Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31716 del 13/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31716 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LECCHI VITO ANGELO N. IL 31/05/1967
avverso l’ordinanza n. 1036/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
16/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/04/2015

Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Giuseppe Corasaniti, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame dì Lecce, decidendo in sede di appello avverso il
provvedimenti emessi, in materia di misure cautelari personali, dal Giudice delle
indagini preliminari, ha ripristinato la misura dell’obbligo di dimora a carico di

Lecchi era stato arrestato in flagranza di reato e gli era stata applicata – dallo
stesso Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce – la misura
cautelare sopradetta in data 25/10/2014, poi revocata dal G.I.P. di Brindisi, su
istanza del difensore, il 18/12/2014.
Osserva il Tribunale che Lecchi era stato cautelato in considerazione della natura
del reato e dei suoi precedenti penali, che rendevano attuale il pericolo di
recidiva. Nessun elemento di novità era sopraggiunto dall’applicazione della
misura, per cui l’esclusione delle esigenze cautelari non poteva essere desunta
dal solo decorso del tempo.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore del prevenuto per
violazione dell’art. 299 cod. proc. pen.. Deduce che l’elemento di novità, idoneo
a giustificare la rivisitazione del quadro cautelare, può essere costituito anche da
una situazione preesistente, non valutata, a suo tempo, dal giudicante. Nella
specie, la novità è data dall’esito positivo dell’affidamento in prova, di cui non
era stato tenuto conto nell’ordinanza genetica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato. Le parti concordano sul fatto che il
solo decorso del tempo – soprattutto quando, come nella specie, si tratta di un
lasso temporale ristretto – non determina il venire meno delle esigenze cautelari,
ritenute sussistenti dal giudice che ha applicato la misura. Questo effetto
potrebbe derivare – come sostenuto dal Pubblico Ministero e dal ricorrente
dall’insorgere di un fatto “nuovo”, anche se preesistente, ma non valutato al
momento dell’emissione dell’ordinanza genetica.
Tanto premesso, niente autorizza a ritenere che il Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Brindisi non abbia considerato l’esito positivo
dell’affidamento in prova, allorché decise di sottoporre Lecchi all’obbligo di
dimora. La presunzione di completezza che circonda ogni indagine giudiziaria
lascia supporre che ciò sia avvenuto, dal momento che i precedenti penali – in
2

Lecchi Vito, accusato del furto aggravato di circa 40 quintali di olio esausto. Il

cui sono compresi gli esiti dell’affidamento in prova su quei reati – furono
espressamente considerati dal giudicante e lo stesso ha fatto il giudice d’appello,
il quale – per motivare la propria decisione – ha fatto leva proprio “sui precedenti
penali riportati dallo stesso (imputato – ndr), tra cui una sentenza di condanna
per il delitto di detenzione e cessione illecite di sostanze stupefacenti” (vedi, in
particolare, la pag. 3 del provvedimento impugnato). Per il resto, gli argomenti
addotti (la personalità dell’imputato, la gravità del reato, la ristrettezza del lasso
temporale intercorrente tra l’applicazione della misura cautelare e la sua revoca

provvedere diversamente al soddisfacimento delle esigenze lavorative) danno
esauriente conto del divisamento espresso e rendono la decisione incensurabile
in questa sede.
Consegue a tanto che il ricorso va dichiarato inammissibile. Alla declaratoria
di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e, ravvisandosi profili di colpa nella proposizione del
ricorso, al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende che, in
ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/4/2015

da parte del Giudice delle indagini preliminare, nonché, infine, la possibilità di

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