Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31656 del 10/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31656 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
GENOVA
PILETTO ANTONIO GIUSEPPE N. IL 21/03/1950
nei confronti di:
BOTTA ARMANDO N. IL 07/04/1950
avverso la sentenza n. 257/2012 GIUDICE DI PACE di IMPERIA, del
28/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 10/02/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 28.2.2014 il Giudice di Pace di Imperia dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Botta Armando per estinzione dei reati di cui agli art. 612 e
582 c.p. in danno di Piletto Antonio Giuseppe per intervenuta condotta riparatoria.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il P.G. della Corte
d’Appello di Genova, lamentando l’ erronea applicazione dell’art. 35/1 D.Lgs. 274/2000,
atteso che l’offerta di risarcimento è avvenuta pacificamente oltre il termine previsto

comparizione delle parti ed a ben altre due udienze (udienze del 23 novembre 2012 e
due successive del 12 aprile 2013 e 10 maggio 2013) si sono tenute ulteriori udienze, i
cui rinvii sono stati giustificati dal giudice di prime cure unicamente “al fine di trovare un
accordo transattivo tra le parti”; solo all’udienza del 10 gennaio 2014 è stata avanzata
una proposta riparatoria con la quantificazione della somma di C 1.000,00 ed il giudice di
Pace ha ulteriormente rinviato all’udienza del 31 gennaio 2014 per consentire di
depositare materialmente la somma offerta, senza però sospendere il procedimento ai
sensi dell’art. 35/3 D. Lgvo 274/2000; inoltre, il giudice di prime cure pur
tempestivamente richiesta

l’assunzione una

perizia tecnica, ha implicitamente

immotivatamente omesso di decidere sull’istanza, non tenendo conto dalle certificazioni
dalle quali emergeva che in conseguenza del delitto dì lesioni, la p.c. ha subito distacco
della retina.
3. Ha proposto ricorso per cassazione, altresì, la parte civile Piletto Antonio Giuseppe a
mezzo del difensore di fiducia, lamentando:
– l’erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. b)
c.p.p., in relazione all’art. 35 del D.Lvo n. 274/00 per la tempistica in cui è avvenuta la
proposta di condotta riparatoria, oltre il termine previsto dal primo comma del citato art.
35 D.Igv 274/00; dalla scansione temporale degli accadimenti risulta, invero, evidente il
mancato rispetto dei termini dì cui alla norma citata, che, seppur non ha previsto
formalmente la perentorietà del termine dell’udienza di comparizione, attribuendo un
effetto estintivo alla condotta riparatoria, ha, tuttavia, previsto una garanzia sui tempi
processuali, svincolati da rinvii dilatori; lo stesso giudice di Pace, poi, nell’ammettere la
costituzione di parte civile ha, altresì, ammesso una consulenza tecnica allegata e dai
certificati in essa contenuta è emerso che, in conseguenza dei traumi ricevuti, la parte
civile ha subito, oltre al danno refertato al pronto soccorso, il distacco della retina con
conseguente intervento in laserterapia, che ha comportato un periodo di malattia di
durata superiore ai 40 giorni ed un permanente indebolimento dell’organo della vista;
ciononostante il Giudice di Pace ha dichiarato il reato estinto, pur in presenza della prova
di una grave lesione invalidante e del dissenso della p.o. all’accettare la riparazione
offerta dal Botta;
-la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, primo
comma, lett. e) c.p.p., in relazione all’art. 35 D.Isv 274/00, non avendo il giudice

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dalla norma in questione; in particolare, successivamente alla prima udienza di

espresso un percorso logico e non contraddittorio che giustificasse le ragioni a sostegno
del provvedimento adottato, pur in presenza di evidenziati elementi ostativi;
-l’inosservanza delle norme processuali, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. e)
c.p.p., in relazione all’art. 21 c.p.p., atteso che agli atti erano già presenti al momento
della pronuncia del Giudice di Pace elementi tali da imporre una declaratoria di
incompetenza per materia, da adottarsi d’ufficio, con conseguente trasmissione degli atti
all’ufficio del Pubblico Ministero.
4.La difesa dell’imputato ha fatto pervenire memoria scritta, con la quale ha censurato
l’interpretazione dell’art. 35 del D.Lvo n. 274/2000 effettuata dalle parti impugnanti,

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento nei termini di seguito precisati.
1.Risultano, infatti, assorbenti le deduzioni svolte dal P.G. e dalla parte civile ricorrenti,
secondo cui l’offerta di risarcimento ed il risarcimento medesimo sono avvenuti ben oltre
il termine di cui all’art. 35 del D.Lgs. n. 274 del 2000, avente natura perentoria.
Secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, l’offerta di risarcimento è stata
effettuata solo all’udienza del 10.1.2014 – che seguiva a plurime udienze di rinvio- e nel
corso di tale udienza alcuna istanza di sospensione, ai sensi del terzo comma dell’articolo
citato, è stata avanzata; solo all’udienza successiva del 31.1.20134 è stata depositata
offerta reale a mezzo assegno e, quindi, dichiarata l’estinzione dei reati per avvenuta
condotta riparatoria.
2.Tale estinzione è stata irritualmente dichiarata dal giudice di pace, in considerazione,
peraltro, del fatto che non è stato fatto ricorso alla sospensione del processo, prevista dal
comma terzo del medesimo articolo.
Trovano, invero, applicazione i principi correttamente invocati dai ricorrenti, espressi
dall’indirizzo maggioritario della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema dì
procedimento davanti al giudice di pace, il potere del giudice nel riconoscere l’idoneità
della riparazione, quale causa d’estinzione del reato, non può spiegarsi oltre í requisiti
oggettivi previsti dall’art. 35 D.Lgs. n. 274/2000, tra i quali vi è quello dell’anteriorità
della riparazione rispetto all’udienza di comparizione, limite che costituisce sbarramento
superabile solo dal provvedimento con cui il giudice dispone la sospensione del processo
per consentire all’imputato, che ne abbia fatto richiesta, di porre in essere le condotte
riparatorie (Sez. 4, n. 43174 del 4.10.2010, rv 247032; Sez. 5 ,n. 43174 del 4.10.12, rv
253750) Sez. 5, n. 14025 del 04/12/2012;Sez. 5, n. 9877 del 18/02/2014; Sez. 4, n.
35273 del 28/02/2014;Sez. 4, n. 5023 del 16/01/2014).
3. È vero che in qualche pronuncia di questa Corte (Sez. 5 n. 27392 del 6 giugno 2008,
Di Rienzo e altri, rv 241173; Sez. 5, n. 40027 del 10/07/2014) è stato sostenuto che
l’inosservanza dei termini di cui al citato art. 35, comma 1 non determina alcuna nullità o
decadenza, non essendo tali sanzioni previste espressamente dall’art. 173 c.p.p., nè
potendo il giudice qualificare perentorio un termine che la legge non definisce
espressamente tale, ma tale interpretazione non può essere condivisa, in quanto le
peculiari scansioni temporali dettate dal legislatore perché le condotte riparatorie
assumano nel procedimento dinanzi al giudice di pace, non solo valore attenuante,

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concludendo per l’inammissibilità dei ricorsi.


nell’ottica della dosimetria del trattamento sanzionatorio – com’è in relazione agli illeciti
penali di competenza del giudice ordinario – ma addirittura efficacia estintiva del reato,
non possono che essere interpretate nel senso della loro perentorietà, con conseguente
decadenza dell’imputato dall’accesso al trattamento di favore, qualora non rispetti le
scadenze normativamente fissate e ciò sia in ragione della lettera della disposizione
menzionata e del suo coordinamento sistematico con quanto previsto nel cit. art. 35,
comma 3 (che consentendo la sospensione del procedimento per provvedere
all’adempimento tardivo pone come condizione, altrimenti inutile, che l’imputato non
abbia potuto tempestivamente procedere al risarcimento), sia alla luce della ratio della

conciliatorie del conflitto scaturito dal reato. In tale ottica è dunque logico che il
legislatore abbia condizionato l’accesso all’effetto estintivo alla garanzia del più elevato
risparmio sui tempi processuali, prevenendo altresì possibili tecniche dilatorie da parte
dell’imputato (Sez. 5, n. 43174 del 04/10/2012).
4.La sentenza impugnata, pertanto, in base agli indicati principi va annullata con rinvio
al Giudice di Pace di Imperia per nuovo esame. Restano assorbite le ulteriori questioni
proposte dai ricorrenti, atteso che in sede di nuovo esame il Giudice di Pace valuterà
anche l’entità delle lesioni subite dalla p.o. e, quindi, la sua competenza.
p.q.m.
annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Imperia per nuovo
esame.
Così deciso in Roma il 10.2.2015

disposizione, che vuole promuovere in chiave deflattiva composizioni, comunque,

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