Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31658 del 13/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31658 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALFANO LUIGI N. IL 19/07/1975
MALAFRONTE GAETANO N. IL 25/09/1965
LANGELLOTTO SALVATORE N. IL 13/08/1969
avverso la sentenza n. 11456/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
19/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 13/02/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Umberto DE AUGUSTINIS, ha concluso
chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Per l’imputato Luigi ALFANO, l’avv. Alfonso PISCENO conclude chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
Per l’imputato Salvatore LANGELLOTTO, l’avv. Giuseppe Ferraro conclude chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
Per l’imputato Gaetano MALAFRONTE, l’avv. Gianluigi DE RUOCCO conclude chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

1. Con sentenza del 16 aprile 2013 la Corte di Appello di Napoli ha parzialmente riformato,
rideterminando le pene, la pronunzia di primo grado emessa dal Tribunale di Torre Annunziata
(in data 16 aprile 2013), appellata da Luigi ALFANO, Salvatore LANGELLOTTO e Gaetano
MALAFRONTE.
Luigi ALFANO era stato riconosciuto colpevole del reato (ascritto al capo Q) continuato di
estorsione aggravata commesso in concorso con altri soggetti in danno di Alfredo Alfano. Con
la sentenza d’appello gli sono state riconosciute le attenuanti generiche.
Salvatore LANGELLOTTO era stato riconosciuto colpevole del reato (ascrittogli al capo M) di
estorsione aggravata, derubricato nel reato di cui all’art. 513 bis cod. pen., e del reato di
associazione per delinquere (di cui al capo V).
Gaetano MALAFRONTE era stato riconosciuto colpevole del reato (ascrittogli al capo I)
continuato di estorsione aggravata commesso in concorso con altri soggetti in danno di
Raffaele Fortunato.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha proposto ricorso l’imputato Luigi ALFANO,
deducendo la violazione di legge in relazione alla disciplina della continuazione ex art. 81 cod.
pen.
Ha rappresentato il ricorrente di aver rinunziato ai motivi di merito proposti con l’appello e di
aver insistito solo su quello riguardante l’esclusione della continuazione interna ex art. 81 cod.
pen. con riferimento al reato di estorsione ascrittogli, chiedendo la conseguenziale eliminazione
dell’aumento di pena. La Corte di Appello aveva respinto la doglianza affermando l’esistenza di
un danno per la persona offesa singolarmente valutabile di volta in volta ed una autonomia
storica delle condotte poste in essere. Tale valutazione, secondo il ricorrente, sarebbe errata
perché non terrebbe conto della differenza tra reato continuato e reato a consumazione
prolungata, ravvisabile nel caso di specie.
In data 6 febbraio 2015 il difensore di ALFANO ha depositato una memoria nella quale ha
ulteriormente precisato le argomentazioni a sostegno del motivo di ricorso.
3. Con atto sottoscritto dal difensore ha proposto ricorso Salvatore LANGELOTTO, deducendo
in primo luogo vizio di motivazione con travisamento della prova e mancata assunzione di
prova decisiva. Era stata richiesta infatti una perizia fonica per dimostrare che non era
riconducibile a lui la voce della intercettazione ambientale in base alla quale era stata
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RITENUTO IN FATTO

affermata la sua responsabilità. Su tale istanza il giudice di merito non aveva provveduto,
limitandosi ad affermare che la voce del LANGELLOTTO era stata riconosciuta da un
verbalizzante. Il ricorrente ha quindi dedotto una serie di elementi di valutazione delle
risultanze processuali che minerebbero la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione
della sentenza impugnata.
Con altro motivo è stato dedotto il vizio di motivazione in relazione al reato di cui agli artt. 110
e 416 bis cod. pen.. Non sarebbe provata l’esistenza di alcun rapporto tra il LANGELLOTTO e i
sodali, nonché tra il LANGELLOTTO stesso e i soggetti che erano sottoposti alle pressioni della

ha omesso di motivare sulla necessaria consapevolezza in capo a lui dell’attività criminale
posta in essere dai soggetti indicati come sodali. Ha rappresentato di essere stato pure lui
vittima dell’attività estorsiva dell’associazione criminale, così come risulterebbe da una serie di
elementi indicati nel ricorso.
4. Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha pure proposto ricorso Gaetano MALAFRONTE,
deducendo in primo luogo vizio di motivazione in ordine alla sua affermazione di responsabilità.
Il ricorrente si duole della motivazione per relationem alla sentenza di primo grado; censura
quindi le valutazioni effettuate dai giudici di merito in ordine alle risultanze processuali.
Deduce poi violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurazione della
circostanza aggravante dell’art. 7 legge 203/1991.
Con l’ultimo motivo sono stati dedotti vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla
determinazione della pena e alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
1. Per il ricorrente Luigi ALFANO è stato dedotto come unico motivo di ricorso la violazione di
legge in relazione alla disciplina della continuazione ex art. 81 cod. pen.
L’imputato è stato riconosciuto colpevole del reato continuato ed aggravato di estorsione, in
concorso con altri soggetti, per aver riscosso alcune delle “tangenti” imposte in occasione delle
festività natalizie e pasquali al titolare di una ditta, avvalendosi della capacità di intimidazione
derivante dall’affiliazione al clan ESPOSITO.
La Corte di Appello ha respinto l’istanza del ricorrente di esclusione della continuazione c.d.
interna e del conseguente aumento di pena, ritenendo l’esistenza di un danno per la persona
offesa singolarmente valutabile di volta in volta ed una autonomia storica delle condotte poste
in essere.
L’assunto della Corte territoriale è corretto, giacché le diverse condotte di violenza o minaccia
poste in essere per procurarsi un ingiusto profitto costituiscono autonomi fatti di estorsione,
unificabili con il vincolo della continuazione, quando singolarmente considerate in relazione alle
circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità di realizzazione e soprattutto
all’elemento temporale, appaiano dotate di una propria completa individualità.

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cosca per rifornirsi di calcestruzzo dalla sua ditta. Deduce il ricorrente che la Corte territoriale

Nel caso in esame e sulla base della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, in
relazione alla quale questa corte non ha alcun potere di sindacato, è evidente che ricorra la
suddetta autonomia dei fatti di estorsione.
2. Anche il ricorso di Salvatore LANGELOTTO è infondato.
Inammissibili sono le doglianze con le quali ricorrente ha rappresentato elementi di valutazione
delle risultanze processuali che minerebbero la tenuta logica e l’intera coerenza della
motivazione della sentenza impugnata.

non consentita in questa sede. Né questa corte può trarre valutazioni autonome dalle prove o
dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato. Solo
l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta
nel provvedimento impugnato può essere sottoposto al controllo del giudice di legittimità, al
quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609/2008, Rv. 241214, Ciavarella).
Peraltro, l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la motivazione
sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza, anche nella valutazione
dell’attendibilità dei testi esaminati e, in particolare, della persona offesa.
Né va trascurato nel caso in esame che la sentenza impugnata ha confermato quella di primo
grado, sicché vanno ribaditi i principi secondo i quali, in tema di ricorso per cassazione, quando
ci si trova dinanzi a una “doppia pronuncia conforme” e cioè a una doppia pronuncia (in primo
e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio
di travisamento può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente
rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è
stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del
provvedimento di secondo grado (Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, Capuzzi e altro, Rv.
258438).
In ordine alla mancata assunzione della perizia fonica, i giudici di merito hanno motivato
esaurientemente sulla sua superfluità, tenuto conto delle altre risultanze di prova.
Manifestamente infondato è pure il motivo con il quale è stato dedotto il vizio di motivazione in
relazione al reato di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen. Ancora una volta il deducente
rappresenta elementi di fatto che non possono essere vagliati in sede di legittimità.
3. Va rigettato pure il ricorso di MALAFRONTE.
Infondatamente il ricorrente si duole della motivazione per relationem alla sentenza di primo
grado, giacché la sentenza in esame, recependo in modo critico e valutativo quella impugnata,
correttamente si è limitata a ripercorrere e ad approfondire alcuni aspetti del complesso
probatorio oggetto di contestazione da parte della difesa, omettendo di esaminare quelle
doglianze dell’atto di appello che avevano già trovato risposta esaustiva nella pronunzia del
primo giudice, che a tal fine risulta essere articolata ed esauriente.

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In effetti si tratta di censure finalizzate ad una diversa ricostruzione dei fatti, evidentemente

Inammissibili sono le censure in ordine alle valutazioni delle prove effettuate dai giudici di
merito. A tal proposito si richiama quanto argomentato sopra nella analisi del ricorso di
LANGELOTTO .
Manifestamente infondato è pure il motivo in ordine alla configurabilità nel caso di specie della
circostanza aggravante dell’art. 7 legge 203/1991. La Corte territoriale ha specificamente
indicato le ragioni a fondamento della aggravante contestata, tenuto conto del pesante
condizionamento subito della persona offesa.
A tal proposito è il caso di ricordare che “ai fini della configurabilità dell’aggravante prevista

condizioni previste dall’art. 416 bis cod. pen. è nozione che si determina avendo riguardo ai
profili costitutivi dell’azione propria dell’associazione di tipo mafioso, consistenti nell’impiego
della forza di intimidazione del vincolo associativo e nella condizione di assoggettamento e di
omertà che ne deriva (tra le più recenti, Sez. 6, n. 1783 del 29/10/2014, P.G. in proc. Barilari
e altri, Rv. 262093)
Infondato è pure l’ultimo motivo con il quale sono stati dedotti vizio di motivazione e violazione
di legge in ordine alla determinazione della pena e alla mancata concessione delle attenuanti
generiche.
La Corte territoriale ha motivato in maniera esauriente sul punto, indicando una serie di
elementi in base ai quali sono state negate le attenuanti generiche.
Va evidenziato in proposito che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli
o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento
a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da
tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lu le, Rv. 259899).
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento ciascuno delle spese processuali.
sì deci e ‘n Roma, il 13 febbraio 2015
sore

Il presi .ente

dall’art. 7 del D.L. 13 maggio n. 152, conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203, l’avvalersi delle

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