Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31685 del 22/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31685 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VINOTTI GIONATA N. IL 11/07/1981
VINOTTI IVANO N. IL 17/05/1976
VINOTTI STEFANO N. IL 02/07/1978
avverso la sentenza n. 1847/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. STEFANO PALLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1\–(0,-,\ o fr,05,2
che ha concluso per o k

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 22/06/2015

FATTO E DIRITTO

Vinotti Gionata, Vinotti Ivano e Vinotti Stefano ricorrono avverso la sentenza 12.2.14 della Corte di
appello di Milano con la quale, in riforma di quella assolutoria in data 26.3.10 del Tribunale di
Busto Arsizio, appellata dal locale Procuratore della Repubblica, sono stati condannati ciascuno, per

montata al posto della targa originale ed in seguito occultata a motivo dell’inseguimento delle Forze
dell’ordine, ritenuta la contestata recidiva, alla pena di mesi sei di reclusione.
Deducono i ricorrenti, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo
violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. per avere i giudici di appello omesso di
considerare le argomentazioni con le quali la difesa aveva richiesto la conferma della sentenza
assolutoria di primo grado, basando l’affermazione di responsabilità su considerazioni apparenti ed
apodittiche, oltre che illogiche per aver sostenuto che per il solo fatto che dalla autovettura erano
discese tre persone, tutte e tre avessero provveduto o concorso a ripristinare la targa originale, in
assenza di verifica probatoria in ordine a chi vi avesse realmente provveduto e sulla eventuale
partecipazione concorsuale degli altri, oltre che sulla iniziale consapevolezza della falsità, atteso che
né a bordo del veicolo, né sulla persona degli imputati, né nel luogo dove l’auto si era in precedenza
fermata erano stati rinvenuti gli oggetti necessari per la contraffazione.
Con il secondo motivo si censura il trattamento sanzionatorio, non attestatosi nel minimo
edittalmente previsto, e la mancata concessione delle attenuanti genetiche.
Osserva la Corte che i ricorsi sono fondati.
Il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le
linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più
rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa
incompletezza o incoerenza tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez.un., 12
luglio 2005, n.33748, Mannino).

il reato di cui agli artt.110,489 c.p., consistito nell’aver fatto uso della targa falsificata TN 015 FC,

La sentenza di appello che riformi integralmente — come nella specie — la sentenza assolutoria di
primo grado, per non incorrere nel vizio di motivazione, deve dimostrare puntualmente
l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti contenuti nella sentenza
appellata, anche con riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello,
e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della

decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad
elementi di prova diversi o diversamente valutati (Cass., sez.V, 17 ottobre 2008, n.42033; Sez.V,
17gennaio 2013, n.8361), senza affermazioni apodittiche, ma nelle forme corrette del ragionamento
(Cass., sez.IV, 29 novembre 2004, n.7630; Sez.V, 5 maggio 2008, n.35762).
In particolare, nel giudizio di appello, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito al
processo, la riforma della sentenza assolutoria di primo grado, una volta compiuto il confronto
puntuale con la motivazione della decisione di assoluzione, impone al giudice di argomentare circa
la configurabilità del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole
dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano minato la
permanente sostenibilità del primo giudizio (Cass., sez.VI, 24 gennaio 2013, n.8705), con la
conseguenza che è illegittima la sentenza di appello che, in riforma di quella assolutoria, condanni
l’imputato sulla base di un’alternativa, e non maggiormente persuasiva, interpretazione del
medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio, in quanto tale inidonea a far
cadere ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato (Cass., sez.VI, 11 gennaio 2013,
n.1514; Sez.II, 27 marzo 2012, n.27018).
Orbene, nella specie, la Corte milanese non ha fatto buon governo dei principi sopra enunciati, in
quanto, a fronte di una sentenza assolutoria in primo grado motivata sulla impossibilità di
individuare l’elemento soggettivo necessario a supportare, in termini penalmente rilevanti,
l’accertato elemento oggettivo del reato di cui all’art.489 c.p., in ragione della impossibilità di
stabilire — come evidenziato dagli stessi giudici di appello – < che cosa ciascun imputato fece allorchè tutti e tre scesero dall'autovettura poco prima che arrivasse la pattuglia della a Radiomobile>, la sentenza impugnata perviene ad un giudizio di responsabilità senza neanche
ripercorrere ed analizzare compiutamente i motivi presentati dal Procuratore della Repubblica a
sostegno della proposta impugnazione.
Con essi, il p.m. — secondo quanto emerge dalla stessa sentenza di appello — ha osservato, per
dimostrare la sussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato, che i tre imputati, accortisi

utilizzati per la contraffazione e li fecero sparire con particolare abilità, così dimostrando la loro
malafede >.
Senonchè, la Corte territoriale nulla ha argomentato in proposito, circa cioè la condotta posta in
essere dagli imputati come evidenziata dal p.m. appellante, ma si è limitata, sulla base della
accertata contraffazione della targa mediante occultamento della lettera C con la lettera T e del
numero 4 con il numero 5, a ricondurre sol perché gli stessi si trovavano a bordo dell’Audi A3 la cui targa, dopo che i medesimi
ne erano scesi, aveva .
Così argomentando, oltre a non venire differenziata in alcun modo la condotta concretamente tenuta
da ciascuno dei tre imputati nella circostanza, né analizzata la stessa secondo le particolari modalità
specificate dal p.m. nell’atto di appello, si è apoditticamente ricondotto l’elemento psicologico del
reato di falso in capo a ciascun imputato solo per non esservi .
L’impugnata sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione
della Corte di appello di Milano.

di essere inseguiti dalle Forze dell’ordine,

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