Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31702 del 03/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31702 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MURADOR ENRICO GIOVANNI N. IL 20/05/1967
avverso l’ordinanza n. 13/2014 TRIB. LIBERTA’ di PORDENONE, del
05/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/03/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.
Eduardo Vittorio Scardaccione, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza impugnata;

udito il difensore del ricorrente, avv.to Nicola Di Pierro, in sostituzione
dell’avv. Pierpaolo Aligiani che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5.12.2014 il Tribunale di Pordenone ha respinto la
richiesta di riesame

di Murador Enrico Giovanni, indagato in ordine ai reati di

confermando il decreto di sequestro probatorio ex art. 253 c.p.p. del pubblico
ministero del 18.11.2014 riguardante una somma di denaro pari ad euro € 15270,00.
1.1.il Tribunale riteneva congrua la motivazione del decreto del P.M. trattandosi
di beni pertinenti al reato contestato di bancarotta fraudolenta anche per
distrazione di denaro, il cui importo si presentava sovrapponibile con il numero
di banconote rinvenute nella disponibilità dell’indagato presso la sua abitazione.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Murador, lamentando la
violazione degli artt. 125 e 257 c.p.p., atteso che il P.M. ha giustificato il
sequestro del denaro rinvenuto in possesso del ricorrente sostenendo che tali
somme non potevano essere riconducibili al “modesto” reddito del Murador,
costituendo i proventi dell’attività aziendale svolta dalla Futura s.r.I., attività
acquisita in danno del fallimento Barco s.r.l. e dei relativi creditori; invece, una
parte della somma costituiva l’incasso dell’azienda del week-end precedente e
non essendo il ricorrente titolare di alcun conto corrente bancario (essendogli
stati chiusi tutti i rapporti con gli istituti di credito) teneva con sé tale denaro; il
denaro dunque frutto non dell’azione criminosa ma dell’esercizio legittimo di
un’attività commerciale ad opera di Futura s.r.l. e non può essere qualificato
né come corpo del reato né come cosa pertinente al reato; la nozione di «corpo
del reato» postula l’esistenza di un rapporto di immediatezza tra la cosa oggetto
di sequestro e l’illecito penale e tale rapporto è ravvisatale con riferimento a un
bene fungibile, quale è il denaro, solo se risultante da concrete emergenze
probatorie ovvero dall’identificazione delle singole banconote preventivamente
contrassegnate, mentre ove non siano ravvisabili tali indici probatori, il denaro (o
altro bene fungibile) potrà essere oggetto di sequestro probatorio solo ove
suscettibile di essere qualificato come «cosa pertinente al reato», con la
conseguenza che la motivazione dovrà indicare la specifica finalità probatoria che
giustifica il provvedimento.; il decreto impugnato poi non indica quale sia la
finalità probatoria del sequestro ed appare ancor più illegittimo laddove si rileva
che non sussiste nemmeno il fumus del reato distrattivo.
CONSIDERATO IN DIRI r O
1

bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale nonché di bancarotta semplice,

Il ricorso va accolto per quanto di ragione.
1.Giova premettere che il ricorso per cassazione contro ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo
per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli
“errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione
così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del
provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere

43068; Sez. Un., n. 25932 del 29/05/2008).
2. In proposito giova richiamare il consolidato insegnamento di questa
Corte per cui il decreto di sequestro probatorio deve essere sorretto, a
pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza di una
relazione qualificata tra la res sequestrata e il reato oggetto di indagine,
nonché dell’inerenza o pertinenzialità della stessa all’accertamento del
medesimo (ex multis Sez. 6, n. 5930 del 31 gennaio 2012, Iannella, Rv.
252423; Sez. 2, n. 23212 del 9 aprile 2014, P.M. in proc. Kasse, Rv.
259579). Ed infatti, l’onere motivazionale assegnato al pubblico ministero
dall’art. 253 c.p.p. investe prima di tutto l’identificazione della relazione
che le cose sequestrate presentano con il reato, la cui sussistenza, nelle
forme tipizzate dalla norma, costituisce presupposto legittimante
l’apposizione del vincolo reale, ed in secondo luogo l’individuazione della
concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei
fatti (Sez. Un., n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.C. Ferazzi in proc.
Bevilacqua, Rv. 226713). Sul punto, ai fini della legittimità del sequestro
probatorio, non è necessario indicare la prova del carattere di pertinenza o
di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la
semplice possibilità, purchè non astratta ed avulsa dalle caratteristiche del
caso concreto, della configurabilità di un rapporto di queste con il reato
(Sez. 6, n. 33229 del 02/04/2014).
3.

Peraltro, le condizioni alle quali può ritenersi soddisfatto l’onere

motivazionale non possono che variare in ragione del fatto in concreto
ipotizzato e del tipo di illecito a cui concretamente viene ricondotto,
nonché della natura del bene che si intende sequestrare. In tal senso la
qualifica di quest’ultimo come corpo del reato, ovvero di cosa pertinente al
medesimo e la stessa esigenza probatoria sottesa al sequestro possono
risultare in re ipsa o anche solo dalla sommaria enunciazione del fatto
oggetto di investigazione. È, dunque, compito del pubblico ministero
procedente modulare la specificità dell’apparato giustificativo del
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comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. V, 13/10/2009, n.

provvedimento di sequestro, in relazione alle effettive peculiarità del caso
concreto. Una motivazione che non sia meramente apparente in
particolare, deve svolgere argomentazioni in merito al fumus, cioè sulla
mera possibilità del rapporto dei beni con il reato che siano ancorate alle
peculiarità del caso concreto.
4. Spetta, invece, al Tribunale investito dell’istanza di riesame verificare
la effettività e completezza della motivazione del provvedimento
impugnato, senza peraltro che gli sia attribuito il potere di integrarla

comporta l’originaria nullità (in tal senso le Sezioni Unite Ferrazzi; Sez. 3,
n. 37187 del 6 maggio 2014, Guarnieri e altri, Rv. 260241; Sez.5, n.
13917 del 33/03/2015).
5. Alla stregua di tali principi ). il Tribunale del riesame nel ritenere
congrua la motivazione del decreto di sequestro circa la pertinenza della
somma di denaro appresa al reato di bancarotta fraudolenta anche per
distrazione apparendo l’importo di essa sovrapponibile con il numero di
banconote rinvenute nella disponibilità dell’indagato presso la sua
abitazione- non pare aver svolto un’effettiva analisi circa la completezza di
tale motivazione alla luce delle censure mosse con la richiesta di riesame
della quale manca ogni riferimento nell’ordinanza impugnata. In
particolare, il Tribunale avrebbe dovuto effettuare la propria valutazione
alla luce del principio secondo cui il denaro è sequestrabile in quanto cosa
pertinente al reato, indicando in sede di motivazione r la specifica finalità
probatoria che giustifica il provvedimento
6. L’ordinanza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio al Tribunale
di Pordenone per nuovo esame.

p.q.m.
annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Pordenone
per nuovo esame.
Così de

il 3.3.2015

autonomamente, giacché il suo difetto è vizio genetico dello stesso che ne

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