Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31681 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31681 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BORREL MORENO MARIO FELIPE N. IL 27/02/1992
avverso la sentenza n. 1070/2014 CORTE APPELLO di GENOVA, del
25/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 22/05/2015

Il Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, dott.ssa Paola
Filippi, ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Genova ha
confermato la pronunzia di primo grado del Tribunale della stessa città, con la
quale Borrel Moreno Mario Felipe era condannato alla pena di giustizia, perché

Raneli Mirko (gioielli in oro, pietre preziose ed orologi custoditi in una cassaforte
“smurata” nonché altri oggetti di valore della somma di euro 3.000); l’imputato è
figlio di un amico della persona offesa ed era a conoscenza del fatto che questi, a
gennaio, si sarebbe recato negli Stati Uniti e che la casa sarebbe stata vuota.
L’individuazione dell’imputato è avvenuta sulla base di un filmato delle
telecamere di video sorveglianza, ritraente due persone che indossavano un
giubbotto (su uno dei quali vi era la scritta “Kombat”) con il cappuccio alzato e
dalla successiva consultazione del profilo Facebook del giovane nel quale
compariva una foto in cui Borrel Moreno indossava borsello e scarpe simili a
quelli indossati dal soggetto ripreso in ascensore e compariva un identico
giubbotto con la scritta “Kombat”; parte del compendio del furto è stata poi
ritrovata nelle abitazioni dei genitori dell’imputato (una tastiera per computer, a
casa della madre, un orologio da immersione, alcuni anelli ed il giubotto a casa

ì< del padre). 2. Ricorre per cassazione l'imputato, con atto sottoscritto personalmente ed affidato a due motivi. 2.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettere b) ed e), cod. proc. pen., con riferimento all'art. 530 cod. proc pen., perché a giudizio del ricorrente gli elementi indiziari posti a carico della condanna non sono gravi, precisi e concordanti, poiché nel periodo di Natale 2013 la notizia che la famiglia Raneli si sarebbe allontanata per un viaggio negli Stati Uniti fu appresa anche da altre persone; si lamenta che la descrizione fisica dell'imputato resa da un vicino di casa non è credibile, poiché questi ha prima riferito di non aver visto in volto le due persone presenti insieme a lui in ascensore e poi invece ha descritto la carnagione mulatta di uno dei due; si rileva che il ritrovamento della refurtiva e del giubbotto presso l'abitazione del padre non è decisivo, poiché l'imputato non vive con il padre, ma con la madre, presso la cui abitazione è stata unicamente rinvenuta la tastiera da computer. 2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettere b) ed e), cod. proc. pen., con riferimento all'art. 133-bis cod. pen., in relazione al 2 riconosciuto colpevole del delitto di furto pluriaggravato in abitazione ai danni di diniego delle attenuanti generiche ed alla commisurazione della pena, che avrebbe dovuto tener conto del reale contributo causale fornito nel reato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo è infondato, al limite dell'inammissibilità. 1.1 In via preliminare occorre precisare che la prova critica o indiretta, un fatto ignoto da un fatto noto, attraverso un procedimento gnoseologico che poggia su regole di esperienza, ricavate dall'osservazione del normale ordine di svolgimento delle vicende naturali e di quelle umane, alla cui stregua è possibile riconoscere che il fatto noto è legato al fatto da provare da un elevato grado di probabilità o di frequenza statistica, che rappresenta la base giustificativa della regola di inferenza su cui poggia il metodo logico-deduttivo della valutazione degli indizi. 1.2 Nella giurisprudenza di questa Corte sono stati chiaramente enunciati i principi che regolano la prova indiziaria, sottolineando innanzi tutto che il procedimento indiziario deve muovere da premesse certe, nel senso che queste devono corrispondere a circostanze fattuali non dubbie e che non possono, quindi, consistere in dati fondati su mere ipotesi o congetture ovvero su giudizi di verosimiglianza (Sez. 4, n. 2967 del 25/01/1993, Bianchi, Rv. 193407; Sez. 2, n. 43923 del 28/10/2009, P.M. in proc. Pinto, Rv. 245606). Gli indizi, oltre a corrispondere a dati di fatto certi, devono essere gravi, precisi e concordanti, secondo l'esplicito dettato dell'art. 192, comma 2, c.p.p., che subordina alla presenza di questi tre concorrenti requisiti l'equiparazione della prova critica o indiretta alla prova rappresentativa o storica o diretta: con la conseguenza che, in mancanza anche di uno solo di essi, gli indizi non possono assurgere al rango di vera e propria prova idonea a fondare la dichiarazione di responsabilità penale. 1.3 Il sindacato di legittimità sul procedimento logico che consente di pervenire al giudizio di attribuzione del fatto con l'utilizzazione di criteri di inferenza, o massime di esperienza, è diretto a verificare se il giudice di merito abbia indicato le ragioni del suo convincimento e se queste ragioni siano plausibili. E, per giungere a queste conclusioni, è necessario verificare se siano stati rispettati i principi di completezza (se il giudice abbia preso in considerazione tutte le informazioni rilevanti), di correttezza e logicità (se le conclusioni siano coerenti con questo materiale e fondate su corretti criteri di inferenza e su deduzioni logicamente ineccepibili). 3 <9\2- fondata sulla utilizzazione degli indizi, consiste essenzialmente nella deduzione di t 1.4 In tema di processi indiziari, alla Corte di Cassazione spetta soltanto il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione degli indizi, nonché la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute per qualificare l'elemento indiziario, ma non un nuovo accertamento, nel senso della ripetizione dell'esperienza conoscitiva del giudice del merito. Ne discende che l'esame della gravità, precisione e concordanza degli indizi da parte del giudice di legittimità è semplicemente di valutazione delle prove dall'art. 192 cod. proc. pen., controllo seguito con il ricorso ai consueti parametri della completezza, della correttezza e della logicità del discorso motivazionale (Sez. 6, n. 20474 del 15/11/2002, Caracciolo, Rv. 225245; Sez. 1, n. 42993 del 25/09/2008, Pipa, Rv. 241826). 2. Alla luce di queste premesse, il ricorso proposto dall'imputato è infondato, nella parte in cui critica il valore indiziario degli elementi utilizzati dai giudici di merito per pervenire ad un'affermazione di responsabilità, poichè la motivazione della decisione in maniera assolutamente congrua e logica ribadisce la valutazione degli elementi indiziari, già segnalati dal giudice di primo grado, che interpreta secondo il fondamentale criterio del buon senso, reputandoli dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza: l'imputato conosceva la dimora di Raneli e sapeva che questi sarebbe stato assente nel gennaio 2013; era in possesso di indumenti ed accessori del tutto simili a quelli che aveva indosso uno degli uomini ripresi dalla telecamera; parte della refurtiva è stata trovata nell'abitazione dei genitori; i connotati fisici sono identici a quelli osservati da un vicino di casa in ascensore proprio la sera del furto. 2.2 A fronte di elementi così univoci, le deduzioni difensive non hanno fornito alcuna versione alternativa, in grado di fondare un ragionevole dubbio (si pensi al rinvenimento a casa della madre della tastiera bianca per computer, riconosciuta dalla vittima per un difetto al tasto "avvio", rispetto alla quale la sentenza dà atto che l'imputato ha asserito di averla acquistata, ma non ha detto in quale negozio, nè ha esibito scontrini o altro documento attestante l'acquisto), cui deve concludersi per l'infondatezza delle doglianze. 2. Il secondo motivo è inammissibile per genericità, poiché il ricorrente si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, a fronte di una decisione che invece ne ha confermato la sussistenza, pur ritenendo prevalenti le aggravanti contestate, in considerazione della quantità e qualità delle stesse e del fatto che la vittima era amico del padre, particolare che rende più riprovevole la condotta incriminàta. Anche a voler ritenere la doglianza riferita al giudizio di bilanciamento di cui 4 controllo del rispetto, da parte del giudice di merito, dei criteri dettati in materia all'art. 69 cod. pen., va comunque rimarcato che tale statuizione è rimessa dall'ordinamento alla discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, come nel caso di specie; d'altra parte non è necessario, a soddisfare l'obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., essendo invece sufficiente l'indicazione di quegli elementi che nel 3. In conclusione il ricorso dell'imputato va rigettato, con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 22 maggio 2015 Il consigliere estensore Il presidente discrezionale giudizio complessivo, assumono eminente rilievo.

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