Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3166 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3166 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BUONANNO GENNARO N. IL 03/10/1949
avverso l’ordinanza n. 5047/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 28/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 18/11/2015

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 28 gennaio 2015 il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava
il reclamo proposto dal detenuto Gennaro Buonanno, avverso il provvedimento del
Magistrato di sorveglianza di Roma del 31 maggio 2012 di rigetto della sua istanza volta
ad ottenere la liberazione anticipata in relazione ai semestri di espiazione di pena
detentiva, compresi tra il 26/1/2008 ed il 26/1/2012, rilevando che egli in tale lasso

aggravata dal metodo mafioso, per il quale è stato sottoposto a custodia cautelare in
carcere con ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Napoli del 27 settembre 2011 ed
indagato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. per partecipazione ad associazione
camorristica, procedimenti ancora pendenti, ma indicativi della mancata adesione
all’opera di rieducazione.
2.

Ricorre per cassazione l’interessato a mezzo del difensore, chiedendo

l’annullamento di tale provvedimento per inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale e mancanza di motivazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale ha negato la
liberazione anticipata in base ai titoli cautelarì emessi nei suoi confronti, ma i periodi di
commissione dei fatti in essi contestati sono diversi e, come già accertato in altre
decisioni dallo stesso Tribunale di sorveglianza, in un caso si arrestano al 2009 e
nell’altro all’aprile 2010, circostanze non considerate nell’ordinanza impugnata, incorsa in
tal modo nel vizio di motivazione e nella violazione del principio che impone la
valutazione frazionata dei semestri, per cui una condotta commessa in un solo semestre
non può influenzare il giudizio relativo ai restanti otto, non contigui ed anzi distanti di
anni.
3. Con memoria pervenuta in data 8 settembre 2015 la difesa del ricorrente ha
dedotto che il Tribunale ha completamente omesso di verificare la protrazione della
consumazione del delitto associativo, contestato con provvedimento custodiale, sicchè il
ricorso non può dirsi inammissibile poiché anche la giurisprudenza di legittimità ha
affermato che quando in sede esecutiva l’applicazione di un beneficio dipenda
dall’individuazione del momento di cessazione del reato permanente e la contestazione
sia aperta spetta al giudice stabilire quando la consumazione sia cessata.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudizio per la concessione della
liberazione anticipata, pur dovendo riguardare la condotta del richiedente in riferimento a
ciascun semestre di pena espiata cui l’istanza si riferisce, può riverberare i suoi effetti
negativi anche ai fini della valutazione di quelli antecedenti. In particolare, qualora il

1

temporale risultava avere commesso il delitto di estorsione continuata in concorso,

condannato abbia commesso gravi violazioni ai doveri comportamentali o assunto
atteggiamenti incompatibili con l’adesione all’opera rieducativa, tali elementi operano
quale sicuro elemento rivelatore del fatto che anche nel periodo precedente era mancata
la sua volontà di partecipare proficuamente al trattamento di recupero. Tale affermazione
di principio non contraddice il criterio della valutazione frazionata per semestri del
comportamento del condannato ai fini della concessione del beneficio della liberazione
anticipata di cui all’art.54 dell’ord. pen., ma valorizza il fatto sopravvenuto in quanto

semestri anteriori perché indicativo della mancata o solo apparente partecipazione del
condannato all’opera di rieducazione anche nel periodo antecedente a quello cui la
condotta criminosa o comunque negativa si riferisce. Tale giudizio esige una puntuale e
approfondita motivazione in ordine ai profili di gravità concretamente ravvisati nei
comportamenti successivi ed alla refluenza sulla valutazione condotta.
1.1 I! Tribunale di sorveglianza ha adeguatamente motivato la ragione per la quale
la commissione delle condotte contestate con due diverse ordinanze cautelari del G.I.P.
del Tribunale di Napoli, stante la natura degli addebiti, uno dei quali riguardante la
partecipazione ad associazione camorristica con consumazione permanente, quindi
perdurante nel tempo anche durante l’espiazione della pena detentiva in corso, debbano
essere considerate fatti talmente gravi da riverberare i loro effetti sui semestri in
valutazione perché sintomatici della mancata effettiva partecipazione all’attività di
recupero.
2. Ebbene, ad un’analisi dei dati fattuali compiuta, razionale e ben argomentata, il
ricorrente oppone obiezioni prive di consistenza perché denuncia carenze motivazionali
inesistenti, dal momento che il Tribunale ha valorizzato quanto emerso dagli atti; che poi
la consumazione dei reati, oggetto dei due provvedimenti cautelari, si sia arrestata in un
caso nel 2009 e nell’altro nell’aprile 2010, come sarebbe stato accertato in altro
provvedimento dello stesso Tribunale di sorveglianza, sta a significare che il delitto
associativo contestato ex art. 416-bis cod. pen. è stato consumato anche durante i primi
cinque semestri per i quali è stata proposta la domanda, dal gennaio 2008 all’aprile
2010, ossia in costanza di detenzione. Non può quindi censurarsi come carente o illogica
la motivazione che ha considerato tale emergenza incompatibile con l’adesione sincera e
affidabile all’attività trattamentale. Né il ricorso, al di là del richiamo al precedente
provvedimento citato, ha dedotto alcun elemento per ritenere che la consumazione si
fosse arrestata in tempi ancora precedenti.
Il ricorso è dunque inammissibile, il che impedisce la sua riassegnazione alla
sezione ordinaria tabellarmente competente; ne discende la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, tenuto conto dei profili di colpa insiti nella
proposizione di siffatta impugnazione, al versamento di una somma in favore della Cassa

2

capace di estendere il suo significato e la sua valenza negativa sul giudizio riguardante i

delle Ammende, che si stima equo determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015.

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