Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31703 del 03/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31703 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Busto Arsizio,
nonché da Monfredi Giuseppe, nato a Gallarate il 24.11.1961, e
da Monfredi Andrea, nato a Gallarate il 30.7.1985, avverso
l’ordinanza emessa dal tribunale di Varese in data 18.12.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Eduardo Vittorio Scardaccione, che ha concluso, da
un lato per l’inammissibilità dei ricorsi di Monfrecli Giuseppe e di

Data Udienza: 03/03/2015

Monfredi Andrea, dall’altro per l’accoglimento del ricorso del
pubblico ministero, insistendo, di conseguenza, per l’annullamento
con rinvio dell’impugnata ordinanza;
udito per i ricorrenti, il difensore di fiducia, avv. Mauro Bonini, del
Foro di Milano, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

Con ordinanza emessa il 18.12.2014 il tribunale di Varese, in
qualità di tribunale del riesame, adito da Monfredi Giuseppe,
Monfredi Andrea ed Ambrosi Anna Maria, ai sensi dell’art. 322,
c.p.p., revocava il decreto di sequestro preventivo emesso dal
giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Busto
Arsizio, avente ad oggetto il fondo patrimoniale costituito da
Monfredi Giuseppe e dalla moglie Ambrosi Anna Maria, nonché
l’azienda facente capo alla società cooperativa “Truck It s.c.”,
amministrata da Monfredi Andrea, nell’ambito di un procedimento
penale sorto a carico dei suddetti Monfredi Giuseppe e Monfredi
Andrea, indagati per il reato di bancarotta fraudolenta
patrimoniale per distrazione, in qualità rispettivamente di
amministratore unico e poi di liquidatore della “Gianni Pan s.p.a.”,
e di amministratore legale della società cooperativa innanzi
indicata, consumato, secondo l’ipotesi accusatoria, attraverso un
fittizio contratto di affitto di ramo di azienda stipulato tra le due
società in assenza di un effettivo corrispettivo.
Il tribunale del riesame confermava, invece, il suddetto
provvedimento impositivo del vincolo reale in relazione ad un
natante di proprietà di Monfredi Giuseppe.

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FATTO E DIRITTO

Il giudice dell’impugnazione cautelare ha ritenuto, da un lato che il
fondo patrimoniale non può formare oggetto di sequestro
preventivo, non trattandosi di bene di per sé suscettibile di
sequestro, potendosi sequestrare solo i beni immobili in esso
ricompresi, che siano il frutto dell’investimento delle distrazioni in
denaro contestate; dall’altro, con particolare riferimento

sequestro avrebbe potuto essere disposto solo se fosse emersa
l’avvenuta distrazione in favore della cooperativa dell’intero
complesso aziendale della società fallita, laddove, nel caso in
esame emerge, invece, che, in realtà, oggetto della distrazione
sono stati singoli beni o singoli rapporti giuridici (i veicoli, i
dipendenti, il denaro e la diponibilità dei locali utilizzati dalla
“Gianni Pan”), in relazione ai quali manca l’elemento costituito
dall’avviamento, che consente di distinguere tra una semplice
sommatoria di attività e passività aziendali e un’azienda
unitariamente considerata, elemento sul quale influiscono vari
fattori, quali la clientela, l’organizzazione aziendale, l’ubicazione,
l’abilità gestoria dell’imprenditore.
Attraverso una specifica analisi il tribunale del riesame evidenzia,
inoltre, perché la cessione dei singoli cespiti non costituisce
cessione del ramo d’azienda.
2. Avverso la decisione del tribunale del riesame, di cui chiedono
l’annullamento, ovviamente per ragioni diverse, hanno proposto
tempestivo ricorso per cassazione, con distinti atti di
impugnazione, sia il pubblico ministero presso il tribunale di Busto
Arsizio, sia gli indagati, questi ultimi personalmente ed a mezzo
del loro difensore di fiducia, avv. Mauro Bonini, del Foro di Milano.

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all’azienda facente capo alla società cooperativa “Truck It, che il

2.1. Nel suo ricorso il pubblico ministero deduce violazione di
legge sotto un duplice profilo, da un lato evidenziando come si sia
verificato un effettivo trasferimento di un ramo d’azienda dalla
cedente alla cessionaria, con riferimento all’attività di trasporto e
logistica svolta originariamente dalla “Gianni Pan”, che ha
continuato la sua attività attraverso la “Truck It”, entità

dunque, è subentrata a quest’ultima nello svolgimento dell’attività
oggetto del ramo d’azienda trasferito; dall’altro rilevando come,
pur in presenza di oscillazioni giurisprudenziali sulla possibilità di
sottoporre a sequestro preventivo l’avviamento commerciale di
un’azienda, non può trovare accoglimento il principio secondo cui,
in assenza della distrazione del cd. avviamento, non sia possibile
sottoporre a sequestro un intero complesso aziendale.
2.2. Nel ricorso presentato nell’interesse di Monfredi Giuseppe e di
Monfredi Andrea, i ricorrenti lamentano violazione di legge sotto
diversi profili, evidenziando che il sequestro preventivo del
natante non si giustifica perché il tribunale del riesame, da un lato
lo ha considerato, peraltro, in via meramente ipotetica, un profitto
indiretto del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per
distrazione, seguendo un ragionamento giustificativo tipico del
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per valore
equivalente, che non trova, tuttavia, applicazione per i reati
fallimentari; dall’altro non ha motivato adeguatamente, in
relazione all’ipotesi di sequestro preventivo prevista dall’art. 321,
co. 1, c.p.p., sull’esistenza del nesso pertinenziale e del periculum
in mora,

tenuto conto che trattasi di un bene acquistato

legittimamente dal Monfredi Giuseppe nel 2006, quando la società
successivamente fallita era pacificamente in bonis, e lo stesso

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giuridicamente autonoma e distinta dalla società fallita, che,

Monfredi, unitamente alla moglie, era titolare di un reddito che gli
consentiva di sostenere le spese di acquisto del natante; 2) che il
giudice dell’impugnazione cautelare ha omesso di considerare, nel
momento in cui ha affermato che il gommone ha costituito
profitto indiretto di un’attività distrattiva che si sarebbe verificata
quanto meno a partire dal 2000, quando erano iniziate le vendite

criterio della ragionevolezza temporale, che incide sulla
sussistenza del periculum in mora, in quanto vanno considerati
estranei al reato quei beni il cui acquisto risale ad un tempo di
molto antecedente alla commissione dell’illecito; 3) che non
appare legittima l’intervenuta dichiarazione di inammissibilità
dell’appello proposto avverso l’ordinanza di convalida del decreto
di sequestro di urgenza adottato dal pubblico ministero emessa
dal giudice per le indagini preliminari, non essendo giustificabile
sottrarre al potere di controllo del giudice dell’impugnazione reale
il provvedimento di convalida, soprattutto sotto il profilo della
effettiva sussistenza del presupposto dell’urgenza da parte del
pubblico ministero; 4) l’inutilizzabilità delle sommarie informazioni
testimoniali raccolte dal pubblico ministero, contenute nella
memoria depositata da quest’ultimo in sede di riesame il
12.1.2014, dopo che l’atto di riesame era stato depositato in data
14.11.2014, essendone illegittima l’allegazione oltre la data di
presentazione dell’atto di impugnazione, che cristallizzerebbe il
materiale su cui può decidere il tribunale del riesame.
3. Con memoria depositata il 24.2.2015 Monfredi Giuseppe,
Monfredi Andrea e Ambrosi Anna Maria, attraverso il loro
difensore, avv. Bonini, chiedono che il ricorso del pubblico

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in nero, da considerare componenti di reddito della società, il

ministero sia dichiarato inammissibile o rigettato, illustrandone le
ragioni.
Nel corso dell’odierna udienza, inoltre, la difesa dei Monfredi, a
sostegno della propria richiesta di non accogliere il ricorso del
p.m., chiedeva l’acquisizione dell’istanza di insinuazione al passivo
presentata nel fallimento della “Gianni Pan”, dalla “Truck It”, a

nominato dal p.m., che, tuttavia, non può essere acquisita, non
essendo consentita in questa sede di legittimità l’acquisizione di
documenti nuovi attinenti al merito.
4. Prima di affrontare le questioni poste con i ricorsi innanzi
indicati, va preliminarmente osservato che, ai sensi dell’art. 325,
co. 1, c.p.p., con il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti
adottati dal tribunale del riesame ai sensi degli artt. 322 bis e
324, c.p.p., l’unico vizio deducibile è rappresentato dalla
“violazione di legge”.
In tale nozione, come delineata dalla costante giurisprudenza
della Suprema Corte, condivisa dal Collegio, rientrano sia
l’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale,
sia la mancanza di motivazione, nei casi in cui la motivazione
stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di logicità, al punto da risultare meramente
apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo
logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e
carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le
ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Cass., sez. IV,
30/11/2011, n. 4049; Cass., Cass., sez. I, 12/10/2012, n. 45033;
Cass., sez. I, 31/01/2012, n. 6821, rv. 252430).

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quella data sotto sequestro, da parte del custode giudiziario

5. Tanto premesso, va innanzitutto rigettato il ricorso del pubblico
ministero, apparendo evidente che il provvedimento del tribunale
del riesame non può definirsi adottato in violazione di disposizioni
di legge sostanziale o processuale, né sfornito di reale
motivazione.
Anzi, nell’accogliere il riesame proposto nell’interesse dei

società “Truck It”, il tribunale del riesame ha fatto puntuale
applicazione dei principi affermati

in subiecta materia

dall’orientamento dominante in sede di legittimità, secondo cui ai
fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta è
necessario

che

oggetto

di

distrazione

siano

rapporti

giuridicamente rilevanti ed economicamente valutabili, con la
conseguenza che, in linea generale, non può costituire oggetto di
distrazione l’avviamento commerciale di una azienda in quanto
valore astratto ovvero come prospettiva di costituire rapporti
giuridici solo teoricamente immaginabili

(cfr. Cass., sez. V,

19/03/2014, n. 26542; Cass., sez. V, 8.3.2006, n. 9813, rv.
234242; Cass., sez. V, 19.3.2014, n. 26542, rv. 260689).
Del resto anche l’orientamento che sembra giustificare una
soluzione di diverso tenore, in realtà evidenzia come non sia
suscettibile di

distrazione l’avviamento commerciale,

se,

contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche
l’azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di
generare

l’avviamento,

potendo

peraltro

quest’ultimo

rappresentare da solo l’oggetto materiale della distrazione in caso
di assenza di adeguata contropartita (cfr. Cass., sez. V,
11.12.2012, n. 3817, rv. 254474).

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Monfredi, con particolare riferimento all’azienda facente capo alla

E’ proprio lo stretto collegamento esistente tra l’avviamento ed il
complesso di rapporti giuridicamente ed economicamente
valutabili costituenti l’azienda, in virtù del quale il primo non
esiste senza i secondi e questi ultimi non danno vita ad
un’azienda, senza quel valore immateriale costituito
dall’avviamento, che ha indotto il tribunale del riesame ad

dipendenti, di denaro e della disponibilità di locali da Gianni Pan
s.p.a. a Truck It s.c. sembra mancare quell’elemento
fondamentale, dato dall’avviamento, che consente di distinguere
tra una semplice sommatoria di attività e passività aziendali e
un’azienda unitariamente considerata, elemento sul quale
influiscono vari fattori, quali la clientela, l’organizzazione
aziendale, l’ubicazione, l’abilità gestoria dell’imprenditore”, come,
peraltro, sottolineato da diverse sentenze pronunciate dal
Supremo Collegio, in materia penale (cfr. la già citata Cass., sez.
V, 19/03/2014, n. 26542, rv. 260689) e civile (cfr. Cass., sez. I,
27.2.2004, n. 3973, rv. 570614; Cass., sez. I, 8.3.2013, n. 5845,
rv. 625716).
Pertanto il parziale trasferimento in capo alla “Truck It” di una
parte dei componenti dell’azienda della “Gianni Pan”, riconducibili
ai servizi interni accessori della logistica di magazzino e del
trasporto, prima gestiti dalla cedente, come giustamente
evidenziato dal tribunale del riesame non ha dato vita ad un
distacco dalla società in questione di una “preesistente
articolazione funzionalmente autonoma, idonea ad essere
utilmente collocata sul mercato”, proprio perché, da un lato la
“Gianni Pan” ha continuato la sua attività principale di vendita di
prodotti alimentari, senza che si sia verificato il passaggio della

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affermare, correttamente, che nel trasferimento “di veicoli, dei

clientela e del management societario in favore della società
cessionaria, dall’altro quest’ultima compagine, senza la
continuazione dell’attività della prima ed, in particolare, senza la
disponibilità del magazzino della cedente, non avrebbe avuto la
possibilità di operare.
Ciò ovviamente non significa che nella cessione di cui si discute

singoli beni o le singole risorse finanziarie distratte, ma non
l’azienda facente capo a “Truck It”, che, come ben argomentato
dal giudice dell’impugnazione cautelare, considerata nel suo
complesso, non può dirsi abbia formato oggetto di cessione.
In conclusione, a fronte di una contestazione provvisoria avente
ad oggetto il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per
cessione fittizia di un ramo d’azienda, il tribunale del riesame ha
argomentato, con motivazione assolutamente corretta in punto di
diritto, che il sequestro dell’intero complesso aziendale facente
capo a “Truck It” non si giustifica, perché non vi è prova della
avvenuta distrazione di un intero ramo di azienda della “Gianni
Pan”, mancando nei trasferimenti dei singoli beni e rapporti
l’elemento fondamentale costituito dall’avviamento, che consente
di attribuire ad essi una dimensione aziendale, giustificando,
quindi, ove sussistente, il sequestro dell’intero complesso
aziendale, soffermandosi, inoltre, a spiegare, con dovizia di
argomenti, perché i singoli trasferimenti non sono idonei a
configurare il trasferimento di un ramo d’azienda in capo alla
“Truck It”.
Rispetto a tale limpido argomentare, le censure del pubblico
ministero, che riguardano solo l’intervenuto annullamento del
vincolo reale sull’azienda facente capo a “Truck It”, non colgono

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non possano celarsi finalità distrattive, che, tuttavia, riguardano i

nel segno, perché non tengono adeguatamente conto dei
menzionati orientamenti della giurisprudenza di legittimità,
ponendosi, anzi ai limiti della inammissibilità, nella parte in cui si
soffermano genericamente su profili di merito, senza, peraltro,
nemmeno argomentare sulla eventuale provenienza illecita dei
singoli beni trasferiti, in relazione ad una richiesta cautelare, che,

totalità.
6. Passando ad affrontare i ricorsi dei Monfredi, va innanzitutto
rilevato l’inammissibilità dei motivi

sub

n. 3) e n. 4), per

manifesta infondatezza.
Ed invero, da un lato, correttamente il tribunale del riesame ha
dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta dai Monfredi
avverso il decreto di convalida del g.i.p., richiamando il
consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,
secondo cui in tema di misure cautelari reali, non sono
impugnabili né il decreto di sequestro preventivo disposto in via
d’urgenza dal p.m. né l’ordinanza con la quale il giudice, a norma
dell’art. 321 co. 3 bis, c.p.p., ne dispone la convalida, in quanto il
decreto del p.m. ha carattere provvisorio, essendo destinato ad
una automatica caducazione a seguito della mancata convalida
ovvero, in caso di controllo positivo, ad essere sostituito per
effetto dell’autonomo decreto di sequestro giudiziale che il giudice
emette dopo l’ordinanza di convalida e che costituisce il titolo
legittimante il vincolo reale sul bene sequestrato (cfr., ex plurimis,
Cass., sez. III, 17/01/2014, n. 5770, rv. 258936
Dall’altro il richiamo operato dall’art. 324, co. 7, c.p.p., all’art.
309, co. 9, c.p.p., che consente al tribunale del riesame di
decidere anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel

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tuttavia, è bene ricordare, ha per oggetto l’azienda nella sua

corso dell’udienza, rende del tutto legittima la produzione nel
corso dell’udienza camerale, nel contraddittorio tra le parti, delle
sommarie informazioni testimoniali raccolte dal p.m.
6.1. Fondati, invece, appaiono i motivi articolati nell’interesse del
Monfredi Giuseppe in relazione al sequestro del natante disposto
nei suoi confronti.

priva dei passaggi logici necessari a rendere chiare le ragioni
giustificative della decisione adottata, che, invece, rimangono
oscure.
Non si comprende, invero, se l’imposizione del vincolo reale sul
natante sia stato giustificato dal tribunale del riesame, ai sensi
dell’art. 321, co. 1, c.p.p., trattandosi di cosa pertinente al reato
di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione ipotizzato
dalla pubblica accusa, la cui libera disponibilità in capo al
ricorrente è in grado di aggravare o di protrarre le conseguenze di
tale reato (come sembrerebbe evincersi dalla pur stringata
motivazione del provvedimento del g.i.p. presso il tribunale di
Busto Arsizio del 3.11.2014) , ovvero ai sensi dell’art. 321, co. 2,
c.p.p., trattandosi di bene di cui è consentita la confisca (in
questo senso sembrerebbe deporre il riferimento nella
motivazione del giudice dell’impugnazione cautelare al natante
come “profitto indiretto del reato”).
Tale

incertezza

si

riverbera

sull’apparato

motivazionale

dell’ordinanza oggetto di ricorso, che appare del tutto carente
proprio nella individuazione del necessario collegamento richiesto
dalle menzionate disposizioni normative con il reato in
contestazione, per giustificare l’apprensione del bene.

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In questo caso, infatti, la motivazione del tribunale del riesame è

In tema di sequestro preventivo, infatti, al fine di evitare una
indiscriminata compressione del diritto di proprietà e di uso del
bene, il presupposto del nesso pertinenziale della cosa al reato
deve essere oggetto di congrua motivazione da parte del giudice
sia con riguardo al profilo della specifica, intrinseca e stabile
strumentalità della cosa sottoposta a sequestro all’attività illecita

possibilità che quell’attività venga reiterata o aggravata (cfr.
Cass., sez. VI, 18/07/2012, n. 32807, rv. 253219).
D’altro canto, se si tratta di sequestro preventivo ai sensi dell’art.
321, co. 2, c.p.p., su bene soggetto a confisca facoltativa ex art.
240, co. 1, c.p., in quanto “profitto indiretto del reato”,
competeva al giudice motivare sulla “confiscabilità” del natante,
spiegando specificamente le ragioni per cui il bene in questione
rientra nella categoria delle cose oggettivamente suscettibili di
confisca (cfr. Cass., sez. III, 17.9.2014, n. 47684, rv. 261242),
vale a dire perché deve ritenersi profitto del delitto di bancarotta
fraudolenta patrimoniale per distrazione.
Non si tratta di un’omissione di poco conto, trattandosi di due
figure specifiche ed autonome di sequestro preventivo, sia pure
contenute nel medesimo articolo, entrambe applicabili in tema di
reati fallimentari (cfr. Cass., sez. u. 24.5.2004, n. 29951, rv.
228165), sulla base di presupposti diversi.
Orbene il tribunale del riesame è venuto meno al suo onere
motivazionale sul punto, limitandosi ad ipotizzare che i fondi di
pertinenza sociale che il Monfredi Giuseppe, secondo l’assunto
accusatorio, avrebbe distratto siano stati investiti nell’acquisto
dell’imbarcazione, senza, tuttavia, indicare le ragioni poste a base

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che si ritiene commessa dall’indagato, sia con riferimento alla

di tale convincimento, che il ricorrente ha specificamente
contestato.
7. Sulla base delle svolte considerazioni l’impugnata ordinanza va,
dunque, annullata nei confronti di Monfredi Giuseppe,
limitatamente al sequestro preventivo dell’imbarcazione, con
rinvio al tribunale del riesame di Varese, per un nuovo esame sul

dovendosi, nel resto, rigettare il ricorso del suddetto ricorrente.
Va, invece, dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza
dei motivi che lo sostengono il ricorso di Monfredi Andrea, con
condanna di quest’ultimo ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p.,
al pagamento delle spese del procedimento, nonché in favore
della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione
pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto conto
della evidenziata inammissibilità del ricorso, rispetto alla quale il
ricorrente medesimo non può ritenersi immune da colpa (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro del
natante nei confronti di Monfredi Giuseppe, con rinvio al tribunale
di Varese per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso di Monfredi
Giuseppe. Rigetta il ricorso del P.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di Monfredi Andrea e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3.3.2015

punto, al fine di colmare l’evidenziata lacuna motivazionale,

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