Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3167 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3167 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
MONEA MICHELE nato il 15/10/1985, avverso la sentenza del
14/05/2012 della Corte di Appello di Brescia;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale Dott. Edoardo Scardaccione che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste;
FATTO
1. Con sentenza del 14/05/2012, la Corte di Appello di Brescia
confermava la sentenza con la quale, in data 01/03/2011, il Tribunale
della medesima città aveva ritenuto MONEA Michele (in concorso
con Monea Bruno non ricorrente e due minorenni) colpevole del
reato di tentata estorsione aggravata ai danni di Corbelli Giuseppe e
sua madre Sartori Fioralba Maria per averli minacciati che, ove non
avessero consegnato a laconis Marco la somma di E 150,00 —

Data Udienza: 11/12/2012

pretesi quale ricompensa per una dichiarazione resa dallo laconis
alla compagnia assicurativa del Corbelli, in occasione di un sinistro
stradale — si sarebbero appropriati del ciclomotore del Corbelli,
recandosi tutti insieme anche presso la loro abitazione al fine di
(sorella di Giuseppe) che cercava loro di impedire l’accesso al vano
garage ove era custodito il mezzo.
2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i
seguenti motivi:
2.1.

ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO:

sostiene il

ricorrente che, erroneamente, la Corte aveva ritenuto che il fatto di
cui si era reso responsabile fosse qualificabile come estorsione.
In realtà, il reato commesso era sussumibile entro la fattispecie
dell’art. 393 cod. pen. Infatti, l’imputato si attivò per far conseguire
all’amico laconis una somma che egli riteneva gli fosse dovuta in
forza di un accordo con il Corbelli e la madre. Il suddetto accordo
non aveva natura illecita trattandosi di un contratto, stipulato a norma
dell’art. 1322 c.c., che prevedeva la dazione di una somma di denaro
a laconis quale ricompensa per la dichiarazione da rendere sui fatti.
La Corte territoriale, benché sollecitata, aveva trascurato di
affrontare il tema dell’azionabilità putativa che è requisito del reato di
cui all’art. 393 cod. pen. e che si verifica quando l’agente sia animato
dal fine di esercitare un diritto con la coscienza che l’oggetto della
pretesa gli competa effettivamente e giuridicamente ancorchè la
pretesa non sia azionabile o sia infondata con l’unico limite che la
pretesa minacciosa non travalichi perché, altrimenti, si trasforma in
pretesa estorsiva. Nel caso di specie, l’imputato non agì con
modalità particolarmente violente né sproporzionate in quanto si

2

impossessarsi del ciclomotore e minacciando Corbelli Mariangela

limitò a cercare di impossessarsi del ciclomotore da usare come
pegno fino al pagamento della somma pattuita.
2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

62 N°4

COD. PEN.

per non avere la

Corte applicato la suddetta attenuante con motivazione illogica nella
nonostante il tempo trascorso. La Corte, infatti, sul punto, aveva
travisato le stesse dichiarazioni della vittima che aveva affermato
che, dopo i fatti, non aveva avuto più nulla a che fare con gli
imputati.
DIRITTO
1. ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO:

la censura

è

infondata.
In punto di fatto, la Corte ha scritto: «[…] si trattava di pagare il
testimone per la sua testimonianza in sé e per sé non essendo
emerso che fosse una somma per tenere indenne laconis da spese
di viaggio e quant’altro in spese vive che il teste potesse
incontrare/aveva incontrato a causa del rendersi a dare
testimonianza […l i Monea si presentarono a casa Corbelli con
un’accozzaglia di altri soggetti […] erano in sei/sette su due
macchine, c’era chi urlava e chi pretendeva, chi voleva entrare in
casa, “hanno minacciato la ragazza, la figlia, le volevano mettere le
mani addosso” […] “volevano portargli via il motorino j…] si sono
diretti verso l’entrata secondaria di casa mia”».
Dunque, in punto di fatto, due sono le circostanze che la Corte
territoriale ha appurato: 1) la somma di E 150,00 era stata pattuita
per la testimonianza in sé e per sé; 2) la richiesta della suddetta
somma fu attuata con una vera e propria spedizione punitiva
finalizzata all’impossessamento del ciclomotore del Corbelli.

3

parte in cui aveva ritenuto che il Corbelli fosse ancora spaventato

In punto di diritto, due sono i principi che tornano utili nel caso
di specie: 1) la debenza della somma di € 150,00, benché pattuita,
non era giuridicamente tutelabile in quanto rendere testimonianza
costituisce un dovere; 2) come riconosce lo stesso ricorrente, ogni
estorsione.
Ora, applicando al caso di specie i suddetti principi di diritto,
corretta deve ritenersi la decisione della Corte territoriale.
Infatti, il reato di cui all’art. 393 cod. pen. non è ipotizzabile
sotto entrambi i profili di cui si è detto posto che: 1) la pretesa
creditoria non era giuridicamente tutelabile; 2) la modalità con la
quale fu richiesta la somma pretesamente dovuta, sicuramente fu
eccessiva e tale da farla configurare come una vera e propria
minaccia estorsiva anche perché il bene di cui tentarono di
impossessarsi (il motociclo) era di gran lunga superiore all’importo
pretesamente dovuto (€ 150,00).
Pertanto, alla stregua delle suddette circostanze, del tutto
irrilevante appare la problematica della cd. azionabilità putativa che,
nella specie, non può ritenersi configurabile in specie ove si tenga
conto delle modalità con le quali fu richiesta la somma pretesamente
dovuta.
2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

62 N°4

COD. PEN.:

anche la suddetta

doglianza è infondata.
In punto di diritto, questa Corte ha ripetutamente affermato che:
«ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale
tenuità (art. 62, n. 4, cod. pan.) in riferimento al delitto di estorsione,
non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo
valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi
connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata

4

pretesa, quand’anche dovuta, ove trasmodi, si trasforma in

la violenza o la minaccia, atteso che il delitto ha natura di reato
plurioffensivo perché lede non solo il patrimonio ma anche la libertà
e l’integrità fisica e morale aggredite per la realizzazione del profitto;
ne consegue che solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio
in questione»: Cass. 12456/2008 Rv. 239749.
In punto di fatto, come si è detto, la Corte territoriale ha ritenuto
che il fatto fosse grave in quanto, per le modalità con le quali
l’aggressione era stata perpetrata, la vittima era rimasta
particolarmente scossa e traumatizzata.
Tanto basta, nonostante il tentativo del ricorrente di
minimizzare i fatti, per ritenere che, correttamente, la Corte
territoriale ha negato l’invocata attenuante proprio perché, il danno
(globalmente considerato in tutte le sue componenti materiali e
morali), non può essere considerato di speciale tenuità: il che
consente di non affrontare la controversa questione di diritto, che,
con ordinanza del 19/10/2012, è stata rimessa alle SSUU, e cioè se,
nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del
danno di speciale tenuità si applichi o no al delitto tentato.
3. In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali,
P.Q.M.
RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

5

sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante

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