ha
richiamato l’assenza di autocontrollo dell’interessato, non fondata su elementi
concreti; ha ritenuto inapplicabile la misura alternativa per la saltuarietà dei
controlli, rimettendo di fatto a carico dell’interessato, un problema organizzativo
che è estraneo sia alla sua disponibilità, che ai criteri valutabili a tal fine.
4. In data 20/06/2014 è stato depositato in cancelleria atto di rinuncia al
ricorso, sottoscritto dall’interessato e dal suo difensore.

2

Cassazione sezione VI penale, rg. 19934/2014

misura, non risulta in contatto, posto che a tale data lavorava alle dipendenze di

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta rinuncia.
2. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del grado e della somma determinata in dispositivo, in
applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., che può essere contenuta in ragione
della natura sopravvenuta della causa di inammissibilità.
La Cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui all’art. 94 comma

1 ter

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del grado e della somma di euro 500 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancel&ria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 26/06/2014.

disp.att. cod. proc. pen.

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