Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3167 del 28/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3167 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORRENTI PIETRO N. IL 15/03/1974
avverso la sentenza n. 1244/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
04/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘
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che ha concluso per y(
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Udito, per la part
Uditi. nsor Avv.

vile, l’Avv

Data Udienza: 28/10/2013

I

RITENUTO IN FATTO
1.

La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza indicata in

epigrafe, ha confermato – per quanto riguarda l’affermazione di
responsabilità – la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città
che, in data 14 ottobre 2011, aveva dichiarato l’odierno ricorrente
colpevole di rapina, sequestro di persona aggravato, detenzione e

abrasa aggravati, resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento
aggravato e possesso di una carta d’identità falsa valida per l’espatrio
(fatti commessi tra il 5 giugno ed il 15 luglio 2009 in Civitavecchia),
unificati dal vincolo della continuazione, condannandolo – ritenute le
circostanze

attenuanti

generiche

equivalenti

alle

circostanze

aggravanti ed alla recidiva contestata nel capo C) – alla pena ritenuta
di giustizia, che la Corte di appello ha ridotto.
2.

Contro tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un

difensore iscritto all’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – violazione degli artt. 605 e 116 c.p., con vizio di motivazione
(lamentando di avere svolto unicamente il compito di corriere,
ricevendo il borsone contenente il denaro rapinato per trasportarlo a
Roma, e di essere, pertanto, consapevole unicamente della progettata
perpetrazione di una rapina, non anche del sequestro di persona);
H – violazione degli artt. 23, comma 4, I. n. 110 del 1975 – 1, 4, 7
I. n. 895 del 1967 – 116 c.p. e vizio di motivazione (lamentando, in
virtù delle considerazioni già poste a sostegno del primo motivo, di non
essere stato neanche consapevole dell’impiego di armi, per giunta con
matricola abrasa);
III – violazione dell’art. 62, comma 1, n. 4 c.p. e vizio di
motivazione (lamentando l’illegittimo diniego della relativa circostanza
attenuante, non essendosi tenuto conto del fatto che la somma, pur
elevata, oggetto della rapina era stata recuperata dopo breve tempo, e

porto in luogo pubblico di un’arma comune da sparo con matricola

2
che i dipendenti dell’istituto bancario rapinato non avevano subito
lesioni o minacce gravi).

3. All’odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità
degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato.

1. I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente e
sono infondati.

1.1.

La Corte di appello, con rilievi esaurienti, logici, non

contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il
ricorrente non si confronta adeguatamente, richiamando anche la
sentenza di primo grado, come è fisiologico in presenza di una doppia
conforme affermazione di responsabilità, ha compiutamente indicato (f.
4 ss.) le ragioni poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità,
e della qualificazione ex art. 110 c.p. della condotta posta in essere
dall’odierno ricorrente, valorizzando i seguenti elementi:
– [quanto al sequestro di persona]

«gli esecutori della rapina,

durante il tempo non breve in cui avevano trattenuto nei bagni gli
impiegati, costringendoli a guardare a terra, lì inducendoli a rimanere,
anche dopo che si erano dati alla fuga, si erano tenuti in contatto con
l’imputato. Lo si evinceva dalle frasi udite dagli impiegati sequestrati,
che avevano sentito i rapinatori, parlando al cellulare, dire “aspettami
due minuti, ti richiamo io, aspettami qui avanti”. L’imputato, dunque,
che era sicuramente fuori della banca, (…), era stato in stretto contatto
con i complici, durante la fase esecutiva della rapina e mentre era in
atto il sequestro degli impiegati, che non era strettamente funzionale
alla consumazione della rapina». Ed in proposito ha anche osservato
che «una rapina in banca, in un orario in cui sono presenti gli
impiegati, anche solo a tener conto dei tempi dell’apertura temporizzata _…..,(

2

mediante lettura in udienza.

3

della casse, richiede necessariamente che gli impiegati siano messi nella
impossibilità di muoversi. Altrettanto essenziale alla buona riuscita del
colpo è che agli stessi sia impedito di dare immediatamente l’allarme. Il
sequestro, in un colpo simile, costituisce reato concorrente essenziale
all’esecuzione della rapina, non solo prevedibile, ma necessariamente
previsto e da ciascuno dei complici anche voluto, indipendentemente dal
ruolo da ciascuno ricoperto»;

osservato che <

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