Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31702 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 31702 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LOCONSOLO SAVERIO n. 6/10/1979
LOPA_BIANCA RITA n. 14/1/1946

J1/04
avverso la sentenza 165/2013 del Zjif3/2013 della CORTE DI APPELLO DI
POTENZA
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GIOVANNI D’ANGELO che ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso di Loconsolo e l’accoglimento del ricorso
di Lopa limitatamente alla aggravante di cui all’art. 7 I. 203/1991 1 scgeto nte ttsTO
Udito l’avv. MICHELE MASTROMARTINO difensore di Lopa che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Potenza con sentenza dell’il aprile 2013, nel decidere
sulla impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Melfi del 12/10/2011,
confermava la condanna di Loconsolo Saverio per i reati di associazione maflosa
ed estorsione e confermava in punto di responsabilità la condanna di Lopa Bianca
Rita per il reato di cui all’art. 353 cod. pen., rideterminando la pena in suo favore
riconoscendole le attenuanti generiche equivalenti alla aggravante di cui all’art. 7

I. 203.1991.
Nel contesto di indagini e successivo processo per fatti di criminalità
organizzata, Loconsolo era ritenuto intraneo ad una banda criminale operante nelle
zone dei comuni di Melfi, Rionero e Venosa.

Data Udienza: 12/06/2014

Lopa Anna Rita era ritenuta colpevole del reato di cui all’art. 353 cod. pen.
aggravato ai sensi dell’art. 7 I. 203/91 perché, in occasione di un’asta giudiziaria
avente ad oggetto un immobile pignorato in danno del suo parente Lopa Angiolino,
dopo che tali Di Trani Vincenzo, Mossucca Assunta e Mossucca Antonietta avevano
depositato le loro rispettive offerte per aggiudicarsi l’immobile, insieme a Cassotta
Marco Ugo in tono intimidatorio invitava gli offerenti non partecipare alla gara
perché l’immobile interessava a Lopa Angiolino.
In risposta ai motivi di impugnazione, la Corte di Appello confermava che il

di Lopa Angiolino, parente di Lopa Bianca Rita e che anche quest’ultima aveva
invitato due dei medesimi concorrenti a non partecipare, pur non utilizzando
modalità minacciose. Essendosi ritirati gli offerenti, l’aggiudicazione avveniva in
favore del figlio della ricorrente, Cesarano, rimasto quale unico offerente. La Corte
valorizzava il concorso tra le varie persone in guisa che non risultava rilevante che
la Lopa non avesse personalmente utilizzato modalità minacciose
Loconsolo Saverio, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso deducendo
esservi violazione di legge in quanto era stato arrestato dalla polizia della
Repubblica di Santo Domingo, Stato con il quale non vi è trattato di estradizione,
e consegnato all’Italia senza regolare procedura di estradizione. Ne fa derivare la
nullità delle sentenze di primo e secondo grado.
La difesa di Lopa ha proposto ricorso nonché motivi aggiunti in cui con ampie
argomentazioni contesta:
– la illogicità e la contraddittorietà della motivazione.
– La violazione di legge in ordine alla individuazione della condotta rilevante
ai sensi dell’art. 353 cod. pen.
– L’omessa motivazione sulle dichiarazioni dei testi a discarico.
– La violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al concorso di
persone.
– La violazione di legge ed il vizio di motivazione quanto alla ritenuta
sussistenza della aggravante di cui all’articolo 7 legge 203/1991.
Anche sulla scorta della allegazione dei verbali stenotipici e delle dichiarazioni
dei testimoni rese fuori del processo ed utilizzate ai fini della decisione, osserva
che non risulta affatto dimostrata la condotta di minaccia da parte della Lopa, pur
ritenuta dal primo giudice, e che la Corte di Appello, pur avendola esclusa, ha
illogicamente ritenuto che la diversa condotta di richiesta “piangendo” di non
partecipare, cui è seguita la condotta di gratitudine dimostrata dai regali fatti
successivamente a coloro che avevano rinunciato a partecipare all’asta,
dimostrasse di per sè il concorso nella condotta minacciosa tenuta dal solo
Cassotta. Alla intrinseca illogicità e comunque palese contrarietà al testo delle

defunto Cassotta aveva minacciato i partecipanti all’asta giudiziaria nell’interesse

dichiarazioni assunte si aggiunge la mancata valutazione delle dichiarazioni
testimoniali da cui risultava la assenza di pressioni da parte della Lopa.
Inoltre non risulta allo stato alcun elemento di una condotta caratterizzata
dalla modalità mafiosa.
Il ricorso di Lopa è fondato.
La motivazione è connotata da palese carenza sui punti fondamentali per
ritenere la condotta minacciosa nonché da profili di contraddittorietà.
La Corte, difatti, ricostruisce i fatti dando per assolutamente pacifico che la

offerenti. Conferma, anzi, la modalità della sua richiesta, in termini di
“implorazione” a non partecipare, e che dalle dichiarazioni delle persone offese
risulta anche che la ricorrente ebbe ad offrire successivamente dei piccoli doni a
scopo di ringraziamento. È evidente che ciò non esclude che la condotta della
ricorrente potesse essere ricollegata alla condotta, invece minacciosa, del
Cassotta, provando ella ad ottenere il medesimo risultato con un diverso metodo.
Ma per affermare un tale concorso era necessaria una adeguata motivazione
che, invece, manca del tutto. La Corte indica tale possibile collegamento alla
condotta del Cassotta (che sarebbe l’intera condotta costituente reato, non
rilevando certo la “implorazione”, del resto non percepita quale minaccia) senza
alcuna valutazione di elementi che lo dimostrino. Se ciò già rileva quale assoluta
carenza di motivazione sulla condotta costituente reato, vi è anche l’evidente
contraddittorietà dell’avere valorizzato contro la Lopa proprio quella condotta che
non aveva alcuna connotazione di minaccia. La questione, ovviamente, tocca
anche il profilo della aggravante di mafia (peraltro impropriamente ritenuta
equivalente alle attenuanti generiche contro la lettera dell’art. 7 I. 203/1991) che,
anche laddove fosse fondata la tesi di responsabilità fatta propria dalla Corte, non
ha, nella sentenza, alcun elemento a sostegno.
Per tali valutazioni, quindi, si rende necessario l’annullamento con rinvio
perché si proceda a nuova valutazione di cui rendere conto con adeguata
motivazione che, se del caso, indichi i punti essenziali per ricostruire la condotta
della ricorrente quale concorso nella condotta di minaccia da parte di altri.
Il ricorso di Locosolo è inammissibile.
Deduce, difatti, una questione assolutamente infondata laddove sembra
prevedere una sorta di immunità per il soggetto catturato all’estero che venga
consegnato all’Italia non a seguito di estradizione ma di espulsione. In ogni caso,
comunque, è del tutto ininfluente la ragione per la quale il ricorrente si sia trovato
in Italia per il processo, salva la situazione in cui trova applicazione il principio di
specialità ex art. 721 cod. proc. pen. spettando, se del caso, alla parte l’onere
della prova.
3

ricorrente non tenne alcuna condotta direttamente minacciosa nei confronti degli

Valutate le ragioni della inammissibilità la sanzione pecuniaria va determinata
nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Lopa Bianca Rita e rinvia per
nuovo giudizio alla Corte di Appello di Salerno.
Dichiara inammissibile il ricorso di Loconsolo e lo condanna al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Il Consig,jire estensore

il Presidente

Pierlui

Tit Garribp

tefano

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Roma così’ deciso il 12 giugno 2014

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