Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31722 del 14/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31722 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

Data Udienza: 14/04/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUS IOANA MARIA N. IL 14/02/1983
avverso la sentenza n. 231/2011 TRIBUNALE di FORLI’, del
18/05/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

41-{

RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Rus Ione Maria propone ricorso per rescissione del giudicato, ai sensi
dell’articolo 625 ter del codice di rito, per la revoca della sentenza di condanna, alla
pena di mesi otto di reclusione pronunziata dal Tribunale di Cesena, Sezione Distaccata
di Porri, in data 18 maggio 2011 e divenuta definitiva, per mancata impugnazione, in
data 22 ottobre 2011, sostenendo la violazione dell’articolo 606, lett. c) ed e) del codice
di rito, deducendo di non avere mai avuto conoscenza del procedimento penale e della

proprio difensore di fiducia, il quale aveva poi rinunziato alla nomina, aggiungendo di
avere appreso dell’esistenza della predetta decisione di condanna in seguito alla
notificazione, eseguita in Romania, dell’ordine di esecuzione per la carcerazione e
contestuale decreto di sospensione del medesimo.
2. La difesa rileva che la norma invocata dovrebbe trovare applicazione anche con
riferimento alle decisioni intervenute prima dell’entrata in vigore della legge numero 67
del 28 aprile 2014. Pertanto, poiché la nuova normativa non prevede più l’onere a
carico dell’imputata di dimostrare di avere ignorato l’esistenza del provvedimento senza
sua colpa, dalle risultanze processuali non emergerebbero elementi impeditivi alla
proposizione della richiesta di rescissione.
3. Con parere del 2 ottobre 2014 il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione
conclude per l’inammissibilità del ricorso e la condanna del condannato al pagamento
delle spese processuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Sulla richiesta di rescissione del giudicato, di cui all’art. 625 ter cod. proc. pen., la Corte
di cassazione delibera secondo la procedura camerale non partecipata – disciplinata
dall’art. 611 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014 – dep. 03/09/2014,
Burba, Rv. 259991).

sentenza di condanna poiché si trovava in Romania e di non aver avuto contatti con il

2. Con riferimento alle questioni preliminari prospettate dal ricorrente è intervenuta, nelle
more di giudizio, la decisione della Cassazione a Sezioni Unite la quale ha affermato che
l’istituto della rescissione del giudicato, di cui all’art. 625-ter cod. proc. pen., si applica
solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art.
420-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, mentre,
invece, ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente
all’entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina della
restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma
secondo, cod. proc. pen. nel testo previgente (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014 – dep.
03/09/2014, Burba, Rv. 259992).

6ai

3. Conseguentemente il nuovo istituto previsto dal codice di rito prevede che la richiesta
possa essere presentata dal condannato nei cui confronti si sia proceduto in assenza,
per tutta la durata del processo, a essa non può riguardare, né l’imputato contumace,
né quello assente, secondo la previgente disciplina, ma solo la nuova ipotesi del giudizio
in assenza dell’imputato, disciplinata dall’articolo 420 bis del codice di rito, come
sostituito dalla legge n. 67 del 2014. Da ciò discende che, per i processi, come quello in
esame, definiti, anche solo nei gradi di merito, antecedentemente all’entrata in vigore
della predetta normativa, non può profilarsi, in mancanza di espresse previsioni

giudizio, espletati sulla base del regime contumaciale o secondo quello dell’assenza,
come anteriormente disciplinati, non potrebbero risentire dell’intervento normativo in
oggetto, il quale si riferisce esplicitamente ad un imputato “assente” nei termini definiti
dalla nuova disciplina.
4. Da ciò consegue l’inammissibilità della richiesta diretta ad ottenere la rescissione del
giudicato, difettandone i presupposti di applicabilità. Infatti, nel caso di specie, la
richiesta si riferisce ad un processo definito anteriormente alla vigenza dell’articolo 625
ter c.p.p, inserito nel codice di rito dall’articolo 11, quinto comma, della legge 28 aprile
2014, n. 67, entrata in vigore il 17 maggio 2014.
5. Anche il successivo intervento normativo, introdotto dal legislatore nella citata legge
dall’articolo 15 bis, in vigore dal 22 agosto 2014, conferma la tesi della non retroattività
della nuova disciplina, poiché contiene disposizioni di carattere intertemporale che
prevedono che tale normativa sia applicabile ai soli processi in corso, nei quali non sia
stata pronunziata la sentenza di primo grado e che, inoltre, in deroga alla citata
disposizione, continuano ad applicarsi le norme vigenti anteriormente quando l’imputato
sia stato dichiarato contumace e non sia stato emesso il decreto di irreperibilità.
6. La nuova normativa disciplina il processo dal momento della sua entrata in vigore e che
gli atti compiuti nel vigore della legge precedente restano validi attesa la non
retroattività della nuova disciplina. Tale principio si applica anche alla fattispecie in
esame poiché l’istituto della restituzione in termini per l’impugnazione delle sentenze
contumaciale di non soggiace, per la sua natura processuale, al criterio applicativo della
retroattività della legge più favorevole al reo, sulla base del principio secondo cui un
modulo processuale non può essere assunto a modello costituzionale del giusto
processo, onde non può venir prospettata, come lesiva della garanzia al diritto di difesa,
l’adozione di un rito piuttosto che un altro. In considerazione della natura processuale
della nuova disposizione, quindi, non si pone un problema di disciplina più favorevole
per il condannato e cioè esclude l’ipotesi di illegittimità costituzionale della disposizione.

normative, alcuna questione di diritto intertemporale, essendo evidente che tali gradi di

7. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. peri, la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare
equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso il 14 aprile 2015

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