Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31660 del 13/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31660 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARONE GIACOMO N. IL 26/04/1964
avverso la sentenza n. 2855/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 23/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 13/02/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Umberto DE AUGUSTINIS, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 giugno 2014 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la pronunzia
di primo grado del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, con la quale Giacomo
BARONE era stato condannato per i reati di truffa in danno di un ufficio postale e possesso di

2. Con atto sottoscritto dal difensore ha proposto ricorso l’imputato, deducendo con il primo
motivo violazione di legge processuale e vizio di motivazione in ordine al reato di truffa.
I giudici di merito avrebbero errato nel ritenere il reato di truffa aggravato dall’art. 61 n. 10
cod. pen. e la conseguente procedibilità d’ufficio, non potendo attribuirsi all’impiegato delle
poste la qualità di incaricato di pubblico servizio.
Con il secondo motivo sono stati dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al
reato di cui all’art. 497 bis cod. pen., non essendo mai stato acquisito il documento ritenuto
falso, sicché non sarebbe provato che la carta di identità riportasse la dicitura relativa alla
validità per l’espatrio, elemento costitutivo del reato di cui all’art. 497 bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il BARONE è stato condannato per il reato di truffa aggravato ex art. 61 n. 10 cod. pen.
perché, con artifici e raggiri consistiti nell’esibire falsi documenti (una carta di identità valida
per l’espatrio e un certificato di attribuzione di codice fiscale) a un dipendente di un ufficio
postale, si procurava l’ingiusto profitto dell’apertura di un conto corrente e della disponibilità di
assegni e di una carta bancomat, con correlato danno per l’Amministrazione delle Poste
Italiane.
Il ricorrente contesta che ricorra nel caso di specie l’aggravante di cui all’art. 61 n. 10, che
rende procedibile d’ufficio il reato di truffa.
L’assunto è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, “in tema di qualificazione soggettiva degli
addetti ai servizi postali, la trasformazione dell’amministrazione postale in ente pubblico
economico e la successiva adozione della forma della società per azioni, di cui alla legge 23
dicembre 1996, n. 662, non fanno venir meno la natura pubblicistica non solo dei servizi
postali definiti riservati dal D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, ma neppure dei servizi non riservati,
come quelli relativi alla raccolta del risparmio attraverso i libretti di risparmio postale ed i buoni
postali fruttiferi (cosiddetto “bancoposta”), ora disciplinata dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 284.
(In applicazione di tale principio la Corte ha riconosciuto la qualità di persona incaricata di un
pubblico servizio all’addetto ai servizi postali in relazione all’attività di contabile svolta anche
nel settore della raccolta del risparmio, confermando la decisione dei giudici di merito che lo

2

una falsa carta di identità con dicitura di validità per l’espatrio.

avevano condannato per il reato di peculato)” (Sez. 6, n. 36007 del 15/06/2004 – dep.
07/09/2004, Perrone ed altro, Rv. 229758).
Ed ancora, si è precisato che “il dipendente di un ufficio postale addetto allo svolgimento del
servizio di raccolta del risparmio riveste la qualità di persona incaricata di pubblico servizio.
(Fattispecie in tema di peculato)” (Sez. 6, n. 33610 del 21/06/2010 – dep. 15/09/2010, Serva
e altro, Rv. 248271).
2. Inammissibile è il secondo motivo proposto dal ricorrente, giacché nessuna doglianza risulta

bis cod. pen. (si veda anche la sentenza impugnata).
Peraltro, alla stregua della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, non contestata
dal ricorrente (sia in primo grado che con l’atto di appello) e in relazione alla quale questa
Corte non ha alcun potere di sindacato, risulta pacifico che la carta di identità utilizzata dal
BARONE per truffare l’ufficio postale riportasse la dicitura relativa alla validità per l’espatrio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2015
sigliere estensore

essere stata avanzata nell’atto di appello con riferimento alla contestazione di cui all’art. 497

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