Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31719 del 13/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31719 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIAPERONI ALBERTO N. IL 21/05/1966
avverso l’ordinanza n. 1593/2014 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
19/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/04/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Giuseppe Corasaniti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Milano ha confermato il provvedimento emesso dal
Giudice delle indagini preliminari del locale Tribunale in data 8/11/2014, con cui
era stato disposto a carico di Ciaperoni Alberto — in sostituzione degli arresti

reati di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa, appropriazione
indebita e intestazione fraudolenta di valori.
Rileva il Tribunale che, sebbene l’ordinanza, depositata il 10/11/2014, sia stata
depositata dopo la perdita di efficacia della precedente misura, per decorrenza
dei termini massimi di durata (la misura degli arresti domiciliari era decaduta il
9/11/2014), tuttavia la sua emissione non può ritenersi illegittima, in quanto
applicativa di una misura cautelare non detentiva, di cui sussistono (e
sussistevano, al momento della sua emissione) i presupposti.

2.0. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione,
nell’interesse dell’indagato, l’avv. Gabriele Casartelli, il quale lamenta plurime
violazioni di legge e vizio di motivazione. Rileva, innanzitutto, che la misura
dell’obbligo di dimora è stata disposta — ex art. 299 cod. proc. pen. – dal Giudice
delle indagini preliminari in sostituzione della misura degli arresti domiciliari;
misura che aveva già perduto efficacia nel momento in cui fu applicata la cautela
sostitutiva. Lamenta, inoltre, che l’applicazione della nuova misura non sia stata
preceduta da istanza del Pubblico Ministero, il quale aveva chiesto la sostituzione
degli arresti domiciliari, ma non l’applicazione ex novo dell’obbligo di dimora.
Infine, si duole di una mancanza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari,
posto che il Giudice delle indagini preliminari ed il Tribunale non hanno fatto che
ripetere le argomentazioni poste a base del provvedimento originario, senza
argomentare in ordine all’attualità del pericolo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Nessuno dei motivi di ricorso merita accoglimento.
1. Non è corretto affermare, innanzitutto, che la misura sia stata applicata in
assenza di domanda cautelare. Il Pubblico Ministero, proprio in previsione della
scadenza degli arresti domiciliari, aveva chiesto al Giudice delle indagini
preliminari l’applicazione di una misura non custodiale. A nulla rileva che essa
fosse in sostituzione degli arresti domiciliari o fosse una misura applicata ex

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domiciliari, da cui era gravato – l’obbligo di dimora nel comune di residenza, per

novo, ex art. 307 cod. proc. pen.: ciò che conta è che vi sia stata tempestiva
richiesta del P.M. (il che non è contestato e non è dubitale), giacché, ciò che si
richiede per l’esercizio – da parte del giudice – della potestà cautelare è l’imput
proveniente dal soggetto titolare dell’azione penale e la rappresentazione delle
ragioni che giustificano l’emissione del provvedimento; non la esatta
qualificazione della domanda.

2. Non ha nessun rilievo il fatto che alla data del 10/11/2014 la misura degli

codice di rito per l’emissione delle “altre misure cautelari di cui sussistono i
presupposti” vi è la scarcerazione del prevenuto per decorrenza dei termini di
custodia: esattamente come è avvenuto nella specie, dal momento che
l’emissione della nuova misura, non custodiale, a carico di Ciaperoni è stata
emessa dopo la sua formale scarcerazione.

3. Per giudicare della legittimità della decisione del Tribunale del riesame occorre
tener conto della natura del provvedimento del G.I.P. – interpretato in relazione
al suo contenuto – e delle condizioni che ne legittimano la emissione. Si tratta,
come messo in evidenza dal Giudice, di misura applicata per far fronte ad
esigenze di cautela pregnanti e attuali, connotate dalla stessa gravità ritenuta
dal giudice del provvedimento genetico; di provvedimento da scrutinare – quindi
– sulla base delle condizioni richieste dall’art. 307 cod. proc. pen.. La differenza
tra il provvedimento di cui all’art. 299/2 cod. proc. pen. e quello di cui all’art.
307 cod. proc. pen. sta, infatti, nella sopravvenuta attenuazione delle esigenze
cautelari (nel primo caso) – che impone, per conseguenza, una attenuazione del
regime cautelare, in una situazione che potrebbe ancora legittimare la misura
custodiale – e nella persistenza delle esigenze cautelari (nel secondo caso), in
una situazione che non consente più l’applicazione di misure custodiali.

4. Lo scrutinio del provvedimento impugnato – condotto nella maniera sopra
detta – rivela la perfetta osservanza delle condizioni prescritte dall’art. 307 cod.
proc. pen. per la sua emissione. Come osservato nell’ordinanza impugnata, nel
motivare in merito all’applicazione della misura dell’obbligo di dimora il G.I.P. “ha
fatto riferimento non solo alla estrema gravità dei fatti contestati
(movimentazione e sostanziale distrazione di ca 52 milioni di euro dalle Casse
dell’ente di previdenza dei ragionieri) ed alle caratteristiche della condotta
(attraverso una illecita operazione sviluppata nel tempo, attraverso una rete di
rapporti anche con soggetti esteri), ma ha indicato che permane ad oggi ignota
la destinazione del .denaro così sottratto” ed ha rimarcato che non sono stati
identificati tutti i soggetti coinvolti nelle complesse operazioni distrattive. Tale

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arresti domiciliari avesse perso efficacia, giacché tra le condizioni richieste dal

situazione – ha aggiunto – rende non solo problematico il recupero del denaro
sottratto, ma immanente – all’attualità – il pericolo di reiterazione criminosa,
stanti le specifiche e non comuni capacità “gestionali” del prevenuto ed i suoi
collegamenti esteri, a prescindere dal suo inserimento in una determinata entità
societaria.
L’apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata si lascia apprezzare per
completezza e aderenza alle prescrizioni normative, avendo dimostrato di aver
“attualizzato” la prognosi negativa fatta all’epoca di applicazione della misura. Il

spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/4/2015

ricorso va di conseguenza rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle

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