Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31682 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31682 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIARDO GIAN LUCA N. IL 26/02/1967
avverso la sentenza n. 5238/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
13/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 22/05/2015

Il Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, dott.ssa Paola
Filippi, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al quinto
motivo di ricorso;
per il ricorrente è presente l’avv. Gionata Scaglia, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

1. Con sentenza del 12 febbraio 2009 il Tribunale di Torino condannava alla
pena di giustizia Ciardo Gian Luca per il delitto di rivelazione di segreto
professionale, perché, essendo in possesso per ragioni della propria professione
di dati relativi alla struttura commerciale, allo stato della rete di distribuzione, ai
contatti ed alle iniziative promozionali programmate dalla società Interprogress
s.p.a. per la vendita di prodotti e servizi per la cura dei capelli “Joico laboratories
inc.”, impiegava tali cognizioni a proprio profitto, contattando ed acquisendo i
distributori di Interprogress s.p.a. a favore di “Joico laboratories Europe B.V.”, in
qualità di preposto della sede italiana.
2.

La Corte d’appello di Torino dichiarava la prescrizione del reato,

confermando ai fini della condanna civile l’affermazione di responsabilità
pronunciata dal primo giudice.
3. Ricorre per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore, avv.
Gionata Scaglia, affidato a tre motivi.
3.1 Con il primo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione di
legge penale in relazione all’elemento oggettivo del reato contestato, per
insussistenza di prova in relazione all’elemento del “segreto”. A giudizio del
ricorrente non è sufficiente, per aversi “segreto”, che le notizie rivelate siano
acquisite nell’ambito dell’attività lavorativa svolta, per cui i giudici di merito
avrebbero dovuto specificare quali dati fossero da considerarsi segreti e perché.
Si richiama in proposito una decisione della Sesta Sezione di questa Corte del
1996 (Sez. 6, n. 8635 del 19/04/1996, Carola, Rv. 205967), secondo la quale il
tipo di segreto nelle ipotesi di cui all’articolo 622 cod. pen. “deve essere riferito a
notizie apprese “per ragioni di ufficio” e riflettenti situazioni soggettive di privati
e delle quali colui, che di esse è depositarlo in virtù del suo “status” professionale
in senso lato (ufficio, professione o arte), deve assicurare la riservatezza”. Sotto
tale profilo si contesta l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale le
notizie riservate riguardavano la composizione delle vendite di Interprogress
s.p.a. e la criticità della rete distributiva, poiché il documento si limita ad una
generica composizione della vendita in percentuale tra i vari generi di prodotti;
2

RITENUTO IN FATTO

inoltre si rileva che questi dati erano già noti a “Joico laboratories Europe B.V.”,
essendo quest’ultima il fornitore quasi esclusivo di Interprogress s.p.a..
3.2 Con il secondo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione di
legge penale, in relazione all’elemento oggettivo del reato contestato, per
insussistenza di prova in relazione all’elemento del “nocumento ingiusto”, poiché
avendo la società olandese già nell’aprile-maggio 2001 contattato l’imputato per
aprire una branch in Italia, è evidente che non aveva intenzione di rinnovare il

rappresentato dal mancato rinnovo del contratto di distribuzione, non può dirsi
ingiusto, poiché la decisione era stata presa già prima che l’imputato scrivesse
alla casa madre olandese.
3.3 Con il terzo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione di
legge penale in relazione all’elemento oggettivo del reato contestato, per
insussistenza di prova in relazione all’elemento del “segreto”, per il riferimento al
cd. segreto aziendale, così qualificato dall’art. 2105 cod. civ.: a giudizio del
ricorrente la norma del codice civile non può integrare quella penale, poiché la
violazione del dovere di fedeltà determina solamente sanzioni disciplinari.
3.4 Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione in relazione
all’elemento oggettivo del reato contestato, poiché la Corte territoriale ha
ignorato il dato processuale decisivo per cui la società olandese ha deciso di non
rinnovare il contratto con Interprogress s.p.a. ben prima che l’imputato
comunicasse notizie asseritamente riservate.
3.5 Con il quinto motivo si deduce carenza di motivazione in relazione
all’assunzione di una prova decisiva, già richiesta ai sensi dell’articolo 495,
comma 2 e 468 cod. proc. pen., rappresentata dalla audizione del teste Eric
Kater, generai manager di Joico Olanda, in ordine alla circostanza che la società
olandese aveva deciso di non rinnovare il contratto con Interprogress s.p.a. ben
prima che l’imputato comunicasse notizie asseritamente riservate. Su tale
richiesta la Corte non ha espresso alcuna valutazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto.
2.

Va preliminarmente esaminato il quinto motivo di ricorso, poiché

attinente al vizio processuale di carenza di motivazione e mancata assunzione di
una prova decisiva, rappresentata dalla testimonianza del manager olandese che
avrebbe potuto confermare che la Joico aveva deciso di non rinnovare il
contratto alla Interprogress ben prima delle comunicazioni incriminate del Ciardo
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contratto con Interprogress s.p.a.; in definitiva, allora, il nocumento,

e per motivi affatto diversi.
Il motivo è fondato.
2.1 Effettivamente il Tribunale aveva ammesso la prova orale
tempestivamente richiesta dalla difesa dell’imputato e, all’esito dell’istruttoria
dibattimentale, pur a fronte dell’insistenza della difesa, l’ha revocata per
superfluità.
2.2 Con il terzo motivo di appello era stata richiesta la rinnovazione parziale

precisazione di due specifici temi di prova, già a suo tempo indicati nella lista
testi ritualmente depositata e su quegli stessi capi ammesso, con la chiara
indicazione della sua decisività.
2.3 La Corte territoriale, pur riportando la richiesta probatoria nello
svolgimento del processo, ne prescinde completamente in sede di motivazione,
affermando che poiché nell’aprile 2001 l’imputato formalizzò una proposta di
collaborazione professionale alla Joico Laboratories Europe, necessariamente
deve aver svolto una precedente attività di rivelazione di segreti professionali per
indurre la Joico a scelte commerciali alternative; argomento questo, che
rappresentava proprio il tema di prova da accertare attraverso il teste Kater.
2.4 In proposito va ricordato che il vizio di mancata assunzione di una prova
decisiva ricorre soltanto nei casi in cui la parte abbia diritto all’ammissione del
mezzo istruttorio, ai sensi dell’art. 495 cod. proc. pen., infatti richiamato dalla
norma invocata. L’acquisizione di nuovi mezzi di prova nel giudizio di appello è,
invece, regolata dall’art. 603 cod. proc. pen., il quale – al di fuori dell’ipotesi di
prove sopravvenute – subordina la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale
all’impossibilità, per il giudice, di decidere allo stato degli atti.
Nel caso di specie l’imputato, sia con l’atto di appello, sia a maggior ragione
in sede di ricorso, ha invocato proprio la violazione dell’art. 495, comma 2, cod.
proc. pen..
2.5 Stando alla pressoché costante giurisprudenza di questa Corte Suprema,
il diritto all’ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti
oggetto delle prove a carico, che l’art. 495 cod. proc. pen. riconosce all’imputato,
incontra limiti precisi nell’ordinamento processuale, secondo il disposto degli artt.
188, 189, 190 cod. proc. pen., e, pertanto, deve armonizzarsi con il potere dovere attribuito al giudice del dibattimento, di valutare la liceità e la rilevanza
della prova richiesta, ancorché definita “decisiva” dalla parte, onde escludere le
prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti, così
individuando pure nell’irrilevanza il presupposto per l’esclusione
dell’inammissibilità della prova (Sez. 6, n. 761 del 10/10/2006 – dep.
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del dibattimento, proprio per consentire di sentire il teste Kater, con la

16/01/2007, Randazzo, Rv. 235598). Pertanto il diritto alla prova contraria garantito all’imputato anche in conformità all’art. 6, par. 3, lett. d) della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti
civili e politici, e attualmente pure dall’art. 111 Cost., comma 3, può essere, con
adeguata motivazione, denegato dal giudice solo quando le prove richieste sono
manifestamente superflue o irrilevanti; con la conseguenza che il giudice
dell’appello, cui sia dedotta la violazione dell’art. 495 cod. proc. pen., comma 2,

dall’art. 190 cod. proc. pen. (per il quale le prove sono ammesse a richiesta di
parte), mentre non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali
riconosciutigli dall’art. 603 cod. proc. pen., in ordine alla valutazione di
ammissibilità delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado (Sez. 5, n.
26885 del 09/06/2004, Spinelli, Rv. 229883).
2.6 Poste queste premesse, appare evidente il denunciato vizio di carenza di
motivazione, poiché di fronte alla specifica doglianza difensiva la Corte non
poteva implicitamente disattendere l’istanza istruttoria, come si ritiene possibile
a fronte di istanze di rinnovazione istruttoria formulate ai sensi dell’art. 603,
comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, Pacini, Rv. 246859;
Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D. S. B., Rv. 247872).
3. Ciò determina la necessità di annullare la sentenza impugnata, con rinvio
al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Gli ulteriori motivi di ricorso restano assorbiti.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per
valore in grado di appello.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

deve decidere sull’ammissibilità della prova secondo i rigorosi parametri previsti

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