Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31704 del 03/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31704 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Filice Cosimo, nato a Cosenza il 20/01/1963
2. Filice Fiore, nato a Roma il 12/07/1986

avverso l’ordinanza del 03/12/2014 del Tribunale del riesame di Forlì

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eduardo
Scardaccione, che ha concluso’ per il rigetto dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato veniva confermato il decreto del Giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Forlì del 13/10/2014, con il quale
veniva disposto il sequestro conservatlko su beni .di Cosimo Filice e Fiore Filice,
imputati del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione quali rispettivamente

Data Udienza: 03/03/2015

amministratore di fatto e socio di maggioranza della fallita Piccoli Produttori
s.r.I..
Gli imputati ricorrenti deducono violazione di legge e vizio di motivazione:
1. sulla competenza del Giudice per le indagini preliminari per l’emissione
del provvedimento di sequestro; il provvedimento sarebbe stato assunto dallo
stesso magistrato che quale Giudice per l’udienza preliminare aveva deciso in
sede di giudizio abbreviato sulla posizione del coimputato Marco Grilli per gli
stessi fatti; il decreto sarebbe stato inoltre emesso allorchè gli atti del

Tribunale ove attualmente pende il giudizio in fase dibattimentale, che era
pertanto competente a decidere sulla relativa richiesta; sul punto la motivazione
del provvedimento impugnato si ridurrebbe alla mera asserzione in ordine al
rispetto delle regole processuali;
2. sulla sussistenza delle esigenze cautelari; il pericolo del venir meno delle
garanzie del credito sarebbe stato motivato con mere affermazioni di principio
sull’entità del credito, la composizione del patrimonio e la capacità reddituale
degli imputati e le modalità della condotta, omettendo ogni accertamento in
concreto su tali aspetti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti sulla competenza del Giudice per le indagini preliminari
per l’emissione del provvedimento di sequestro sono infondati.
Le censure in ordine all’asserita identità del giudice che pronunciava il
provvedimento impugnato con quello che aveva deciso in sede di abbreviato
sulla posizione di un coimputato non risultano proposte con la richiesta di
riesame, il che ne preclude la valutazione in questa sede; ed attingono peraltro
profili di incompatibilità del magistrato decidente che, non attenendo alla
capacità dello stesso ad esercitare le proprie funzioni, non determinano nullità,
trovando i loro possibili rimedi nei diversi istituti dell’astensione e della
ricusazione (Sez. 6, n. 25013 del 04/06/2013, Shkurko, Rv. 257033; Sez. 5, n.
13593 del 12/03/2010, Bonaventura, Rv. 246716; Sez. 2, n. 30448 del
26/06/2003, Bova, Rv. 226572).
Per il resto, il Tribunale osservava correttamente che la competenza ad
ordinare il sequestro conservativo permane in capo al Giudice per l’udienza
preliminare, anche successivamente all’emissione del decreto dispositivo del
giudizio, fino al momento in cui gli atti sono trasmessi al giudice dinanzi al quale
dovrà celebrarsi il dibattimento, in considerazione nel carattere urgente della
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procedimento nei confronti degli imputati ricorrenti erano già stati trasmessi al

misura, finalizzata ad evitare la dispersione dei beni in pregiudizio delle ragioni di
garanzia (Sez. 2, n. 11740 del 19/02/2008, D’Alonzo, Rv. 239742). La
sussistenza di tali condizioni era affermata nel provvedimento impugnato; e sul
punto i ricorrenti si limitano ad una generica asserzione in senso contrario, non
corredata da precisazioni sulla data nella quale gli atti sarebbero stati trasmessi
al giudice del dibattimento e pertanto inidonea a superare la motivazione del
provvedimento impugnato.

cautelari.
Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale non si limitava
a motivare genericamente la ricorrenza del pericolo di dispersione delle garanzie
in base all’entità del credito vantato dalla curatela, alla composizione del
patrimonio degli imputati, alla capacità reddituale degli stessi ed alle modalità
della condotta; ma precisava quest’ultimo elemento richiamando le vendite
eseguite in epoca precedente e successiva al fallimento, e, quanto al patrimonio
residuato a seguito di tali alienazioni, evidenziava la mancanza di dati certi sulla
solidità dello stesso. Posto che tali ulteriori argomentazioni non sono oggetto nei
ricorsi di specifiche censure, la motivazione del provvedimento impugnato, con
particolare riguardo all’armante erosione del patrimonio per effetto delle vendite
indicate, ne risulta congrua con riguardo all’insufficienza del patrimonio stesso
per l’adempimento delle obbligazioni nascenti dal reato; tanto integrando,
secondo i principi affermati da questa Corte (Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014,
Zambito, Rv. 261118), adeguata giustificazione del sequestro conservativo.
I ricorsi devono pertanto essere rigettati, seguendone la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 03/03/2015

2. Sono altresì infondati i motivi dedotti sulla sussistenza delle esigenze

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