Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31664 del 25/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31664 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPRARA FLAVIO N. IL 01/09/1958
avverso la sentenza n. 919/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
24/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 25/02/2015

e.

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Gabriele MAZZOTTA, ha
concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente l’avv. Antonio MORRA ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con sentenza del 24 ottobre 2013 la Corte di appello di Trieste, in sede di

data 25 giugno 2010, affermava, per quanto qui di interesse, la responsabilità di
Flavio CAPRARA per i reati di cui al capo A (bancarotta fraudolenta aggravata),
anche con riferimento alla contestata distrazione dell’avviamento della EURO TIR
s.r.l. (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Gorizia del 3 luglio 2002),
nonché dei reati di cui ai capi 3 (bancarotta fraudolenta aggravata relativa
sempre alla società EURO TIR), W e X, questi ultimi due qualificati ai sensi
dell’articolo 216, comma tre, L.F. (bancarotta preferenziale relativa al fallimento
della società SVET s.a.s – sentenza dichiarativa del 1 giugno 2004), e per
l’effetto, negate le attenuanti generiche e ritenuta la recidiva contestata,
rideterminava la pena inflitta al suddetto imputato in quella complessiva di anni
sette di reclusione. Dichiarava inoltre non doversi procedere nei confronti del
CAPRARA in ordine al reato di cui al capo G) (falso in scrittura privata), per
essere il medesimo estinto per intervenuta prescrizione.
Con la sentenza di primo grado il CAPRARA era stato ritenuto colpevole dei delitti
ascritti al capo A (per la distrazione del parco automezzi della EURO TIR), capo E
(bancarotta fraudolenta documentale), capo G, capo I (falso in scrittura privata),
capo O (falsità ex art. 481 cod. pen.), capo T (falsità ex artt. 81, 491, 485,
482, 476 cod. pen.), capo Y (bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione
al fallimento della SVET s.a.s.) e capo Z (bancarotta fraudolenta documentale in
relazione al fallimento della LOGISTICA Euro Est s.r.I.), unificati nel vincolo della
continuazione e, ritenuta la recidiva contestata, era stato condannato alla pena
di anni cinque, mesi otto di reclusione. Era stato invece assolto dai delitti a lui
ascritti ai capi 3 e W con la formula perché il fatto non sussiste e dal delitto
ascrittogli al capo X con la formula perché il fatto non costituisce reato.
2. Il CAPRARA ha proposto ricorso in cassazione avverso la suddetta pronunzia di
appello e questa Corte, con sentenza del 9 dicembre 2014, ha preliminarmente
disposto lo stralcio degli atti relativi al reato di cui al capo T, con formazione di
un nuovo fascicolo, ritenendo necessario verificare se negli atti del processo
fosse stata acquisita la querela.

impugnazione della pronuncia di primo grado emessa dal Tribunale di Gorizia in

Nella sentenza del 9 dicembre si è evidenziato che la Corte territoriale,
confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto fondata la responsabilità
del CAPRARA in ordine all’imputazione concernente la formazione di sei cambiali,
apparentemente emesse dalla società LOGISTICA in favore della SVET s.a.s.
(società delle quali l’imputato era amministratore di fatto) e girate da
quest’ultima alla GENERAL BETON TRIVENETA s.p.a., società creditrice della

socia accomandataria della stessa SVET.
La ricostruzione dei fatti che ha consentito l’affermazione di responsabilità è
basata sulle dichiarazioni rese da alcuni testi, ma il ricorrente sostiene che
sarebbe stato necessario esaminare ex articolo 507 cod. proc. pen. la Pausi,
tenuto conto che l’assunto accusatorio si basa sulla falsità della firma di costei.
Con memoria del 21 novembre 2014 è stata dedotta la nullità della sentenza
impugnata, ai sensi dell’articolo 606, comma uno, lettera B, in relazione agli
articoli 491,485 e 493 bis codice penale, per violazione di legge penale, con
riferimento alla mancanza di querela per il reato di cui al capo T. Viene censurata
la sentenza nella parte in cui ha confermato la condanna del CAPRARA per il
reato di falsità in scrittura privata di documenti equiparati agli atti pubblici (nel
caso di specie, cambiali) pur in mancanza di querela.
Sebbene il ricorrente abbia dedotto la questione della carenza di querela solo con
una memoria depositata successivamente all’atto di ricorso, questa Corte ha
ritenuto di verificare se vi fosse la condizione di procedibilità, trattandosi di
questione rilevabile di ufficio.
Peraltro, nessun dubbio può nutrirsi sul fatto che il reato di falsità in titolo di
credito, come quello di falsità di qualsiasi altra scrittura privata, sia divenuto, per
effetto dell’art. 493 bis cod. pen., punibile a querela della persona offesa, come
si evince dal capoverso della citata disposizione, la quale mantiene la
procedibilità di ufficio per le sole falsità concernenti un testamento olografo.
(Sez. 5, n. 34685 del 16/03/2005, Rv. 232314).
La giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, sin dai primi anni di applicazione
dell’articolo 493 bis cod. pen., introdotto dall’articolo 89 della legge 24 novembre
1981 n. 689, ha stabilito che il reato di falsità in scrittura privata di documenti
equiparati agli atti pubblici dall’articolo 491 cod. pen. è punibile a querela della
persona offesa in tutti i casi in cui la falsità non riguarda un testamento olografo
(così SS.UU. 17 aprile 1982, Corapi, in Cass. Pen. 1982, 1494).
Sentenze successive hanno ribadito che, nonostante l’infelice formulazione
3

SVET, mediante l’apposizione della sottoscrizione apocrifa di Desolina Pausi,

dell’articolo 493 bis cod. pen., che non fa nessun esplicito riferimento all’articolo
491 cod. pen., l’equiparazione prevista da tale norma di alcuni documenti agli
atti pubblici è soltanto agli effetti della pena, mentre non vi può essere dubbio
che ai fini della perseguibilità tali documenti siano vere e proprie scritture private
(si veda, Cass. 9 marzo 1984, Avalle, Rv. 164984).
Peraltro nel caso in esame è stato indubbiamente necessario verificare

una questione di procedibilità e, quindi, di una questione processuale, essendo
sul punto anche giudice del fatto, deve esaminare gli atti e valutarli, non
fermandosi alle affermazioni più o meno errate dei giudici di merito.
3. In risposta ad apposita richiesta fatta da questa Corte, è stato acquisito l’atto
nel quale la persona offesa ha dichiarato di voler presentare querela in relazione
ai fatti in esame.
Si tratta del verbale di interrogatorio reso in data 14 maggio 2004 da Desolina
PAUSI, nel quale la donna, dopo aver disconosciuto la sua firma sulle cambiali
che le erano state mostrate, ha chiesto che si procedesse penalmente nei
confronti dell’autore dei falsi, riservandosi di costituirsi parte civile (pagg. 3 e 4
del verbale).
4. Superata l’eccezione processuale, il ricorso va dichiarato inammissibile e, in
ragione di ciò, si deve respingere l’istanza formulata nella memoria del 21
novembre 2014 in ordine alla declaratoria di estinzione del reato per intervenuta
prescrizione.
Invero, secondo la consolidata interpretazione di questa Corte, il ricorso per
cassazione inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi o per altra
ragione, “non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 c.p.p.” (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv
217266; si veda anche, negli stessi termini, Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004,
Tricomi).
5.

Nel ricorso introduttivo sono stati dedotti il vizio di motivazione e la mancata

assunzione di una prova decisiva. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale
ha ritenuto fondata la responsabilità del CAPRARA in ordine all’imputazione
concernente la formazione delle sei cambiali sulla base delle dichiarazioni rese da
alcuni testi, sebbene fosse necessario esaminare ex articolo 507 cod. proc. pen.
la PAUSI, tenuto conto che l’assunto accusatorio si basa sulla falsità della firma
di costei.
4

l’esistenza della querela, giacché quando la Corte viene investita dell’esame di

Le doglianze avanzate dal ricorrente sono del tutto generiche e scollegate dalle
argomentazioni cui i giudici di merito hanno fatto riferimento per affermare la
responsabilità per il reato in esame.
Peraltro, così come pure si desume dalla motivazione della sentenza d’appello, si
tratta di motivi non dedotti con l’impugnazione della pronunzia di primo grado
(pag. 47). La Corte territoriale rileva che “l’appellante, in sede di gravame, ha

specifici elementi posti a fondamento della richiesta ed ha poi proceduto, solo in
sede di proposizione di motivi nuovi, alla trattazione del tema relativo al fatto
oggetto d’imputazione, limitandosi, peraltro, a dolersi del fatto che il Tribunale
avesse ricavato la prova della responsabilità penale del CAPRARA, che non era
stato l’autore materiale del reato, da mere congetture (i legami del predetto con
i soggetti coinvolti nella vicenda), mentre non sarebbe stato ravvisabile alcun
interesse dell’imputato alla realizzazione del reato”.
La stessa Corte territoriale ha poi indicato specificamente gli elementi di prova a
sostegno dell’affermazione della responsabilità del CAPRARA, con motivazione
esaustiva ed esente da vizi di illogicità (pag. 47 della sentenza).
Non si può omettere, peraltro, di evidenziare che il ricorrente non ha affatto
spiegato come la prova (esame della PAUSI) indicata come decisiva, a norma
dell’articolo 606 lett. d) cod. proc. pen., possieda una valenza dimostrativa tale
da inserirsi nel quadro probatorio acquisito e da modificarlo sostanzialmente in
modo da influire in modo sensibile sulla decisione.
7. In ragione dei suesposti motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
e il ricorrente va condannato al solo pagamento delle spese processuali e non
anche alla sanzione in favore della Cassa delle ammende, giacché, come si
evince dalla citata sentenza di questa Corte del 9 dicembre 2014, le doglianze
relative al reato di cui al capo T sono state avanzate insieme ad altri motivi di
ricorso, in relazione ai quali la decisione è stata articolata in statuizioni di
annullamento e di rigetto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle s ese.
Così de iso in Roma, il 25 febbraio 2015
Il cons o liere estensore

Il pres ente

invocato l’assoluzione dell’imputato dal reato ascrittogli, senza peraltro indicare

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