Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31690 del 09/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31690 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MURADOR ENRICO GIOVANNI N. IL 20/05/1967
MURADOR LUCIANO GIOSUE’ N. IL 14/08/1933
APICELLI FRANCESCO N. IL 14/08/1964
avverso l’ordinanza n. 11/2014 TRIB. LIBERTA’ di PORDENONE, del
14/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/02/2015

udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per l’annullamento
con rinvio;
udito il difensore dei ricorrenti, avv.to Nicola Di Pierro, in sostituzione
dell’avv. Pierpaolo Aligiani che ha concluso per raccoglimento del
ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 14.11.2014 il Tribunale di Pordenone ha respinto

Giosué, e Apicelli Francesco, indagati per bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale, nonché per bancarotta semplice di cui agli
artt. 110 c.p. 216, co. 1, n. 1 e 2 e 217, co. 1 n. 4 RD 267/42, avverso
il decreto di sequestro ex art. 253 c.p.p. del Pubblico Ministero del
21.10.2014 relativo agli immobili di cui al foglio 7, mappali 636 e 847,
del Comune di Santo Stino di Livenza, nonché della documentazione
contabile della società e dell’azienda che gestisce l’albergo – ristorante e
la dependance in Santo Stino di Livenza con l’insegna “Al Barco” e Al
Barco dip”.
1.1.Rilevava il Tribunale che il Pubblico Ministero aveva motivato in
modo congruo il decreto di sequestro

“trattandosi di beni che

costituiscono corpo di reato e/o cose pertinenti al reato, ed essendo
necessari: a determinare chi abbia l’effettivo possesso degli immobili
sopra indicati e le attività commerciali che ivi si svolgono; accertare
l’esistenza di migliorie apportate ai due fabbricati della società Barco
s.r.l. e quantificarne l’entità’.
2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso gli indagati Murador
Enrico Giovanni, Murador Luciano Giosuè e Apicelli Francesco i quali
lamentano, in linea generale, la violazione degli art. 125 e 257 c.p.p.,
atteso che il P.M. ha motivato il sequestro sulla base della necessità di
accertare, in primo luogo, le migliorie eseguite dalla Barco sugli
immobili, laddove non vi è alcuna necessità di accertamento, risultando
quanto realizzato dalla società Barco chiaramente dalle fatture già in
possesso del curatore fallimentare e proprio in ragione di tali fatture il
curatore ha sostenuto l’esecuzione dei lavori; per quanto concerne, poi,
il possesso degli immobili esso risulta per tabulas ed in forza di un
contratto di affitto d’azienda regolarmente registrato in capo alla Futura
s.r.l., subentrata alla Barco s.r.I.; in merito, poi, all’attività
commerciale esercitata non può esservi dubbio che sia sempre stata
quella di bar -ristorante.
1

le richieste di riesame di Murador Enrico Giovanni, Murador Luciano

2.1. Specificamente Apicelli Francesco lamenta la violazione degli
artt. 125 e 257 c.p.p., atteso che l’azienda posta sotto sequestro è di
proprietà della Futura s.r.I., di cui è legale rappresentante, ma il
Tribunale del riesame ha errato nel ritenere – sotto il profilo del fumus che il ricorrente possa rispondere di un reato che lo stesso tribunale
sostiene essere stato commesso quando il deducente non era
nemmeno socio della Futura s.r.l. e , nel gennaio 2010, quando la s.r.l.
Barco ha venduto i beni aziendali a Futura s.r.l. (questo sarebbe l’atto

con la società; è stato provato per tabulas che la citata vendita non era
in alcun modo fittizia in quanto Futura s.r.l. ha regolarmente pagato
tutti i 25.000,00 euro del prezzo di vendita; la detenzione degli
immobili è della s.r.l. Futura in ragione di un contratto di affitto
d’azienda sottoscritto innanzi ad un Notaio.
2.2 Murador Enrico Giovanni e Murador Luciano Giosuè lamentano
specificamente:
-la violazione degli artt. 125 e 257 c.p.p., atteso che la vendita dei
beni operata da Barco s.r.l. a Futura s.r1. non ha comportato alcuna
reale distrazione, visto che il relativo prezzo è stato pagato, come
risulta documentato;
– la violazione degli artt. 125 e 257 c.p.p., atteso che il tribunale del
riesame non ha minimamente preso in considerazione le motivazioni
esposte dalla difesa degli indagati in ordine all’inesistenza del fumus
commissi delicti, laddove in sede di riesame del sequestro probatorio il
tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato; tale
astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi
deve esclusivamente “prendere atto” della tesi accusatoria, senza
svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto l’impossibilità di
esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza; alla
giurisdizione compete, perciò,i1 potere-dovere di espletare il controllo di
legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico
ministero; l’accertamento della sussistenza del “fumus delicti ” va
compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentativi di
esso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto per quanto di ragione.
1.Giova premettere che il ricorso per cassazione contro ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo
per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli

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distrattivo), Apicelli non aveva nulla a che vedere, né con la vendita, né

”errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione
così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del
provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. V, 13/10/2009,
n. 43068; Sez. Un., n. 25932 del 29/05/2008).
2. Tanto premesso, si osserva che gli indagati nel ricorso di riesame
hanno svolto censure avverso le ragioni indicate dal P.M. a fondamento

sostanza l’insussistenza della relazione di inerenza o pertinenzialità dei
beni oggetto di sequestro all’accertamento dei reati ipotizzati, atteso
che, ad esempio, la giustificazione di accertare le migliorie apportate
dalla Barco s.r.l. sui due fabbricati è superabile dal fatto che esse sono
ben descritte nelle fatture per opere e lavori già in possesso della
Procura.
2.1. In proposito giova richiamare il consolidato insegnamento di
questa Corte per cui il decreto di sequestro probatorio deve essere
sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla
sussistenza di una relazione qualificata tra la res sequestrata e il reato
oggetto di indagine, nonché dell’inerenza o pertinenzialità della stessa
all’accertamento del medesimo (ex multis Sez. 6, n. 5930 del 31
gennaio 2012, Iannella, Rv. 252423;
Sez. 2, n. 23212 del 9 aprile 2014, P.M. in proc. Kasse, Rv. 259579).
Ed infatti, l’onere motivazionale assegnato al pubblico ministero dall’art.
253 c.p.p. investe prima di tutto l’identificazione della relazione che le
cose sequestrate presentano con il reato, la cui sussistenza, nelle forme
tipizzate dalla norma, costituisce presupposto legittimante l’apposizione
del vincolo reale, ed in secondo luogo l’individuazione della concreta
finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti
(Sez. Un., n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.C. Ferazzi in proc.
Bevilacqua, Rv. 226713). Sul punto, ai fini della legittimità del
sequestro probatorio, non è necessario indicare la prova del carattere di
pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, essendo
sufficiente la semplice possibilità, purchè non astratta ed avulsa dalle
caratteristiche del caso concreto, della configurabilità di un rapporto di
queste con il reato (Sez. 6, n. 33229 del 02/04/2014).
2.1 Peraltro, le condizioni alle quali può ritenersi soddisfatto l’onere
motivazionale non possono che variare in ragione del fatto in concreto
ipotizzato e del tipo di illecito a cui concretamente viene ricondotto,

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del sequestro dei beni e specificamente l’Apicelli ha evidenziato in

nonché della natura del bene che si intende sequestrare. In tal senso la
qualifica di quest’ultimo come corpo del reato, ovvero di cosa pertinente
al medesimo e la stessa esigenza probatoria sottesa al sequestro
possono risultare in re ipsa o anche solo dalla sommaria enunciazione
del fatto oggetto di investigazione. È dunque compito del pubblico
ministero procedente modulare la specificità dell’apparato giustificativo
del provvedimento di sequestro, in relazione alle effettive peculiarità del
caso concreto. Una motivazione che non sia meramente apparente in

mera possibilità del rapporto dei beni con il reato che siano ancorate
alle peculiarità del caso concreto.
2.2 Spetta, invece, al Tribunale investito dell’istanza di riesame
verificare la effettività e completezza della motivazione del
provvedimento impugnato, senza peraltro che gli sia attribuito il potere
di integrarla autonomamente, giacché il suo difetto è vizio genetico
dello stesso che ne comporta l’originaria nullità (in tal senso le Sezioni
Unite Ferrazzi; Sez. 3, n. 37187 del 6 maggio 2014, Guarnieri e altri,
Rv. 260241; Sez.5, n. 13917 del 33/03/2015).
3. Alla stregua di tali principi il Tribunale del riesame nel richiamareriportandolo testualmente -il passo del decreto di sequestro del P.M .Ynel
ritenere congrua la motivazione di tale decreto non pare aver svolto
un’effettiva analisi circa la completezza di tale motivazione alla luce
delle censure mosse con le richieste di riesame delle quali manca ogni
riferimento nell’ordinanza impugnata.

In particolare, il Tribunale

avrebbe dovuto specificamente valutare se il decreto di sequestro del
P.M. motivasse adeguatamente in merito alla relazione che le cose
sequestrate presentavano con i reati di bancarotta ipotizzati, indicando
l’effettiva esigenza probatoria per il cui soddisfacimento era necessario
procedere al sequestro dei beni, non apparendo all’uopo il riferimento
alle “migliorie” e “all’effettivo possesso dei beni” dar conto di tale
relazione.
4.

L’ordinanza impugnata, pertanto, va

annullata con rinvio al

Tribunale di Pordenone per nuovo esame.
p.q.m.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Pordenone
per nuovo esame.
Così deciso il 9.2.2015

particolare, deve svolgere argomentazioni in merito al fumus, cioè sulla

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